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DI TRADIZIONI E PLAGI

20 Nov

Perla era nata reietta dal mondo infantile. Rampollo di male, emblema e frutto di peccato, non aveva il diritto di frequentare i bambini battezzati. Nulla era più notevole dell’istinto, ché tale appariva, con cui la piccina comprendeva la propria solitudine; il destino che le aveva tracciato intorno un cerchio inviolabile; tutta la particolarità, infine, della sua situazione rispetto a quella dei coetanei. Mai, dopo la scarcerazione, Hester aveva affrontato gli occhi della gente senza di lei. In tutti i suoi tragitti per la città non mancava mai Perla; prima, pargoletta in braccio, poi fanciullina, minuscola compagna della madre, di cui stringeva un dito nel piccolo pugno, mentre saltellava tutta svelta per non restarle addietro. Vedeva i bimbi della colonia sul margine erboso della strada o sulla soglia di casa, baloccarsi nei tristi modi consentiti dall’educazione puritana; giuocando ad andare in chiesa; o a fustigare i quaccheri o a scotennare gli indiani in finte battaglie; o a farsi scambievolmente paura con strambe imitazioni di stregoneria. Perla stava a guardarli, non perdeva nulla della scena, ma non cercava mai di stringere amicizia. Interpellata, non rispondeva. Se i bambini facevan capannello intorno a lei, diventava davvero terribile nella sua piccola rabbia, brandiva dei sassi per colpirli, con certi strilli acuti, incoerenti, che facevan tremare la madre perché somigliavano tanto agli anatemi lanciati da una versiera in una lingua sconosciuta.

Fatto sta che i piccoli puritani, appartenendo alla genia più intollerante che sia mai vissuta, s’eran formati una vaga idea d’alcunché di bizzarro, di soprannaturale, o in contrasto con le abitudini correnti, nella madre e nella figlia; e perciò le disprezzavano in cuor loro, e non di rado le vilipendevano ad alta voce. Perla avvertiva quel sentimento, e lo ripagava con l’odio più fiero che possa esacerbare un seno infantile”.

Quando parliamo di integralisti la nostra mente va agli ebrei vestiti di nero, con le filatterie e col cappello nero oppure ai fanatici islamisti che nulla hanno a che vedere con gli islamici e che con i loro attentati stanno seminando il terrore in mezzo mondo, islamico compreso.

Non dimentichiamo però che anche una parte del cristianesimo quanto a fondamentalismo e intolleranza non fa tanta bella figura. Il cristianesimo che come comando principale ha “Ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso”, o per dirla con Agostino d’Ipponia “Ama e fa ciò che vuoi”, si scontra con i principi non negoziabili di alcuni e le rivalità di altri.

Quello che ho riportato è un brano tratto da La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorn, nato a Salem, Massachusset. Quella Salem che nel 1692 visse la triste vicenda della caccia alle streghe che portò sul rogo tante donne per il semplice sospetto, ovviamente mai provato, di stregoneria, ben proposto tra gli altri da Arthur Miller nella commedia Il crogiolo.

Pubblicato nel 1850, il romanzo di Nathaniel Hawthorn, con i temi del peccato, della grazia e del perdono è ambientata nella Boston del 1642, appena cinquant’anni prima della caccia alle streghe, in quell’America bigotta dei Puritani, eredi dei Padri Pellegrini che tanto brave persone non furono, che tra le opzioni preferirono la condanna dell’adultera protagonista non a morte come la loro legge avrebbe comandato ma a continuare a vivere ai margini della società con la lettera A di adultera sul vestito finché non avesse confessato con chi aveva consumato il peccato.

La frase in neretto ben evidenzia come tutto ciò e l’educazione che ne conseguiva, influenzavano i bambini che giocavano ad andare in chiesa.

Tutto ciò avveniva nel diciassettesimo secolo ed è stato riproposto da uno scrittore un secolo dopo, ma certi fenomeni, spesso i peggiori, sono duri a morire.

Nel 2016 Ken Follet, scrittore che certo non ha bisogno di presentazioni, ha pubblicato Cattiva fede, la storia del plagio da lui subito, proprio come i bambini di Boston del romanzo, e conseguente allontanamento dalla fede.

È dovere dei genitori allevare e istruire i figli, e dell’istruzione fa parte la trasmissione delle credenze religiose, ma non si deve mai plagiarli o privarli della loro personalità e delle occasioni che hanno, crescendo, di fare le proprie scelte anche non condivise dai genitori.

