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PERSONALITÀ

12 Feb

Quando capita nei discorsi cito Lucy van Pelt e spesso mi chiedono chi sia.

Lucy”, rispondo “la sorella di Linus”. “Ah, ecco!”.

Lucy, antipatica, burbera, piena di sé, innamorata non corrisposta dell’aspirante pianista Schroeder, con il suo banchetto non di limonata come tutti i bambini americani ma di aiuto psicologico a 5 cent (se volete sostituite il nome e volgete gli aggettivi al maschile).

Lucy è unica, come me, come ciascuna e ciascuno di voi. Sarà per questo motivo che un giorno è sbottata in quel famoso

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Lucy non è  (solo)  la sorella di Linus, perché vive di vita propria, come accadde ad una copia di miei amici. Lui più famoso di lei che veniva citata spesso come “la moglie di Orazio”, finché, stufa di questa etichetta, una sera annunciò “urbi et orbi” “Io sono Giulia, non la moglie di Orazio!”.

È per questo motivo che sul mio biglietto da visita, oltre alla mia mitica barba, c’è il nome in grassetto e il cognome no. Perché anche il nome casale (o eventualmente maritale per le donne sposate) è certamente utile ma secondario.

NINA

9 Dic

Nome proprio, f. s.

Di origini incerte, secondo alcuni diminutivo di Anna, da cui Annina, Nina, secondo altri deriva dall’ebraico Hannáh, grazia, graziosa.

Questa volta non cito persone del passato o del presente.

C’è Caterina, c’è suo marito, non c’è e non ci sarà Nina”.

Questo è in estrema sintesi il racconto che Caterina Falchi fa della sua mancata maternità, fatta di tentativi, di prove, di delusioni, non però di rassegnazione ma di presa d’atto del suo stato di mater nullipara (madre senza figli) o, con il termine che usa lei, (madre) diversamente fertile.

Ti avrei chiamata Nina non è un libro scritto tutto d’un fiato, ma frutto di una lunga elaborazione, come spiega l’autrice.

Nina

Un storia difficile che si può solo leggere, raccontato con saggezza da chi l’ha vissuta in prima persona, senza permettersi di sottolineare o chiosare alcunché nel testo, perché nessuno ha il diritto di giudicare i sentimenti altrui.

Un libro scritto anche perché può aiutare altre donne ad affrontare il percorso della fecondazione assistita.

Caterina Falchi abita a Monfalcone, laureata in lingue e letterature straniere è impiegata nell’ufficio vendite di un’azienda locale. Esordisce come scrittrice nei primi anni Duemila con le favole per bambini che vengono pubblicate sul sito di settore Mammafelice. Vince nel 2009 un concorso dell’editore Edigiò, che pubblica il suo “La saponetta magica”. Due favole vengono pubblicate nei progetti di raccolte natalizie di Barilla (2011 e 2012) e alcuni suoi articoli entrano nel portale dedicato ai libri Zebuk. Tra il 2013 e il 15 pubblica racconti con Alcheringa e Delos Books. “Ti avrei chiamato Nina” è il suo primo racconto lungo.

AMALIA

22 Nov

Nome proprio, f. s.

Per fare chiarezza non ha alcun riferimento con l’amore, ma deriva da un termine germanico che significa “perseverante sul lavoro”. Chissà quanti neogenitori avranno confuso. Una mia compagna delle medie si chiamava Amorina, che è tutta un’altra storia.

Lo cito nella la mia onomastica perché Amalia, scritto su un badge giallo, è il nome di una sportellista delle Poste di una gentilezza unica con la quale mi capita di interfacciarmi spesso.

Una cosa infatti è la burocrazia dei vari uffici pubblici o privati con cui abbiamo a che fare, un’altra sono le persone che volta per volta li rappresentano e che non smettono il loro modo di essere neanche vestendo una divisa (o in questo caso un badge). Tra queste c’è la signora Amalia.

NOMI

8 Nov

Maria, una signora di Milano colloquialmente chiamata “la Maria”, forse parente della più famosa casalinga di Voghera, che se capisce lei capiscono tutti (anche perché le vogheresi si sono lamentate).

