Archivio | febbraio, 2018

CINQUE DONNE

25 Feb

Genealogia di Gesù Cristo, figlio di Davide, figlio di Abramo. Così comincia la genealogia di Gesù secondo Matteo, che parte da Abramo, capostipite degli ebrei. Una genealogia incompleta e simbolica, divisa in tre gruppi di sedici persone.

In tutta questa lista di nomi di uomini – sono essi quelli che contano – sono nominate cinque donne, Tamàr, Racàb, Ruth, la “vedova di Uria” e Maria di Nazareth. Donne sicuramente diverse tra di loro, per epoche e destini, ma lasciano un segno nella storia di Israele. Sappiamo che quella biblica non è solo una storia di gente per bene, almeno secondo il giudizio comune. Pensiamo alla facilità con cui Esaù cedette la primogenitura, il racconto del fatto si conclude con la considerazione “Tanto poco stimò Esaù la primogenitura”, o l’inganno con cui Giacobbe estorse la benedizione dal padre Isacco.

La prima donna, Tamàr, era la moglie che Giuda, fratello di quel Giuseppe venduto per invidia a una carovana di egiziani, aveva preso per il primogenito Er, come leggiamo in Genesi 38. Dopo la morte dei primi due figli, Giuda licenziò Tamar, che avrebbe avuto il diritto di sposare il più giovane, invitandola a tornare a casa di suo padre come vedova, per paura che anche il terzo figlio morisse. Che le donne portino sfortuna!? Tamar, per rivendicare il suo diritto, un giorno che Giuda salì dalle sue parti, si coprì fingendosi prostituta per passare una notte con lui nel tentativo, riuscito, di rimanere incinta di lui. Giuda fece una pessima figura, ma da quell’incontro nacquero due gemelli, il primo dei quali fu chiamato Perez, che ritroviamo in Matteo 1 con il nome di Farez.

La seconda donna della genealogia è Racàb. Di lei leggiamo in Giosuè 2, quando nascose gli esploratori mandati a Gerico da Giosuè. Potremmo avere molto da dire su questo tradimento verso il re di Gerico, che ella mise in atto per salvare la sua famiglia, ma la Scrittura ci dice che lo fece perché aveva riconosciuto la sovranità del Signore.

Di Ruth potremmo anche non parlare, tanto è famosa la sua promessa, “Ma Ruth replicò: “Non insistere con me che ti abbandoni e torni indietro senza di te, perché dove andrai tu, andrò anch’io, e dove ti fermerai, mi fermerò; il tuo popolo sarà il mio popolo e il tuo Dio sarà il mio Dio. Dove morirai tu, morirò anch’io e lì sarò sepolta. Il Signore mi faccia questo male e altro ancora, se altra cosa, che non sia la morte, mi separerà da te”. Spesso è usato nei matrimoni, in realtà è detto, cosa non da poco, da una nuora a una suocera!

Tornate assieme al paese di Bet Lehem – che conosciamo meglio con il nome di Betlemme – Ruth comincia a lavorare come spigolatrice per Booz, un coltivatore del posto che scopriremo essere suo parente alla lontana. Questi la prende in ben volere perché ha udito parlare della sua fedeltà alla suocera, e finisce per sposarla.

È interessante notare che una storia da cronaca rosa come questa sia stata inserita nel canone ebraico, così come è stato inserito il Cantico dei Cantici, che, prima di una eventuale lettura in chiave spirituale, è una bella storia d’amore che sarà servita di insegnamento ai giovani.

Alla nascita del figlio di Booz e Ruth,le donne dissero a Noemi: “Benedetto il Signore, il quale oggi non ti ha fatto mancare uno che esercitasse il diritto di riscatto. Il suo nome sarà ricordato in Israele! Egli sarà il tuo consolatore e il sostegno della tua vecchiaia, perché lo ha partorito tua nuora, che ti ama e che vale per te più di sette figli”. Noemi prese il bambino, se lo pose in grembo e gli fece da nutrice. Le vicine gli cercavano un nome e dicevano: “È nato un figlio a Noemi!”. E lo chiamarono Obed. Egli fu il padre di Iesse, padre di Davide.