(È interessante che il libro di Ken Follet nel testo italiano cita i riferimenti biblici, cosa che non fa in quello inglese, perché nel mondo anglofono la conoscenza delle Scritture è un dato assodato).

I NOSTRI QUATTORDICENNI

17 Nov

Trio

Sabato 16 novembre Ra1 ha dedicato un omaggio a Fabrizio de André che è servito a dimostrare che ci sono delle canzoni che non possono essere interpretate da altri pur validi cantanti ma soprattutto che le sue non sono canzonette ma poesie musicate, alcune delle quali, come La guerra di Piero, hanno già trovato posto nei testi scolastici.

Fabrizio De André, credente a modo suo come dev’essere ognuno di noi perché il cristianesimo non è una religione collettiva ma una fede personale nel repertorio delle sue canzoni più famose annovera tre canzoni che parlano di prostituzione: La canzone di Marinella, Via del Campo e la più esplicita Bocca di Rosa, la donna che reca scompiglio nel paesino di Sant’Iliario andandovi a esercitare il cosiddetto mestiere più antico del mondo, secondo l’espressione usata da Rudyard Kipling.

Ne ho già scritto tempo fa in questo post prendendo spunto dai buoni consigli di una delle vecchie di Sant’Ilario.

Riparlarne solo in occasione di un evento televisivo sarebbe sterile se non si traessero e si riproponessero delle considerazioni relative ai giovani che forse il sabato sera non guardano la televisione.

La prima, consolidata, è che la prostituzione e il relativo sfruttamento che in Italia è reato non esisterebbero se non ci fosse una richiesta, come ha bene spiegato il giornalista Riccardo Iacona nel suo saggio Utilizzatori finali a proposito delle ragazzine di Roma e sarebbe ingenuo pensare che il fenomeno sia terminato lì.

La seconda e in questo momento più importante, è che l’età della violenza sessuale, in virtù della presunta predominanza del maschio, si è abbassata a 14 anni e ciò non dovrebbe ma deve far riflettere i genitori delle ragazze e dei ragazzi, in modo da porre rimedio. Con le ragazze incoraggiandole a stare in guardia e a mantenere i contatti sani con l’altro genere per non cadere nella trappola del “gli uomini sono tutti uguali”, con i ragazzi spiegando che l’essere umano non agisce per istinto, ma può e deve imparare a dominare i suoi desideri e a esprimerli nel modo corretto considerando sempre le ragazze non come femmine ma come persone.

Concetti che in questo mese più di qualcuno esprimerà per poi tirarli fuori dal cassetto nel novembre 2020.

In assenza di una politica di educazione di genere nella scuola sulla quale ormai non c’è alcuna speranza salvo un un improbabile cambiamento radicale di prospettiva, il compito spetta ai genitori, ed è un compito troppo importante per cadere nel “non ho tempo”. Coloro che non riescono a parlarne con i figli dovrebbero cercare aiuto sul territorio, a cominciare dai Consultori familiari o dalle associazioni di volontariato composte da persone competenti, prima che i figli si confrontino con i loro pari o con il “dottor Google” che già tanti danni sta facendo in medicina.

A proposito di Rudyard Kipling e di linguaggio di genere, avete fatto caso che a fronte del “p. Eva” non c’è un corrispettivo che riguardi Adamo? Anche questa è una forma di discriminazione che nel 2019 non dovrebbe più esistere.

(foto Ra1)

“LE VALLI VALDESI”

16 Gen

Lunedì scorso la trasmissione Geo di Rai3 (da 2:36:37) ha concluso la puntata nel suo spirito naturalistico con un documentario sul “Lungo inverno nelle valli valdesi”. Tutto vero, ma ha fatto passare l’idea che quella comunità, simile più agli Amish americani, rispecchi la chiesa Valdese in Italia (il termine chiesa non è mai stato usato!), che come sappiamo soprattutto dopo il salvataggio dei migranti curdi è invece una realtà dinamica, non isolata, e al servizio del prossimo.

La Rai, in quanto servizio pubblico, dovrebbe stare attenta a non veicolare messaggi errati nei suoi programmi, considerando quanto poco è conosciuto il protestantesimo in Italia.

SULLA PROPRIETÀ

6 Dic

Riflessione prenatalizia.

Nella lingua ebraica non esiste il verbo avere, “ho una casa” sarà espresso quindi con la locuzione “una casa è a me”.

Ciò rispecchia l’insegnamento per cui l’essere umano non è proprietario, ma solo prestatario, e gli ebrei lo ricordavano con il giubileo (Levitico 25:8-17) in cui le proprietà terriere tornavano al proprietario precedente.