Bortolo, quello che, dicono, si confessa ridendo.

Tommaso, il diffidente che crede solo se vede.

Caterina, che quando diventa zia… ma questo lasciamolo perdere perché se no la Nipota se la prende a male, magari ve la racconto un’altra volta.

Carolina, che per anni ha identificato una mucca. Poi intervenne lo IAP a vietare quella pubblicità perché una bambina veniva presa in giro a scuola.

Milka, nome slavo. “Milka” mi disse un giorno una signora bosniaca “proprio come la cioccolata!”.

Vittoria, non proprio come Italia, Libera, Roma che auspicavano il ritorno di Trieste all’Italia, ma imposto alla nascita a una bambina come auspicio della promozione della squadra di calcio, che retrocedette.

Per dire che non ci sono solo le Addolorate e  i Crocifissi!

 

 

 

 

ACHILLE ED ETTORE

28 Ott

Poi ci sono i nomi devozionali, storici e mitologici.

Tra i devozionali del secolo scorso oltre a quelli dei santi più o meno noti troviamo Addolorata e Crocefisso, usati al Sud nel secolo scorso e fortunatamente in via di estinzione, mutati nel parlar comune in Maria e Bisso. E su questi stendiamo un velo pietoso.

Tra i nomi storici troviamo Benito e Fausto, con riferimento a Mussolini e Bertinotti, e qui almeno c’è una qualche par codicio, salvo a conoscere l’idea politica dei diretti interessati.

Ho conosciuto anche un Archimede. Il riferimento poteva essere al siciliano che sfidò il mondo chiedendo un punto d’appoggio per sollevarlo o al più noto Archimede Pitagorico, collega del primo ma un po’ maldestro. Il titolare del nome che conosco io, più semplicemente, mi disse che suo padre era un anticlericale convinto e gli impose quel nome solo dopo essersi accertato che non esiste un sant’Archimede.

Un altro anticlericale convinto è stato Giuseppe Bottazzi, detto Peppone, che voleva far battezzare suo figlio – anticlericale, appunto – Libero Lenin. Quando don Camillo gli disse di andare a farlo battezzare a Mosca, i due raggiunsero un compromesso è al bimbo vennero imposti i nomi di Libero Camillo Lenin. Perché vicino a  Camillo anche Lenin diventa inoffensivo. Ma queste sono storie della Bassa.

I nomi di origine mitologica sono i più diversi, d’altronde con la cultura greca che ci portiamo addosso, o forse ci stiamo lasciando alla spalle, è difficile non incontrarli. Nomi di dei, muse, re ed eroi.

Chi non ha  mai conosciuto un’Argìa, per esempio? Io, fino a quando non l’ho letta su una lapide di ringraziamento per una donazione ad un ospedale.

Rimanendo nei poemi omerici spiccano subito Ulisse l‘astuto, Enea, il fuggiasco da Troia che secondo la leggenda fu progenitore di Romolo, fondatore di Roma, ma anche Ettore.

Ettore, ma non Achille. Achille il duro, l’iracondo, l’invincibile. Figlio di una dea, famoso perché da piccolo diventò invulnerabile in seguito all’immersione nelle acque dello Stige. Invulnerabile in tutto il corpo, salvo il tallone per cui era stato tenuto. Il tallone d’Achille, appunto, rimasto come metafora di “punto debole”. Però, prima di andare su Google, quanti Achille ricordate? A me vengono in mente solo Achille Campanile, scrittore umoristico, Achille Occhetto, politico e Achille Togliani, cantante della prima metà del secolo scorso.

Invece di Ettore ne incontrate quanti volete, dal condottiero Fieromosca fino al droghiere o l’oste sotto casa.

Ettore fu ucciso in battaglia da Achille e fu trascinato legato al carro come segno di vittoria intorno alle mura di Troia.

I vinti coraggiosi lasciano più traccia nella memoria dei loro stessi vincitori.

ANTÀRES

4 Giu

La figlia di una nipote sposata a un berlinese si chiama Stella perché il nome è significativo sia in italiano sia in tedesco.

