Archivio | febbraio, 2016

DI AMORE E SEMPLICITÀ

28 Feb

Amalimperfetto

“Ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso” è un comando che troviamo in Levitico e che Gesù ha detto essere il riassunto della Legge, perché tutto il resto ne consegue.

A proposito dell’amore è l’unica occasione in cui Gesù ci invita alla perfezione “Siate dunque perfetti, com’è perfetto il Padre vostro nei cieli”. Un’iperbole, ovviamente, bene spiegata da Charles M. Schulz nella vignetta.

Io sono cresciuto,  e ho imparato l’inglese (Shakespeare perdoni), con i Beatles e i Peanuts, volumetto dopo volumetto (rigorosamente in inglese, anche se le traduzioni in italiano sono ottime), cose che molti giovani di oggi continuano ad apprezzare pur non essendo roba loro.

La grande abilità di Charles M. Schulz è stata quella di parlare agli adulti con il linguaggio dei bambini.

Quello che, tra tutti, è il più comprensibile.

“ABBI CURA”

26 Feb

Ci sono delle espressioni che in un’altra lingua o in un dialetto sono più pregnanti ed esprimono il concetto in un modo che l’italiano non rende.

Una di queste, che mi piace molto, è l’inglese take care, che esprime molto di più del nostro abbi cura.

Quando il Signore domandò a Caino dove fosse Abele questi rispose, “Non lo so, sono forse il custode di mio fratello?”. Penso che il Signore gli avrebbe ribattuto, “Sì, lo sei, perché io ho affidato lui a te e te a lui in un rapporto di reciproci amore e solidarietà” se la tragicità del momento non avesse richiesto una risposta ben più dura.

Take care of yourself corrisponde al nostro riguardati, che va dalla raccomandazione della mamma premurosa di indossare la famosa maglietta di lana a occasioni più serie riguardante la salute.

(In Italia abbiamo conosciuto l’espressione I care durante una campagna elettorale. I care, mi interesso (di te) ).

Ma il semplice take care, usato come saluto di commiato fisico o in calce a un’e-mail (sì, anche a una lettera, esistono ancora 🙂 ) o alla fine di una telefonata tra due persone che si vogliono bene, esprime l‘ἀγάπη agapé, l’amore fraterno e la  ϕιλία, l’amore fra amici che una persona prova per l’altra, a differenza del nostro ciao o del tedesco servus, che etimologicamente esprimono solo disponibilità.

Non va usato verso tutti, proprio affinché non diventi banale come gli americani sono riusciti a fare con love, amore.

 

“LEI NON SA CHI SONO IO!”

25 Feb

Perché purtroppo un titolo, una divisa, o un cappello col frontino anche nel 2016 hanno sempre il loro fascino.

[…] Pinocchio, alla vista di quello spettacolo straziante, andò a gettarsi ai piedi del burattinaio e piangendo dirottamente e bagnandogli di lacrime tutti i peli della lunghissima barba, cominciò a dire con voce supplichevole:
– Pietà, signor Mangiafoco!…
– Qui non ci son signori! – replicò duramente il burattinaio.
– Pietà, signor Cavaliere!…
– Qui non ci son cavalieri!
– Pietà, signor Commendatore!…
– Qui non ci son commendatori!
– Pietà, Eccellenza!…
A sentirsi chiamare Eccellenza il burattinaio fece subito il bocchino tondo, e diventato tutt’a un tratto più umano e più trattabile, disse a Pinocchio: […]

Carlo Colollodi, Pinocchio, cap. XI (enfasi mia)

LAVORARE STANCA

23 Feb

Tom si disse che, dopo tutto, il mondo non era poi così cattivo, aveva scoperto una legge basilare della natura umana, e cioè che per indurre un uomo o un ragazzo a desiderare una data cosa, basta dimostrargli che è difficile averla. Se fosse stato un grande saggio filosofo, come lo scrittore di questo libro, avrebbe capito che tutto ciò che si è costretti a fare diventa un lavoro, e che tutto ciò che non si è costretti a fare è un divertimento. E questa considerazione lo avrebbe aiutato a capire perché far fiori artificiali o essere costretti ad azionare con la forza delle gambe e delle braccia la ruota di un mulino viene considerato un lavoro, mentre scagliare una palla pesante contro dei birilli o scalare il Monte Bianco è un divertimento.

Mark Twain, Tom Sayer, capitolo 2, “Un lavoro di tutto riposo”.

Non tutti i libri “per ragazzi” sono per (solo) per ragazzi.

