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DI MASSAIE, CONTABILITÀ E ECONOMIA 

14 Set

Un comunicatore sa che non è scontato che ciò che dice A sia compreso allo stesso modo da B.

  • Contadino della Pianura Padana
  • Cafone della Marsica
  • Villano della campagna pugliese 

sono termini locali che indicano tutti un lavoratore della terra ma, se usati al di fuori dei loro ambiti territoriali, assumono il significato di persona sgarbata e volgare.

Il 19 settembre a Osimo ci sarà un incontro dal titolo “L’economia spiegata alla massaia”. Il titolo ricalca i vari  manuali “… spiegato a mi* figli*” e fin qui niente di male, perché l’economia soprattutto per i suoi continui aggiornamenti va spiegata.

Ciò che non va è il riferimento alla “massaia” che in questo titolo rammenta le espressioni “la signora Maria” o “la casalinga di Voghera”, evidenti stereotipi di genere.

La massaia part o full time, invece, è colei che “porta avanti” la casa, che tiene e ne fa quadrare i conti, perché anche se tra le giovani coppie si sta facendo strada la divisione dei compiti domestici, la responsabilità della casa grava  ancora sulle donne.

Molte riforme scolastiche fa (negli anni ’50), nella scuola di avviamento professionale, alternativa alla scuola media, esistevano i corsi di contabilità e di economia domestica, nei quali le adolescenti imparavano  cose che le studentesse di oggi non sanno, diventando inconsapevolmente brave massaie. Disquisire oggi sul perché le stesse cose non fossero insegnate anche ai ragazzi è fuori tempo, un po’ come domandarsi perché le ragazze non facessero il servizio di leva.

“Massaia”, in tempi diversi dall’attuale, fu scherzosamente appellata anche Tina Anselmi, prima donna a diventare ministra della Repubblica Italiana (1976 – 1979).

In un mondo fortemente maschilista come quello dell’Antico Testamento l’autore del libro dei Proverbi, re Salomone o chi per lui, al capitolo 30 parla della donna come massaia e imprenditrice, mentre gli uomini quasi non compaiono.

Il sessismo non si supera solo declinando al femminile i termini quando associati alle donne, ma anche evitando le espressioni sessiste che fanno parte di una certa cultura, che vede la donna in una posizione subordinata.

Questi sono tre  tre esempi che propongo spesso 

  • “Buon uomo” dà l’idea di una persona semplice, a “buona donna” quasi sempre è associato”figlio di”.
  • Franco vuol dire schietto, sincero, “farla franca”, al femminile assume un altro significato 
  • Prostituta si usa solo al femminile, per gli uomini si usa il più elegante gigolò. Al maschile solo in riferimento alla cultura greca (ne scrissi a proposito di un presunto errore di traduzione dal tedesco di un libro di Joseph Ratzinger).

      La cura dei titoli, se non vogliono essere evidentemente provocatori, è il primo approccio alla corretta trasmissione dei contenuti.

      “PIACERE, CRISTINA!”

      23 Giu

      Al cambio di casa, un vicino saluta la nuova venuta, “Buongiorno!… Signora o signorina?”.

      “Piacere, Cristina”.

      Un paio di giorni dopo, con malcelata insistenza, “Buongiorno, ma… debbo chiamarla signora o signorina?”.

      “Buongiorno, gliel’ho detto” risponde con cortesia “mi chiamo Cristina”.

      “Secondo me” ha commentato Cristina “voleva sapere se oltre la mia porta c’è un uomo”.

      Perché il sessismo si nasconde, male, anche dietro le parole.

      STREGHE

      23 Mag

      Eretici

      Adesso non aspettatevi che vi dica a quale categoria appartengo (vedo già risolini…), ma fate caso che il termine strega non ha il corrispondente maschile Stregone è visto come guaritore, ancorché maldestro.

      Siamo di fronte ad un altro caso di sessismo linguistico?