Basterebbe pensare qualche volta secondo la sintassi ebraica, quando diciamo “mia moglie”, “la mia compagna” o “i miei figli”, per rammentare che essi vivono di vita propria prima di essere in relazione con noi.

(Questa) moglie/compagna o (questi) figli sono a me” sposta l’enfasi dalla falsa proprietà al dono ricevuto.

“BEATI GLI OPERATORI DI PACE”

8 Lug

La prima “Giornata internazionale di preghiera per la pace”, organizzata da Giovanni Paolo II, si tenne il 27 ottobre 1986 ad Assisi, con rappresentanti di diverse religioni in cui, in una sorta di Woodstok religiosa, ognuno che pregava il suo dio. Già questo dovrebbe far pensare, perché invitare ciascuno a pregare il proprio dio è in contrasto con il giudaesimo prima e con il cristianesimo poi che riconosco uno e un solo Dio.

Grandi radunate, o incontri al vertice, come quello di ieri a Bari dimenticano che Gesù di Nazareth chiamò beati coloro che si adoperano alla pace, spesso senza far rumore, mettendoci la faccia come molte delle Ong tanto criticate in questi giorni o, per restare nel conflitto in terra di Palestina, la cantante israeliana Noa o lo scrittore, sempre israeliano, David Grossman che dopo la morte sul fronte del figlio ha voluto descrivere la guerra con gli occhi del nemico, che diventò il titolo di un suo libro.

La guerra si prepara a tavolino, ne sapevano qualcosa tutti i nostri meridionali mandati dal 24 maggio 1915 al 4 novembre 1918 sul fronte contro l’Austria Ungheria senza spiegare loro perché. Significativo pur se non riguarda l’Italia è il libro “Niente di nuovo sul fronte occidentale” nell’ultima pagina che gli dà il titolo.

La pace si costruisce giorno per giorno, dal basso, con le persone, non nelle stanze segrete degli “incontri riservarti” che ci sono stati anche ieri e che spesso sfociano spesso in un do ut des, con interessi che se serve, per la machiavellica ragion di stato, schiacciano le persone.

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. Questo non esclude la preghiera per la pace, fatta senza ostentazione, nella nostra cameretta dopo aver chiuso l’uscio. Il resto è ricerca, spesso inutile, di visibilità.

DI CONVIVENZA, TOLLERANZA E CONDIVISIONE

9 Mag

Leggo su Il Piccolo di ieri che il comune di Monfalcone ha bloccato per insufficienza della documentazione la costruzione della Centro culturale islamico in capo e proprietà dell’Associazione Baitus Salat. Non entro nel merito dei dettagli tecnici per incompetenza e aspetto che il direttore lavori e il presidente del associazione islamica producano al comune la documentazione suppletiva richiesta.

In chiusura dell’articolo noto però il richiamo della prima cittadina all’articolo 8 della Costituzione:

Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge. Le confessioni religiose diverse dalla cattolica hanno diritto di organizzarsi secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. I loro rapporti con lo Stato sono regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze”

Secondo l’interpretazione della sindaca non sono possibili organizzazioni i cui statuti contrastino con l’ordinamento giuridico italiano. Il riferimento da lei sostenuto è alla poligamia, alla pena di morte per adulti e omosessuali, alla superiorità dei musulmano sul non musulmano, nonché dell’uomo rispetto alla donna. La sindaca ricorda ancora come la Costituzione, «prevede che i rapporti delle confessioni religiose con lo Stato siano regolati per legge sulla base di intese con le relative rappresentanze. Un patto d’intesa da sottoporre alla Camera dei deputati».

Fatti salvi i timori seguiti all’11 settembre e i fenomeni di radicalizzazione islamista, cosa ben differente dall’islam moderato di cui stiamo parlando, presenti anche in internet, e che, come abbiamo visto anche ultimamente sono ben controllati e sventati dai servizi di intelligence italiani, dovremmo essere lontani dai tempi dei casi di via Jenner a Milano.

Esiste una proposta di intesa tra lo Stato italiano e le comunità islamiche ferma da tempo per motivi tecnici rappresentati dalla difficoltà di trovare un interlocutore unico, come per esempio per le Chiese valdesi e metodiste è il moderatore della Tavola Valdese (gli stessi valdesi hanno dovuto attendere fino al 1848 per vedere riconosciuti i loro diritti) ma questo non inficia l’art. 19 della Costituzione:

Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume”.