 

“RAGAZZA”

22 Feb

“Rabbia e incredulità tra i conoscenti della ragazza, madre di una bambina di appena tre anni”

Sottotitolo di un giornale locale a proposito di una donna sposata di 36 anni, madre di una bambina di 3, morta in breve tempo.

Questo è il significato di ragazza secondo il vocabolario Treccani, dove per ragazza si intende la donna nubile (in altri tempi si sarebbe detto vergine, giovinetta, fanciulla).

Un po’ come l’ambiguità giornalistica a proposito del termine scomparso.

Di proprietà di linguaggio, specialmente nell’informazione, non è mai morto nessuno.

A PROPOSITO DELLA MORATORIA SULLA PENA DI MORTE CHIESTA DA BERGOGLIO

21 Feb

Dopo diverse traversie, la pena di morte nello Stato della Città del Vaticano fu rimossa con motu proprio il 12 febbraio 2001su decisione di Giovanni Paolo II ma, a distanza di quindici anni, compare ancora nel Catechismo della Chiesa Cattolica all’articolo 2267.

“ L’insegnamento tradizionale della Chiesa non esclude, supposto il pieno accertamento dell’identità e della responsabilità del colpevole, il ricorso alla pena di morte, quando questa fosse l’unica via praticabile per difendere efficacemente dall’aggressore ingiusto la vita di esseri umani”.

Così come, dopo aver riconosciuto che il pronome “essa” di Genesi 3:15 si riferisce alla progenie e non alla donna, nella quale la Chiesa cattolica ha visto Maria (errore dovuto al fatto che fino al Vaticano II la Chiesa cattolica traduceva dalla Vulgata e non dai testi originali) nessuno ha provveduto a rimuovere le statue, lasciando così l’equivoco”.

Sono cose troppo serie per non essere corrette!

18 Feb

Scrivevo lo scorso settembre e ripropongo “pari pari”, perché pare che poco sia cambiato.

Quando tutto questo chiasso  sulla “teoria gender” finirà, perché di vero e proprio chiasso si tratta e non solo di un fastidioso rumore di fondo, più di qualcuno ne uscirà male.
Siamo il paese del passaparola, del “l’hanno detto in tv”, in cui, pur avendo nel 2015 a disposizione tutti gli strumenti per farlo, pochi veramente sono coloro che si informano.
Nei gerghi politico e giornalistico sono diventate di uso comune le locuzioni “metodo Boffo”, “gogna mediatica e “macchina del fango”, a proposito dei processi sommari, svolti spesso senza aver titolo per farlo e senza approfondire gli argomenti.

Lo scaricabarile nella storia dell’umanità è cominciato con Adamo ed Eva (“…la donna che tu mi hai messo accanto…” (Genesi 3, due contro accuse in una sola replica) e le condanne di disinformazione o per far sparire personaggi scomodi non le hanno inventate il KGB dell’URSS o la Stasi della DDR, ma sono di vecchia data. Penso a Ipazia, Galileo Galilei e Giordano Bruno, tre persone che tutti conosciamo, condannate per le proprie idee, giuste o errate che fossero, perché andavano contro il pensiero dei potenti.

Pochi italiani invece conoscono il processo alle streghe che ebbe luogo a Salem, Massachusetts, nel 1692. Forse una delle pagine più tristi della storia degli Stati Uniti, trasposta, tra le altre opere, nella commedia Il crogiuolo di Arthur Miller. e nel romanzo La lettera scarlatta di Nathaniel Hawthorne.

Come chiamare altrimenti la massa di disinformazioni che in questa estate, in fase di inizio delle scuole e presentazione dei POF (Piani Offerta Formativa), corre sui Social Media nei passaparola?

Il sesso riguarda le differenze biologiche ed anatomiche tra femmina e maschio, il corredo cromosomico, la forma dell’apparato sessuale. Il genere è il processo di costruzione sociale e culturale ed indica la rappresentazione, la definizione e l’incentivazione di quei comportamenti che danno vita allo status di donna o uomo. Il genere dunque è appreso e non innato. Nel sentire comune, erroneamente, il sesso e il genere costituiscono un tutt’uno.

