Non ho condiviso, al tempo dell’attentato al Bataclan di Parigi, il “Siamo tutti parigini” e i successivi nell’occasione degli attentati alle metro di Barcellona e di Londra, perché l’empatia si dimostra in altro modo e anche perché non ho mai visto un “siamo tutti” di solidarietà contro gli attentati islamisti nei Paesi mussulmani.
Così come questa mattina mi aspettavo un gesto di solidarietà a Valentina Sestito con un chiaro “Siamo tutti terroni”, che però sembra non essere pervenuto.
Ho scritto però “Non mollare Noemi!”, la bambina di quattro anni che lotta tra la vita e la morte in un ospedale di Napoli.
Da credente accetto per fede ma faccio difficoltà a capire la sofferenza dei bambini, bambini che cadono come moschini sulle lampade all’aperto in estate e che nel loro vocabolario non hanno la parola pace come in Siria e Yemen ma non solo, bambini in ospedale che a differenza degli adulti non sanno darsene una ragione, bambine e bambini che vengono violentati da piccoli e che vivranno quel trauma tutta la vita.
Bambini come Noemi che un attimo prima era sicura con la mamma e la nonna e un attimo dopo in rianimazione in ospedale. Non in guerra, ma nella civilissima Italia.
Noemi non è un simbolo. È una persona e come tale è titolare di diritti giuridici e morali, come ne ha diritto e li può esercitare una bambina di quattro anni.
C’è chi comincia a parlare di situazione irreversibile e di accanimento terapeutico. Non entro nel merito e mi affido alla coscienza e alla capacità dei medici.
È inutile domandare un cambio di rotta a chi fa del male per i propri interessi senza tener conto degli effetti collaterali.
Per questo motivo ho scritto “Non mollare Noemi!”, ma forse anche come gesto di ribellione per come stanno andando avanti le cose e per i morti che contiamo ogni sera.
Alcuni di noi hanno vissuto la stagione degli “anni di piombo”, non fatecela ripetere sotto altra forma!
Tag:bambini, guerra, napoli