La storia di Betsabea, che Matteo non chiama per nome ma ricorda come “moglie di Uria”, è una storia triste fatta di meschinità e di abuso di potere, degna più degli imperatori romani che di un re di Israele. Qualcuno ha ricordato che è anche molto attuale, ma non è questo il punto che ci interessa.

Il re Davide, quello che da giovane fu scelto per la successione a Saul e che con un colpo netto di fionda uccise il gigante Golia, quello che ci ha lasciato gran parte dei centocinquanta salmi, fu artefice di un omicidio per riparare all’avventura di una notte, provocando la morte del marito di lei. Più avanti, messo di fronte all’evidenza del suo peccato da Nathan, se ne pentì, non però senza conseguenze.

L’ultima donna in ordine di tempo è Maria di Nazareth, di cui gli evangelici, per reazione a chi ne parla troppo, parlano poco.

Di lei sappiamo che era una tra le tante ragazze di Israele che speravano di dare alla luce il messia che doveva venire e per questo l’angelo Gabriele la chiama “favorita dalla grazia” e lei dice di se stessa “tutte le generazioni mi chiameranno beata”. Tanto per chiarirci le idee gli ebrei di quel momento non avevano del Messia l’idea che ci ha proposto Gesù, ma piuttosto una guida che li avesse liberati definitivamente dai romani.

I vangeli di questa donna dicono poco. Dopo gli avvenimenti della nascita, ricordati da Matteo e da Luca, la incontriamo a Gerusalemme quando Gesù a dodici anni si mette a discutere con i dottori, alle nozze di Canan, un paio di volte assieme agli altri figli a cercare Gesù, in ultimo sotto la croce e nel cenacolo alla discesa dello Spirito Santo. Di più non dice neanche l’apostolo Giovanni, cui era stata affidata se non materialmente almeno spiritualmente da Gesù sulla croce e che ha scritto il suo vangelo negli anni novanta.

Ma quello che più ci interessa di lei è il suo sì incondizionato, che non va sottovalutato. Se da una parte è un sì di meraviglia e di gioia per essere stata scelta tra tutte le giovani donne d’Israele per dare alla luce il Messia, è anche un sì di completa disponibilità, “ecco la serva del Signore, si faccia di me come hai detto tu”.

Un sì che, dopo la dipartita dell’angelo, forse le ha pesato per le conseguenze alle quali si esponeva. Maria era già fidanzata con Giuseppe, fatto che a quel tempo aveva un significato. Avrebbe dovuto chiedere il permesso a lui, e non rispondere di getto. Tutte cose secondarie rispetto all’annuncio dell’angelo, ma che la mettevano fuori dalla norma.

L’insegnamento che queste cinque donne inserite nella genealogia di Gesù ci danno è che le norme ci sono e vanno osservate, però con le dovute eccezioni.

Il comportamento di due di loro non è proprio esemplare, Tamar si spaccia per prostituta, Betsabea si concede a Davide tradendo il marito. Maria, come abbiamo appena visto, contravviene ad altre regole sociali. Quattro su cinque, inoltre, sono straniere.

È questo che dobbiamo imparare dalla genealogia secondo Matteo, che Gesù rompe gli schemi ancora prima di nascere.

CERTEZZE

23 Feb

Da questo conosceremo che siamo nella verità e renderemo sicuri i nostri cuori davanti a lui. Poiché se il nostro cuore ci condanna, Dio è piú grande del nostro cuore e conosce ogni cosa” (1a Giovanni 3:19-20).

PERSONE

22 Feb

Una mia nipote sta per lasciare la sua cittadina per raggiungere il suo compagno nel bolognese, dove questi ha trovato lavoro dopo un lungo periodo di disoccupazione.

Sappiamo bene che “trovar lavoro” dopo la riforma è sempre una scommessa. Una scommessa che però va giocata per non restare al palo e pare che lui abbia delle prospettive.

Lei lavorava in una piccola azienda e al momento delle dimissioni le è stato detto che, se proprio dovesse andar male e dovessero tornare, in azienda ci sarà sempre un posto per lei.