Tanto più che esistono diverse moschee in Italia, tra le quali quella di Roma, e il Ministro dell’interno nel febbraio dello scorso anno ha annunciato che si sono fatti passi avanti verso l’intesa.

Rattrista, dunque, questa presa di posizione che, partendo da questioni di carattere urbanistico, prendono di mira una comunità.

Sembra di essere ritornati ai tempi di Peppone e don Camillo quando il prete pretendeva che la costruzione delle nuove case popolari non fosse un pretesto per demolire una cappella votiva e il sindaco che faceva di tutto per abbatterla. Come si sa, però, i battibecchi tra i due finivano sempre con un accordo, spesso un compromesso che, ricordiamo, non è una brutta parola. Ho scritto l’altro giorno di come Primož Trubar si avvicinò al luteranesimo mentre era ospite dal vescovo cattolico di Trieste.

Convivenza non è sinonimo di tolleranza, che ne esalta gli eventuali aspetti negativi, né necessariamente di condivisione, perché non è obbligatorio accettare le idee altrui, ma accettazione delle diversità, come, racconta Ivo Andrić ne Il ponte sulla Drina, fiume che attraversa la cittadina bosniaca di Višegrad, il prete, il rabbino e l’imam, terminate le rispettive funzioni, si riunivano volentieri per un caffè assieme e uno scambio di idee.

Ciò anche in ossequio dell’art. 3 della Costituzione:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Questo articolo non si applica ovviamente ai bengalesi presenti a Monfalcone in quanto non italiani ma, rammentiamo, i mussulmani sono il secondo gruppo religioso in Italia, e tra loro molti sono italiani.

LUTERO DESCRITTO IN TELEVISIONE

6 Feb

Confondere la cattedrale di Norimberga con quella di Wittemberg, come ha fatto Michele Mirabella ieri durante la trasmissione TuttaSalute di Rai3 (dal 34’10”), per un italiano poco avvezzo alla Riforma protestante può succedere.

Parlare però di Martin Lutero e la sua “congrega di scapigliati” che “appiccicò” le novantacinque tesi è a dir poco irrispettoso.

Questa non è razzismo ma discriminazione religiosa – probalmente non voluta ma questo è il messaggio che passa – frutto anche del fatto che nelle scuole italiane si insegna la religione cattolica e non, come richiesto da più parti visto anche il mutamento della società italiana, la storia delle religioni in cui la storia della Riforma troverebbe più spazio di una mezza paginetta.

SE LA RELIGIONE FA DANNI

16 Lug

Quando Gesù ebbe il famoso incontro con la samaritana al pozzo, per il quale i discepoli non si scandalizzarono, come ci si sarebbe aspettato, perché stava parlando con una straniera, ma perché discuteva con una donna in quanto donna,  ai legittimi dubbi di lei su dove fosse giusto adorare il Signore egli rispose «Credimi, donna, è giunto il momento in cui né su questo monte, né in Gerusalemme adorerete il Padre. Voi adorate quel che non conoscete, noi adoriamo quello che conosciamo, perché la salvezza viene dai Giudei. Ma è giunto il momento, ed è questo, in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e verità; perché il Padre cerca tali adoratori. Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità», rispondendo a posteriori anche al legittimo dubbio di Salomone, che ricevette ed eseguì l’ordine di costruire il Tempio quale dimora dell’Eterno,“Ma è proprio vero che Dio abita con gli uomini sulla terra? Ecco i cieli e i cieli dei cieli non possono contenerti, tanto meno questa casa che ti ho costruita!”, concetto ribadito dall’apostolo Paolo nel suo incontro con gli ateniesi, “Dio non abita in templi fatti da mano d’uomo come se avesse bisogno di qualcosa”.

Il tempio di Gerusalemme era funzionale anche ai sacrifici cruenti che cessarono la loro ragion d’essere con la morte e la resurrezione di Cristo.

Gli ebrei erano un popolo allegro, che sapeva distinguere tra i momenti di mestizia e quelli di gioia. Un’intera sezione dei salmi, termine vuol dire canto, dal 120 al 134, è chiamata “Salmi dell’ascensione” perché erano cantati gioiosamente da quanti si recavano al Tempio di Gerusalemme. L’ultimo salmo della raccolta (150) invita lodare Dio con tutti gli strumenti musicali.

Subito dopo aver passato il Mar Rosso in fuga dall’Egitto, Mosè intonò un salmo di ringraziamento e sua sorella Maria, la profetessa, sorella d’Aronne, prese in mano il timpano, e tutte le donne uscirono dietro a lei con de’ timpani, danzando.

