Archivio | giugno, 2020

LA CULTURA DELLO STUPRO

24 Giu

Cultura perché l’essere umano è un essere pensante e per le sue azioni può decidere se sì o se no.

Stupro è un termine che è esploso nel nostro lessico di recente. Non che prima non ci fosse, le donne sono da sempre bottino di guerra e di violenza in famiglia, ma si parlava appunto di violenza, i nostri giovani non lo conoscevano mentre, a seconda dell’educazione avevano sentito parlare di incesto come di una pratica culturalmente proibita.

Quando la piccola Scout chiede a suo padre avvocato cosa volesse dire quel termine e il padre con parole asciutte che però non chiudono il discorso glielo spiega diventa improvvisamente adulta.

È in una pagina de “Il buio oltre la siepe”, romanzo considerato “I promessi sposi” del Sud degli Stati Uniti e, se ci pensiamo un attimo, il romanzo del Manzoni è sí il romanzo della Provvidenza ma anche del tentativo di violenza di don Rodrigo su Lucia Mondella non consumato.

Negli Stati Uniti il libro di Harper Lee viene consigliato ai ragazzi maschi dai dodici anni in poi.

Come alle elementari ai bambini si insegna il ratto delle Sabine senza indagare se le donne fossero o meno consenzienti, così le intenzioni di don Rodrigo passano in secondo piano di fronte alle traversie dei poveri Renzo e Lucia.

Potremmo continuare con Briseide sulla quale aveva messo gli occhi sperando di poter mettere anche le mani il “divino” Achille all’inizio dell’Iliade ma veniamo alla realtà.

Alcuni ragazzi maggiorenni hanno prenotato un tavolo in una discoteca di Lignano Sabbiadoro con il nome “Centro Stupri”, presentandosi poi con questo nome sulle magliette. La cosa non è piaciuta alle ragazze che li hanno denunciati e ora gli attori del fatto rischiano un procedimento penale.

Lodevoli le donne che sono passate subito alla denuncia ma anche un monito a tutti noi, uomini compresi, a non lasciar correre questi atteggiamenti e a insegnare ai nostri figli che stupro è un termine tecnico, come fece l’avvocato con la figlia Scout, ma sono il pensiero e l’azione che non si adicono a uomini perbene.

DI TRADIZIONI E PLAGI

10 Giu

“Perla era nata reietta dal mondo infantile. Rampollo di male, emblema e frutto di peccato, non aveva il diritto di frequentare i bambini battezzati. Nulla era più notevole dell’istinto, ché tale appariva, con cui la piccina comprendeva la propria solitudine; il destino che le aveva tracciato intorno un cerchio inviolabile; tutta la particolarità, infine, della sua situazione rispetto a quella dei coetanei. Mai, dopo la scarcerazione, Hester aveva affrontato gli occhi della gente senza di lei. In tutti i suoi tragitti per la città non mancava mai Perla; prima, pargoletta in braccio, poi fanciullina, minuscola compagna della madre, di cui stringeva un dito nel piccolo pugno, mentre saltellava tutta svelta per non restarle addietro. Vedeva i bimbi della colonia sul margine erboso della strada o sulla soglia di casa, baloccarsi nei tristi modi consentiti dall’educazione puritana; giuocando ad andare in chiesa; o a fustigare i quaccheri o a scotennare gli indiani in finte battaglie; o a farsi scambievolmente paura con strambe imitazioni di stregoneria. Perla stava a guardarli, non perdeva nulla della scena, ma non cercava mai di stringere amicizia. Interpellata, non rispondeva. Se i bambini facevan capannello intorno a lei, diventava davvero terribile nella sua piccola rabbia, brandiva dei sassi per colpirli, con certi strilli acuti, incoerenti, che facevan tremare la madre perché somigliavano tanto agli anatemi lanciati da una versiera in una lingua sconosciuta.

Fatto sta che i piccoli puritani, appartenendo alla genia più intollerante che sia mai vissuta, s’eran formati una vaga idea d’alcunché di bizzarro, di soprannaturale, o in contrasto con le abitudini correnti, nella madre e nella figlia; e perciò le disprezzavano in cuor loro, e non di rado le vilipendevano ad alta voce. Perla avvertiva quel sentimento, e lo ripagava con l’odio più fiero che possa esacerbare un seno infantile”.

Quando parliamo di integralisti la nostra mente va agli ebrei vestiti di nero, con le filatterie e col cappello nero oppure ai fanatici islamisti che nulla hanno a che vedere con gli islamici e che con i loro attentati stanno seminando il terrore in mezzo mondo, islamico compreso.

Non dimentichiamo però che anche una parte del cristianesimo quanto a fondamentalismo e intolleranza non fa tanta bella figura. Il cristianesimo che come comando principale ha “Ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso”, o per dirla con Agostino d’Ipponia “Ama e fa ciò che vuoi”, si scontra con i principi non negoziabili di alcuni e le rivalità di altri.

Quello che ho riportato è un brano tratto da La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorn, nato a Salem, Massachusset. Quella Salem che nel 1692 visse la triste vicenda della caccia alle streghe che portò sul rogo tante donne per il semplice sospetto, ovviamente mai provato, di stregoneria, ben proposto tra gli altri da Arthur Miller nella commedia Il crogiolo.

Pubblicato nel 1850, il romanzo Nathaniel Hawthorn, con i temi del peccato, della grazia e del perdono è ambientata nella Boston del 1642, appena cinquant’anni prima della caccia alle streghe, in quell’America bigotta dei Puritani, eredi dei Padri Pellegrini che tanto brave persone non furono, che tra le opzioni preferirono la condanna dell’adultera protagonista non a morte come la loro legge avrebbe comandato ma a continuare a vivere ai margini della società con la lettera A di adultera sul vestito finché non avesse confessato con chi aveva consumato il peccato.

La frase in neretto ben evidenzia come tutto ciò e l’educazione che ne conseguiva, influenzavano i bambini che giocavano ad andare in chiesa.

Tutto ciò avveniva nel diciassettesimo secolo ed è stato riproposto da uno scrittore un secolo dopo, ma certi fenomeni, spesso i peggiori, sono duri a morire.

Nel 2016 Ken Follet, scrittore che certo non ha bisogno di presentazioni, ha pubblicato Cattiva fede, la storia del plagio da lui subito, proprio come i bambini di Boston del romanzo, e conseguente allontanamento dalla fede.

È dovere dei genitori allevare e istruire i figli, e dell’istruzione fa parte la trasmissione delle credenze religiose, ma non si deve mai plagiarli o privarli della loro personalità e delle occasioni che hanno, crescendo, di fare le proprie scelte anche non condivise dai genitori.

(È interessante che il libro di Ken Follet nel testo italiano cita i riferimenti biblici, cosa che non fa in quello inglese, perché nel mondo anglofono la conoscenza delle Scritture è data per scontata).