Il rapporto tra sesso e genere varia a seconda delle aree geografiche, dei periodi storici, delle culture di appartenenza. I concetti di femminilità e mascolinità sono concetti dinamici che devono essere storicizzati e contestualizzati. Ogni società definisce quali valori riferire alle varie identità di genere, in cosa consiste essere donna o uomo. Femminilità e mascolinità sono quindi concetti relativi. Il genere dunque è il frutto di un persistente rinforzo sociale e culturale delle identità: esso viene creato quotidianamente attraverso tutte quelle interazioni che tendono a definire le differenze tra donne e uomini. A livello sociale è infatti necessario testimoniare continuamente la propria appartenenza di genere attraverso il comportamento, il linguaggio, l’abbigliamento.

Altra cosa ancora è l’orientamento sessuale, vale a dire ciò che innesca la risposta erotica della persona e può essere di tipo eterosessuale, omosessuale (dal greco ομοφυλόφιλος che ha la radice  ομο-, uguale e non dal latino homo -hominis, uomo, quindi è termine neutro che può essere usato anche per la donna al posto del più comune lesbica, dall’isola greca di Lesbo, patria di Saffo, poetessa omosessuale), o bisessuale. L’orientamento sessuale concerne dunque un ambito di scelta che come tale può essere coerente o variabile.
Per le scienze sociali e umanistiche, il cosiddetto ruolo di genere è rappresentato da una serie di norme comportamentali che vengono associate allo stereotipo femmina/maschio e che vanno necessariamente calate in un dato gruppo o contestualizzate al periodo storico e all’area geografica e sociale di riferimento. Per ruolo di genere s’intende dunque il comportamento sociale che ci si aspetta da maschi e femmine appartenenti ad un determinato gruppo in un certo momento storico.

La “teoria gender” non è una cosa nuova sorta nel 2015, ma certo ne è nuova la sua strumentalizzazione. Un po’ perché si parla più apertamente di sessualità un po’ perché, fatto caso?, di omosessualità in Italia si parla molto di più dopo la morte di Lucio Dalla. Più di qualcuno ha fatto notare l’esplicito richiamo alle sue preferenze nel verso “ognuno farà l’amore come gli pare” della canzone “L’anno che verrà” (magari dimenticando l’altro che dice “anche i preti potranno sposarsi, ma solo dopo una certa età”, ma questa è un’altra storia), un po’ dopo la risposta di Bergoglio nel 2013 di ritorno dal Sud America, “Chi sono io per giudicare un gay?”, che mette in crisi la presunta autorità papale. Questo è un articolo di Lucetta Scaraffia apparso e non smentito sull’Osservatore Romano.

Chiamato in causa è anche il il progetto Pari e dispari. Il gioco del rispetto riguardante l’esperienza che un equipe qualificata sta portando avanti a Trieste e non solo.
Il programma nasce per insegnare alle bambine e ai bambini fin da piccoli che esiste la differenza di genere e  soprattutto come mezzo di contrasto alla violenza di genere, che assieme alle dipendenze e al bullismo nelle sue varie forme sono il problema principale dei nostri giovani, facendo loro notare che non esistono necessariamente solo il rosa e l’azzurro e gli stessi lavori possono essere intercambiabili. Di certo non, come ha scritto più di qualcuno soprattutto sulla stampa locale, facendo giocare le bambine e i bambini “al dottore” per mostrare la differenza fisica dei due sessi, o fantasie del genere.
Il risultato di questo progetto è che i bambini e le bambine, declinando al femminile ad esempio mestieri tradizionalmente vissuti come maschili e viceversa, attribuiscono un valore esistenziale, perché il linguaggio nasce primariamente in rapporto con la realtà che ci circonda, attribuendovi significato.

Semplificando nelle scuole dell’infanzia in cui si gioca al Gioco del rispetto, bambine e bambini vengono messi a conoscenza del fatto che donne e uomini hanno pari opportunità di realizzarsi attraverso la professione desiderata e fin da piccoli iniziano a capire che non vi è alcun limite al loro immaginarsi nel mondo adulto. Tutto questo partendo semplicemente dal linguaggio.

Conosco personalmente alcune delle operatrici, Lucia Beltramini, Benedetta Gargiulo, con la quale ho un frequente scambio di opinioni e aggiornamenti sull’argomento, la vicesindaca di Trieste Fabiana Martini, cattolica impegnata, ex direttrice di Vita Nuova, settimanale della curia vescovile di Trieste che adesso la denigra, che apprezzo per la sua onestà intellettuale di anteporre l’interesse dei cittadini alle sue convinzioni. Si è spesa anche per l’attivazione dei registri comunali delle dat (dichiarazioni anticipate di trattamento) e delle unioni civili e la professoressa Patrizia Romito, della Facoltà di Psicologia dell’Università di Trieste, che si occupa di problematiche di genere con riconoscimenti a livello mondiale.
Questo è un comunicato ufficiale emesso sull’argomento dal Comune di Trieste “Precisazioni della vicesindaca Fabiana Martini su il “Gioco del rispetto”, gli altri si trovano sempre sul sito del comune.

