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I NOSTRI QUATTORDICENNI

17 Nov

Trio

Sabato 16 novembre Ra1 ha dedicato un omaggio a Fabrizio de André che è servito a dimostrare che ci sono delle canzoni che non possono essere interpretate da altri pur validi cantanti ma soprattutto che le sue non sono canzonette ma poesie musicate, alcune delle quali, come La guerra di Piero, hanno già trovato posto nei testi scolastici.

Fabrizio De André, credente a modo suo come dev’essere ognuno di noi perché il cristianesimo non è una religione collettiva ma una fede personale nel repertorio delle sue canzoni più famose annovera tre canzoni che parlano di prostituzione: La canzone di Marinella, Via del Campo e la più esplicita Bocca di Rosa, la donna che reca scompiglio nel paesino di Sant’Iliario andandovi a esercitare il cosiddetto mestiere più antico del mondo, secondo l’espressione usata da Rudyard Kipling.

Ne ho già scritto tempo fa in questo post prendendo spunto dai buoni consigli di una delle vecchie di Sant’Ilario.

Riparlarne solo in occasione di un evento televisivo sarebbe sterile se non si traessero e si riproponessero delle considerazioni relative ai giovani che forse il sabato sera non guardano la televisione.

La prima, consolidata, è che la prostituzione e il relativo sfruttamento che in Italia è reato non esisterebbero se non ci fosse una richiesta, come ha bene spiegato il giornalista Riccardo Iacona nel suo saggio Utilizzatori finali a proposito delle ragazzine di Roma e sarebbe ingenuo pensare che il fenomeno sia terminato lì.

La seconda e in questo momento più importante, è che l’età della violenza sessuale, in virtù della presunta predominanza del maschio, si è abbassata a 14 anni e ciò non dovrebbe ma deve far riflettere i genitori delle ragazze e dei ragazzi, in modo da porre rimedio. Con le ragazze incoraggiandole a stare in guardia e a mantenere i contatti sani con l’altro genere per non cadere nella trappola del “gli uomini sono tutti uguali”, con i ragazzi spiegando che l’essere umano non agisce per istinto, ma può e deve imparare a dominare i suoi desideri e a esprimerli nel modo corretto considerando sempre le ragazze non come femmine ma come persone.

Concetti che in questo mese più di qualcuno esprimerà per poi tirarli fuori dal cassetto nel novembre 2020.

In assenza di una politica di educazione di genere nella scuola sulla quale ormai non c’è alcuna speranza salvo un un improbabile cambiamento radicale di prospettiva, il compito spetta ai genitori, ed è un compito troppo importante per cadere nel “non ho tempo”. Coloro che non riescono a parlarne con i figli dovrebbero cercare aiuto sul territorio, a cominciare dai Consultori familiari o dalle associazioni di volontariato composte da persone competenti, prima che i figli si confrontino con i loro pari o con il “dottor Google” che già tanti danni sta facendo in medicina.

A proposito di Rudyard Kipling e di linguaggio di genere, avete fatto caso che a fronte del “p. Eva” non c’è un corrispettivo che riguardi Adamo? Anche questa è una forma di discriminazione che nel 2019 non dovrebbe più esistere.

(foto Ra1)

BUSSOLA DIGITALE PER NAVIGANTI CONSAPEVOLI

28 Feb

Bussoladigitale

Libro rivolto soprattutto ai genitori – ma anche a tutti adulti che hanno una connessione – che non sanno di preciso cosa sono il Web, internet e le dinamiche dei Social Media, e di conseguenza prestano poca attenzione all’uso che ne fanno i figli adolescenti, il che è un po’ come dar loro le chiavi della macchina senza che abbiano conseguito la patente. Da leggere assieme ai figli e da tenere a portata i mano, “in tasca”, come suggerisce il nome della collana.

Purtroppo la Polizia postale e la scuola ci dicono che i genitori spesso sono assenti sia nei confronti dei comportamenti dei figli sia nelle riunioni informative che pure, salvo problemi particolari, hanno un profilo basso, accessibile a tutti. I “gruppi WhatsApp” dei genitori più che uno scambio di informazioni non sempre ma molto spesso si sono rivelati piazze di pettegolezzi e denigrazione più che agorà costruttive.

Snello ma a tratti necessariamente tecnico e con una nutrita biografia, affronta il tema da quattro punti di vista. In un’epoca in cui alla cresima non si regala più l’orologio ma lo smartphone negare l’accesso alla Rete ai ragazzi produce l’effetto contrario, soprattutto in termini di isolamento dal loro gruppo. Bisogna stare vicini ai figli dialogando con loro con cognizione di causa, tenendo presenti le normative, le linee guida ma anche i consigli semplici degli esperti “fai questo, evita quello”, perché i pericoli principali nella navigazione in internet e nell’uso dello smartphone sono la leggerezza e il sentito dire non documentato che hanno portato all’esplosione immotivata del fenomeno dei sefie a discapito della fotografia ragionata fino ai noti casi di cyberbullismo.

Senza pregiudizi, perché anche un buon videogioco aiuta a pensare.

Il resto, per studio, lavoro o svago, una volta comprese le dinamiche, viene di conseguenza.

Il ricavato dalla vendita andrà al Comitato Nazionale Maculopatie Giovanili APRI Onlus.

RISPOSTE CONVINCENTI

9 Gen

Che significa violentare?” gli chiesi la sera stessa.

Atticus alzò la testa da dietro il giornale. Era seduto nella poltrona davanti alla finestra. Da quando eravamo diventati un po’ più grandi, Jem e io gli concedevamo generosamente una mezz’oretta di pace, dopo cena.

Sospirò, abbassò il giornale e disse che violentare significava conoscere carnalmente una donna per forza e senza il suo consenso.