Guardando uno scontrino per la contabilità domestica noto che la nostra fruttivendola di fiducia si chiama Antares, come la stella più luminosa dello Scorpione.

Wikipedia dice che è facilmente riconoscibile… non ci credete perché io non ho mai capito nulla della volta celeste a parte il Sole, la Luna e Marte, il puntino luminoso rosso che mi teneva compagnia nelle sere dell’estate scorsa al trullo.

Antares è una stella rossa a circa 600 anni luce dal sistema solare e il cui perimetro grande 850 volte quello del Sole, che a noi sembra già grande.

A parte le mie digressioni ascientifiche, quante cose si nascondono dietro un nome!

DAFINA

24 Mar

Fa parte di quei nomi strani ma che ti aspetti in una realtà cosmopolita, nella quale trovi Alexandra con la x e David all’ebraica, con accento tonico sulla i e non pronunciato all’inglese.

Dafina è la variante macedone di Dafne (Δάφνη), e si sa che la Macedonia confina con la Grecia. Significa “alloro”. Nella mitologia greca era una ninfa trasformata in un albero di alloro da suo padre in modo che possa sfuggire dall’inseguimento di Apollo, che come sappiamo aveva le ali ai piedi.

Più banalmente è il nome di un panificio della città che, per evitare eventuali interpretazioni conflittuali vende un tipo di pane genericamente chiamato balcanico.

PUNTI DI VISTA

3 Dic

Il rispetto dei punti di vista e delle opinioni altrui è un elemento essenziale della comunicazione.

Se dico Giuda a chi pensate? Bene, ora domandatelo ad un ebreo, per il quale Giuda è un nome al pari di Mosè, Aronne o Giosuè (Yoshua, come Gesù).

BARAK

31 Ago

In Terra degli uomini, il racconto di uno dei naufragi di Antoine Sant-Exupéry, l’autore racconta delle traversie della liberazione di uno schiavo, di come egli dopo l’ebrezza della conquistata libertà avrebbe dovuto fare i conti in capo a tre mesi con la miseria di un un povero, ma libero. “Aveva il diritto di essere se stesso tra i suoi”.

– Su, vecchio Barak, va’ e sii uomo”

[…]

E noi facevamo gesti d’addio al nostro neonato di cinquant’anni, un po’ inquieti nel mandarlo verso il mondo

– Addio Barak!

– No.

– Come sarebbe a dire, no?

– Sono Mohammed ben Lhaoussin, Barak era il nome dello schiavo.

A differenza di noi, in cui è rimasta una traccia nel detto latino Nomen omen, il nome è un presagio, tra gli arabi così come tra gli ebrei il nome non viene imposto a caso o secondo la moda ma tenendo conto del suo significato. Durante la schiavitù Mohammed ben Lhaoussin non si sentiva una persona e poco gli importava se lo chiamavano Barak o in altro modo.

Dovremmo porre più attenzione anche noi, perché l’articolo 22 della Costituzione parla espressamente del diritto al nome. Nessuno può essere privato, per motivi politici, della capacità giuridica, della cittadinanza, del nome”.

TÍNDARO

4 Lug

Nome, m. s., dal greco Τυνδάρεως.

Mitico re di Sparta e come quasi tutti i personaggi importanti nella mitologia, figuriamoci un re!, imparentato con l’una o con l’altro e, gira che ti rigira, alla lontana anche con Zeus.

È diffuso al maschile e al femminile in Sicilia in quanto associato alla Madonna Nera del Tindari (località siciliana sita sul golfo di Patti).

Sarebbe rischioso e forse poco opportuno usarlo nel Nord Est per l’assonanza con tùmbano, cioè grullo, duro di testa, incapace dei dialetti veneti.

Da qui l’opportunità di una verifica nella scelta dei nomi, soprattuto quelli esotici legati alle telenovele che tra vent’anni, Beautiful a parte, nessuno più rammenterà.

Lo cito solo perché l’altra sera una giornalista televisiva si chiamava, appunto, Tindara.