Siamo tanto abituati a vedere il Cristo crocefisso (e i cattolici le madonne piangenti), che molti dimenticano che la sua morte fu seguita dalla resurrezione, ben espressa anche dall’opera di Pierluigi Nervi nella sala Paolo VI in Vaticano.

Nervi

Nella quindicina di luglio appena trascorsa sono apparse due riflessioni e una segnalazione bibliografica su come il cristianesimo debba essere e spesso non è.

La prima è una bella riflessione sul nostro modo di gestire il tempo “Una teologia del gioco. Non dobbiamo sempre fare qualcosa di utile”, in cui l’autore rivendica il suo diritto a praticare dello sport senza per questo essere accusato di perdere tempo. Quando, nel 1978, ci fu l’eccidio della Guyana a opera di Jim Jones, una casa editrice evangelica lo raccontò in un libro che il cui incipit era “Stavo guardando un documentario sulla Bibbia quando l’emittente interruppe la trasmissione…”, lasciando l’idea del “buon cristiano” che anche in televisione guarda solo cose attinenti la fede”.

I cristiani sono persone serie ma non seriose. Rammentiamo spesso Gesù alle nozze di Cana per il miracolo dell’acqua trasformata in vino, dimenticando il fatto che egli era a una festa con tanto di ballo e tutto il resto.

La seconda riflessione è del giornalista Davide Roberto Papini che, sulle pagine di Riforma, propone dei momenti ludici durante il prossimo sinodo Valdo-metodista, facendo notare come spesso questi momenti siano in realtà degli eventi culturali mascherati da svago.

La segnalazione biografica riguarda l’ateismo di Ken Follet che nel suo libro “Cattiva fede” racconta la storia della “religione dei padri”, parente stretta del “si è sempre fatto così”, fatta di obblighi e privazioni, e di come questa abbia avuto un effetto contrario su di lui. Di persone come lui, meno famose, ce ne sono tante!

È dovere dei genitori istruire i figli, e di questa istruzione fa parte anche la spiegazione della propria fede.

La religione è un complesso di credenze, sentimenti, riti che legano un individuo o un gruppo umano con ciò che esso ritiene sacro, in particolare con la divinità, oppure il complesso dei dogmi, dei precetti, dei riti che costituiscono un dato culto religioso (citazione da Treccani.it).

La fede invece è l’accettazione di una rivelazione per sua natura indimostrabile e quindi non può essere imposta ma è un fatto squisitamente personale, altrimenti parliamo di imposizione o di indottrinamento a una religione, con i fenomeni di accettazione del “male minore” o di accettazione e successivo rigetto come il caso di Ken Follet.

LA PORZIUNCOLA

4 Ago

Oggi pomeriggio Bergoglio si recherà in pellegrinaggio alla Porziuncola,

Porziuncola

ufficialmente Santa Maria degli Angeli, la chiesa del IV secolo che Francesco d”Assisi e i suoi fratelli restaurarono. L’occasione è la la festa della Perdonanza che in quest’anno del Giubileo della misericordia, assume per i cattolici un significato particolare.

L’evento, come riporta L’Avvenire, quotidiano della Cei, avrà copertura mediatica da parte di TV2000, l’emittente della Cei e in inutile fotocopia dal TG1 della Rai, tanto per parlare di spreco di denaro pubblico e di mancato rispetto della laicità dello stato.

La basilica di San Francesco

BasilicaSanFrancesco

fu costruita contro la sua volontà. Egli infatti voleva che si costruissero chiese secondo “la primaria regola della povertà” non certo monumentali. Contiene fagocitata al suo interno la Porziuncola, poco più grande di una cappella di un’agiata famiglia dell’800.

Sul principale quotidiano di Trieste è ancora acceso, il dibattito dei lettori sull’opportunità di investire 500.000 euro, che poi sono risultati non esserci, nella doratura delle statue del Tempio Mariano di Monte Grisa. I sostenitori hanno citato più volte l’episodio della peccatrice che unse di nardo, un unguento all’epoca molto costoso, i piedi di Gesù, ma nessuno ha rammentato che Gesù disse alla donna samaritana al pozzo che l’epoca dei templi, compreso quello di Gerusalemme, sarebbe finita o che l’apostolo Paolo disse agli ateniesi,  chiamandoli molto religiosi, perché si può essere religiosi nell’errore, che Dio non abita in templi opera di mano d’uomo.