C’è tutta la montatura, che ha visto tra i promotori il sindaco di Venezia il quale, senza averne competenza perché spetta al Miur in quanto biblioteche scolastiche e non comunali, ha tolto dalle scuole dell’infanzia 49 libri che egli definisce devianti, provocando una reazione degli scrittori per l’infanzia e una certo non lusinghiera eco sui quotidiani esteri, tra cui il New York Times. Seguito, forse senza troppa analisi anche da un’interpellanza di Fratelli d’Italia al nuovo sindaco di Latiano, in provincia di Brindisi. Quelli stessi libri che sono stati letti durante il Meeting di Rimini di Comunione e Liberazione, e il 26 agosto scorso sono stati riabilitati, per esempio, nelle biblioteche scolastiche nei comuni di Monfalcone, Staranzano e San Canzian d’Isonzo, in provincia di Gorizia.

Eppure anche nell’ambito cattolico ci sono persone e movimenti che, quantomeno, si stanno ponendo il problema. Tra i quali, Il gender? “Non lo so, ma non mi fido” Il gender non è diabolico, Gender, come nasce la teoria che non c’è, Ideologia gender? Solo inutili allarmismi e l’articolo e l’articolo Esiste o no un riferimento al “gender” nella legge “Buona Scuola”? nel quale parlano di eventuali pericoli.

Nessuno vieta di vigilare, anche se lo spettro dei genitori degli studenti è molto ampio, dai menefreghisti agli interventisti anche laddove non hanno competenza.
Per fare un esempio di mancata vigilanza, per rimanere nel mondo della scuola, è l’insegnamento della storia. Sappiamo bene che a settant’anni di distanza gli eventi della seconda guerra mondiale sono ancora tralasciati per le differenti interpretazioni. I nostri ragazzi conoscono l’Olocausto (che non ha riguardato solo gli ebrei, ma anche i malati psichici, gli omosessuali e i testimoni di Geova), ma ci è voluto il cantante Simone Cristicchi, con il suo spettacolo Magazzino 18 per far conoscere a tutti gli italiani, certo non a quelli dell’estremo Nord Est, l’esodo dall’Istria e dalla Dalmazia.
In Italia si è cominciato a parlare di educazione sessuale già un secolo fa ad opera del pedagogista Giovanni Calò (Francavilla Fontana, Brindisi, 1882 – ivi 1970), iniziativa che fu elegantemente insabbiata.

Oggi finalmente se ne torna a parlare, grazie alla cd. Legge sula Buona Scuola, e  inserire un corso di educazione di genere nella società attuale in cui molti parametri sono cambiati in fretta (pubertà precoce, primo bicchiere a 11 anni, perdita dei valori di base e tutto il resto) è quantomai necessario, così come, in un’Italia sempre più multietnica, è più opportuno studiare la storia delle religioni, per comprendere colui che sommariamente chiamiamo diverso che non la sola religione cattolica.

Questa la rassicurazione della ministra dell’istruzione Stefania Giannini in risposta ad un’interrogazione alla Camera dei deputati sull’introduzione nella scuola italiana dell’insegnamento  della “teoria gender”.

Il salto di qualità in Italia ci sarà, se mai ci sarà, quando la formulazione di una legge non dovrà più sottostare al placet dell’”Oltretevere”.

Il 25 agosto  scorso il presidente del consiglio al Meeting di Rimini avrebbe dovuto parlare di unioni di fatto, che non riguardano solo le coppie omosessuali, ma si è trattenuto su pressioni della Conferenza Episcopale Italiana, e ora ha intenzione di riscrivere il testo del ddl Cirinnà per accontentare il suo presidente.

Così come proposta di legge sulle dichiarazioni anticipate di trattamento, elaborata in fretta e furia durante gli ultimi giorni della signora Eluana Englaro giace dal 2009  in qualche cassetto del Parlamento perché rientra in uno di quelli che la Chiesa cattolica definisce principi non negoziabili.

Non è un caso che una marcia di protesta contro il governo per il riconoscimento – promesso e non ancora attuato – delle unioni di fatto si terrà il 20 settembre, data simbolo per le relazioni tra la Repubblica Italiana e lo Stato della Città del Vaticano, data però che molti, non solo giovani, non conoscono o non rammentano.