Nell’augurar loro che invece tutto vada per il meglio e che anche lei trovi un’occupazione, non va certo sottovalutato questo riconoscimento, sia sul piano professionale sia personale.

Cosa rara di questi tempi.

I BUONI CONSIGLI

17 Feb

Si sa che la gente dà buoni consigli

sentendosi come Gesù nel Tempio

si sa che la gente dà buoni consigli

se non può dare cattivo esempio.

Così una vecchia mai stata moglie

senza mai figli, senza più voglie

si prese la briga e di certo il gusto

di dare a tutte il consiglio giusto”.

Questa è l’invettiva di Fabrizio De André, credente a modo suo, contro i consigli non richiesti in Boccadirosa. Sul fatto che ella  sia stata una prostituta vedremo più in là.

In questo mondo di libere opinioni sono sorti opinionisti di ogni sorta, sia tra gli influencer nei Social Media sia nelle televisioni e nella carta stampata, amplificando il vecchio concetto di “l’han detto in tivù”. Di fronte a un un twitt, un post ma anche un articolo dovrebbe esserci una persona che analizzi la notizia, ma che spesso la subisce acriticamente.

Molti opinionisti sono diventati, o almeno ne sono convinti, dei tuttologhi che spaziano dai vari masterchef alla mafia alle questioni biotetiche senza averne alcuna competenza. Un po’ come quando domandano il parere su un tema di attualità ad un attore solo perché casualmente ha interpretato un ruolo in un film sull’argomento.

Quindi, come le cagnette cui Boccadirosa aveva sottratto l’osso molti, troppi, ma fortunatamente non tutti, si sentono in dovere ma anche in diritto di intervenire, esprimere un’opinione ma anche dare consigli su un argomento di cui se va bene hanno letto qualcosa.

Un consiglio va dato solo su richiesta, altrimenti è un’intrusione nella vita di un’altra persona, mancandole di quel rispetto che è alla base delle relazioni con l’altro.

Quanto a Boccadirosa e il suo mestiere, sia l’Antico sia il Nuovo Testamento condannano la prostituzione, ma la donna che gli uomini volevano lapidare fu congedata da Gesù con un amorevole “Neanch’io ti condanno, va e non peccare più” (Giovanni 8), e ai sacerdoti e agli anziani del popolo che lo interrogavano per provocarlo rispose “In verità vi dico: “I pubblicani e le prostitute vi passano avanti nel regno di Dio. E` venuto a voi Giovanni nella via della giustizia e non gli avete creduto; i pubblicani e le prostitute invece gli hanno creduto. Voi, al contrario, pur avendo visto queste cose, non vi siete nemmeno pentiti per credergli”” (Matteo 21:31-32).

Monito per coloro che hanno sempre una pietra o un giudizio pronti in tasca, invece di contare fino a dieci e se è il caso tacere.

CORSI E RICORSI

7 Feb

Secondo l’Eneide, poema epico scritto in latino da Virgilio per celebrare i fasti di  Augusto, Enea fuggiasco da Troia incendiata sbarcò a Castro, nel Salento. Dopo un viaggio nel regno dei morti tornò tra i vivi approdò finalmente sulle rive del Tevere, dove venne accolto da Latino, re degli Aborigeni e, come in tutte le storie con lieto fine, si innamora di sua figlia Lavinia fondando la città di Lavinio (ora Pratica di Mare). Ttito Livio ci informa che trent’anni dopo la morte di Enea Ascanio, suo figlio, fondò la città di Alba Longa. Per farla corta si innamorò di Rea Silvia, una vestale, il dio Marte la salvò dalla morte e la mise incinta di Romolo e Remo, i due gemelli uno dei quali, Romolo, avrebbe fondato Roma.

Roma  ovviamente era una città triste perché popolata per lo più da militari. Per avere una presenza femminile, Romolo si rivolse ai popoli vicini per stringere alleanze ma anche in cerca di ragazze, ricevendo dei secchi rifiuti. D’altra parte era l’ultimo venuto.