C’è chi sostiene che Monte Grisa, come le altre chiese dalla Basilica Vaticana in giù, sono un forte volano per il turismo religioso. Quanto di più sbagliato perché delle due una, o è turismo o è viaggio religioso, che correttamente si chiama pellegrinaggio. La visita per ammirare le chiese, i parchi e i monumenti in Italia, riguarda l’aspetto turistico, che è ben altra cosa che la fede.

Quando i re dell’Israele biblico, Giosia ne è forse l’esempio emblematico, riscontravano che il popolo si era allontanato dalla volontà del Signore, non istituivano “commissioni di studio” ma restauravano la verità distruggendo ciò che era d’intralcio al suo raggiungimento, senza se e senza ma.

Bello sarebbe se Bergoglio, che ha scelto proprio il nome di Francesco ispirandosi a quello di Assisi, dopo aver visitato la Porziuncola, facesse una riflessione sull’invito di Gesù, “ma tu, quando preghi, vai nella tua cameretta e, chiusa la porta prega il Signore nel segreto…”, per dare un segnale ai suoi che la misura della fede non è nei metri cubi dei templi.

Ma si sa che non lo farà.

PREGHIERA COMUNE?

1 Ago

Quella di ieri è stata una giornata storica per la chiesa cattolica in Francia e in Italia, che ha visto molti musulmani assistere alla messa, per solidarietà con la parrocchia di Rouen e per spezzare nell’opinione pubblica, l’idea che i musulmani siano da guardare tutti con sospetto, come si fa con il diverso. Trascuriamo i numeri dei partecipanti, che vanno da 15.000 a 23.000 secondo le stime, che meglio si confanno ad una manifestazione sindacale, sportiva o musicale che a una manifestazione religiosa.

Sottolineo assistere e non partecipare e tanto meno, come hanno scritto diversi quotidiani, pregare assieme.

L’errore di fondo è accomunare le “tre grandi religioni monoteistiche”, giudaismo, cristianesimo e islam. Gli ebrei non riconosco Gesù di Nazareth come il Messia, il cristianesimo sì, l’islam vede in lui uno dei profeti ma non ne riconosce la deità.

Sia gli ebrei sia i cristiani si rifanno alla promessa di una progenie attraverso il figlio Isacco fatta dall’Eterno a Abramo. L’islam si rifà a Abramo attraverso il figlio Ismaele, escluso da tale promessa (per noi moderni è un po’ difficile comprendere l’importanza della posterità), tanto è vero che sostituiscono Ismaele ad Isacco nell’episodio della prova di Abramo descritto in Genesi 22:1-18. Abramo ebbe fede e rispose alla chiamata del Dio che si sarebbe rivelato completamente solo a partire da Mosè e l’uscita del popolo ebraico dall’Egitto, che conosciamo con il tetragramma YHWH /javé/.

Nel 610 d. C. Maometto disse di aver ricevuto una nuova rivelazione da parte di Dio, contenuta nel Corano che gli fu dato già scritto in lingua araba, per questo motivo non può trascritto in una forma più moderna né essere tradotto.

Joseph Smith nel 1868 dichiarò di aver ricevuto quella riforma della rivelazione che conosciamo con il nome di Libro di Mormon.

Quindi, dal punto di vista strettamente storico, saremmo di fronte almeno a quattro e non tre religioni monoteistiche.

Torniamo a ieri.

La messa è un rito particolare della chiesa cattolica, diverso per esempio dalle celebrazioni protestanti, che si basa sul rinnovo in forma incruenta del sacrificio di Gesù Cristo secondo cui il pane e il vino si trasformerebbero nel corpo e nel sangue di Cristo (transustanziazione), in opposizione a quanto scritto chiaramente nella Lettera agli ebrei del Nuovo Testamento (dal capito 6 al capitolo 9) che parla esplicitamente di sacrificio fatto una volta per sempre in contrapposizione a quelli ebraici che dovevano essere rinnovati. Un musulmano può assistere ma non partecipare a questo rito, e i suoi momenti di preghiera sono ben codificati e diversi da quelli della chiesa cattolica.

Non si può neppure affermare che cattolici e musulmani sono fratelli, se non per la comune discendenza da Abramo, ma non da Isacco, come abbiamo visto, o più genericamente come specie umana che racchiude tutte le razze e i generi.

Meglio quindi parlare di solidarietà, questa sì da coltivare e approfondire giorno per giorno, in qualunque modo e in qualunque sede, per emarginare i fanatici e i facinorosi.