Lee Harper Lee, Il buio oltre la siepe.

Parole asciutte, da avvocato (com’è il personaggio), che non troncano ma lasciano aperto il dialogo a ogni approfondimento, molto meglio di un antagonista e imbarazzato “perché me lo chiedi?”.

Dedicato a chi non crede nella necessità di un’educazione di genere.

COMPLICITÀ

12 Set

Chi non ha letto “Il vecchio e il mare” dovrebbe farlo. Non per la passione per la pesca, che assolutamente non mi appartiene, ma per il rapporto tra il vecchio pescatore Santiago e il suo giovane amico Manolo.

Me l’ha ricordato una twitteramica, alla quale dedico questo post, con riferimento ai rapporti tra me e mio nipote, un continuo scambio di esperienze. Scambio, dall’adulto al preadolescente e viceversa, con stili di vita e esperienze diverse che per questo arricchiscono tutti e due. Alla sua età avevamo realtà e opportunità (poche) diverse da quelle di ora.

La copertina dell’edizione che ho io ritrae un uomo con la barba, come la mia ed è quella che conta, i capelli son “roba da donne” 🙂 . I protagonisti ovviamente sono due uomini, perché la pesca è un mestiere duro ma estraniandosi da essa la prima parte calza benissimo in un rapporto nonna e nipote femmina.

Poi, se volete, leggete anche il resto del libro, la lotta di sopravvivenza tra il pescatore e il pesce.

“CIAO, SONO SEMPRE IO”

16 Lug

Bello e delicato il film Chiamatemi Helen, trasmesso il 15 luglio da Rai2”.

Un padre vedovo va a prendere all’aeroporto, dopo un anno trascorso in America, il figlio Finn e  si ritrova di fronte una figlia, Helen.

La storia di un transessuale che fin da piccolo si sentiva nel corpo sbagliato. Film ambientato in Germania, non negli Stati Uniti, anche se la ragazza è stata un anno in California, sotto certi aspetti l’Olanda di oltre oceano. Le difficoltà di accettazione della nuova realtà da parte del padre, i problemi del ritorno nella sua città, nella sua scuola, lo scontro con la burocrazia dove è ancora registrato come maschio, non considerati da Helen mentre era in California. Difficoltà e problemi che con l’accettazione dell’altro, in questo caso di una nuova realtà, possono essere superati.

Film drammatico, che fa riflettere sulle nuove realtà sociali che si possono o meno condividere ma che le persone che pensano non posso fingere di non vedere.

DARE DEL LEI

30 Giu

Esiste un momento nella vita di un bambino in cui non crede più a Babbo Natale, così come ne esiste un altro in cui smette di dare del tu ai “grandi”, che diventano “adulti”, e dà loro del lei, anche se con quelli conosciuti nell’infanzia questo passaggio non avviene perché sarebbe ridicolo.

Dopo la separazione dal corpo della madre, prima con la nascita e poi con lo svezzamento, le altre tappe sono l’ingresso nella vita sociale con il trauma del primo giorno di scuola, che vede i genitori allontanarsi e il bambino alle prese con un mondo nuovo e senza la difesa parentale (un mio amico mi ha raccontato che mentre qualcuno piangeva, qualcuno era contento per la novità, lui, varcando la soglia dell’aula, ebbe la sensazione “qui mi hanno fregato!” 🙂 ).

In questo mondo, quello che una volta era il “signor maestro” o la “signora maestra” i rapporti sono ancora confidenziali, e il bambino, come fa con gli zii, li chiama “maestro Franco” o “maestra Lucia”, continuando a dar loro del tu.

Il vero cambio di registro linguistico avviene con l’ingresso nella scuola media, quando il maestro diventa professore e si aspetta che gli allievi gli diano del lei. Un passaggio verso una diversa considerazione dell’altro, fino all’età adulta nella quale il nostro giovanotto, e la nostra giovane donna, avrà imparato che esistono gli amici, i parenti, i vicini, i colleghi eccetera con i quali rapportarsi in modi e con linguaggi diversi.

Lo scorso 18 giugno un giovane ha dato del tu a Emmanuel Macron, presidente della Repubblica Francese, chiamandolo Manu. Macron non l’ha presa male ma ha tenuto a precisare che non erano su un Social Media ma in piazza per una manifestazione ufficiale e ha chiesto al ragazzo di chiamarlo Monsieur le President e dargli del lei (voi in francese), cosa che, se si ascolta l’audio, ha fatto anche il presidente nei confronti del giovane.

Nel mondo del lavoro succede spesso che, dopo le presentazioni ci si dia del tu tra colleghi, anche di aziende con cui si collabora di frequente. Nelle riunioni apicali o con terzi parti però Maria tornerà a essere la dottoressa Dei Tali.

Anni or sono assistei a un dibattito televisivo per un ballottaggio nel quale uno dei candidati, pur dando del tu al contendente, lo chiamava sempre per titolo e cognome mente l’altro insisteva a chiamarlo per nome. Questione di classe.

Come ho già fatto notare altre volte, nel nostro Mezzogiorno c’è chi anche tra i giovani dà ancora del voi e c’è chi abusa del tu famigliare o amicale trasformandolo in quel “tu pesano” che sovente è solo mancanza di rispetto.

Tornando al nostro bambino diventato ormai ragazzo, che poi è mio nipote che a settembre entrerà nella scuola primaria di secondo grado (vulgo scuola media), a parte il lei che già usa con gli adulti, tra le “istruzioni per l’uso nel cambiamento” sua madre gli ha insegnato a non chiamare “prof” gli insegnanti, ma professore o professoressa seguito dal cognome. Che dopo con noi e i suoi compagni esistano la prof d’italiano, il prof di inglese e l’odiatissima prof di mate e un’altra storia.