Dichiarazione del sottosegretario al Miur del 07 settembre 2015.

Circolare del Miur del 15 settembre 2015.

LETTERE PATENTI

17 Feb

Se nelle scuole italiane si studiasse la storia delle religioni, come da più parti richiesto, molti saprebbero che oggi è l’anniversario delle Lettere Patenti, con le quali il 17 febbraio 1948, praticamente l’altro ieri,  il re Carlo Alberto di Savoia concesse, per la prima volta nella storia del Piemonte, i diritti civili alla minoranza protestante valdese, seguiti, nei giorni successivi da quelli concessi anche ai cittadini di religione ebraica.

Così come sarebbe utile rammentare, tra le altre, le date del 31 ottobre 1517,  del 17 febbraio 1600, del 20 settembre 1870 e dell’11 febbraio 1929.

EDUCAZIONE DOVE SEI?

16 Feb

L’attività di Lorella Zanardo, iniziata con il suo documentario denuncia “Il corpo delle donne” ha fatto riflettere i e le giovani sulla qualità della televisione italiana e più in generale dei messaggi visivi con i quali ci interfacciamo, perché non possiamo chiudere gli occhi di fronte ai manifesti murali che ci sono sbattuti in faccia andando per via magari con i nostri figli o nipoti, facendo loro prendere coscienza di una realtà purtroppo tuttora viva in questo nostro paese, l’esposizione mediatica irrispettosa del corpo delle donne, come non la si vede più neppure nei calendari delle officine o di altri ambienti per tradizione maschili. Un po’ meno, pare, ha fatto riflettere gli adulti, anche quelli che dovrebbero farlo per professione.

I giovani, questi mammoni, bamboccioni o choosy, come li ha arbitrariamente definiti più di qualcuno, sono quelli che, nonostante le difficoltà e le incertezze del loro futuro, sanno pensare, reagire e darci sorprendenti lezioni di vita. Non tutti, ovviamente, ma tutta quella maggioranza che nelle loro piccole o grandi realtà, silenziosamente, si adoperano per quello che usiamo chiamare “un mondo migliore”. Peccato che molte delle loro azioni non siano rese note perché non fanno audience. Magari, però, forse sarebbero emulate.

Di certo sarebbero meglio dello spettacolo che Rai1, servizio pubblico sottoposto alla Commissione di vigilanza, ha dato mercoledì 10 febbraio all’inizio del programma di intrattenimento pre-serale “L’Eredità” condotto da Fabrizio Frizzi, che proponeva quattro ballerine vestite di rosso a cavallo d una scopa, come ha descritto su Huffingonton Post Gabriella Cims, promotrice dell’Appello Donne e Media, piano di riforme per l’affermazione del merito in Tv e nei Media, e per una rappresentazione non stereotipata delle donne.

Non entro nel merito della qualità dei contenuti dei programmi pre-serali, sulla quale si espresse a suo tempo anche la moglie di un capo di stato, il cui messaggio principale è il denaro vinto e non, come logica della vita vorrebbe, guadagnato.

La concorrenza è forte, ma credo non la si vinca contrapponendo programmi di pari qualità, ma piuttosto con programmi culturali accessibili a tutti quanto a fascia oraria. Penso a programmi come “Il fatto” di Enzo Biagi o “La cartolina di Andrea Barbato”. L”ultimo ingresso nelle reti Rai invece è stato l’ennesimo gioco a quiz. Fate un po’ voi.

PROPRIETÀ

15 Feb

Mentre da noi chi più chi meno sta ancora commentando il Festival di San Remo e c’è chi ieri ha festeggiato San Valentino, succede che più della metà delle adolescenti pakistane, le coetanee di Malala Yousafi, la ragazza che si è battuta per il diritto allo studio delle ragazze perché la libertà passa anche attraverso la cultura, ritengano la violenza domestica una cosa normale, e che l’uomo, il “maschio”, abbia il diritto di esercitarla anche per il solo rifiuto della donna. Con buona pace di tutti gli accordi internazionali, ultimo la carta di Istanbul.

Se già da noi, dove queste tutele esistono – purtroppo spesso più in teoria che in pratica – assistiamo ad abusi quotidiani, quella delle donne pakistane è una vita d’inferno, di una quotidianità che ha portato le adolescenti a ritenere che lo stupro sia una prassi ordinaria e giustificata. D’altra parte è facile convincersi che ciò che si vede quotidianamente sia la normalità.

Anni luce dal considerare la donna e il suo corpo una persona e non una proprietà.