Organizzata una festa in onore del dio Conso, ad un segnale convenuto i Romani rapirono le figlie dei Ceninensi, Crustumini, Antemnati e dSabini, in quello che è passato alla storia come il ratto delle sabine.

Un po’ – molta – fantasia, un po’ storia tant’è. Questo è quello che ci hanno insegnato alle elementari.

Una cosa certa è che abbiamo studiato questo senza soffermarci che le sabine, assieme alle altre, furono rapite contro la loro volontà, né si può pretendere che a quell’età qualcuno di noi vi abbia riflettuto.

È quel contro la loro volontà che fa la differenza. Oggi una donna è teoricamente libera di troncare un rapporto senza che nessuno di noi abbia il diritto di giudicarla. Teoricamente come sappiamo perché molte sono oggetto di ritorsioni fino al femminicidio da parte dell’uomo, cosa rara se ad andarsene è l’uomo.

Come molti uomini di oggi non accettano di essere stati lasciati, così i Romani rapirono le sabine senza chiedere loro il permesso.

Corsi e ricorsi, sia pure sotto altre forme, e sarebbe buona cosa se i maestri, con il linguaggio adatto all’età, spiegassero ai bambini che si è trattato di un sopruso.

LUTERO DESCRITTO IN TELEVISIONE

6 Feb

Confondere la cattedrale di Norimberga con quella di Wittemberg, come ha fatto Michele Mirabella ieri durante la trasmissione TuttaSalute di Rai3 (dal 34’10”), per un italiano poco avvezzo alla Riforma protestante può succedere.

Parlare però di Martin Lutero e la sua “congrega di scapigliati” che “appiccicò” le novantacinque tesi è a dir poco irrispettoso.

Questa non è razzismo ma discriminazione religiosa – probalmente non voluta ma questo è il messaggio che passa – frutto anche del fatto che nelle scuole italiane si insegna la religione cattolica e non, come richiesto da più parti visto anche il mutamento della società italiana, la storia delle religioni in cui la storia della Riforma troverebbe più spazio di una mezza paginetta.

DINA, UNA DI NOI

4 Feb

 

Le Scritture, si sa, non si soffermano sui fatti di cronaca relativi alla sfera sessuale, sia perché essa era ben codificata, sia perché le ragazze e i ragazzi si sposavano relativamente presto rispetto ad ora.

Certo, è raccontato di come il re Davide, invaghitosi di Betsbabea, la moglie di Uria, mandò questi in battaglia in prima linea per farlo morire e aver campo libero, e della presunzione di innocenza di una giovane se la violenza fosse avvenuta in campagna, perché “forse ha urlato per chiedere aiuto ma nessuno l’ha udita”. C’è un episodio che per il nome della protagonista e per il luogo potremmo benissimo trasportare nella nostra realtà di oggi.

“Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, uscì a vedere le ragazze del paese. Ma la vide Sichem, figlio di Camor l`Eveo, principe di quel paese, e la rapì, si unì a lei e le fece violenza”. (Genesi 34:1-2).

Dina una ragazza che andò al pozzo a coglier l’acqua – era un compito da donna – e si fermò a parlare con le amiche, come avviene ora con le nostre giovani in piazza o nei centri commerciali.

La storia prende una brutta piega quando Dina non torna a casa perché Sichem, il figlio del principe di quel paese 1) la vede 2) la rapisce e 3) si unisce a lei facendole violenza.

Chi vuole può leggere il resto in Genesi 34.

Molto attuale perché è ciò che succede quasi ogni giorno nelle nostre città.

Di un’attualità sconcertante che non può lasciare indifferente nessuno, uomo o donna che sia.

FINE DELL’INVERNO? SÌ, NO, FORSE

2 Feb

Più della la tradizione cattolica della Candelora, che si rifà alla presentazione di Gesù al Tempio di Gerusalemme quaranta giorni dopo la sua nascita, come voleva le Legge, perché gli ebrei non accendevano candele votive, è interessante quella americana e canadese del Giorno della marmotta, osservato la prima volta a Punxsutawney, Pennsylvania, il 2 febbraio 1887, che vuole che la marmotta si svegli dal letargo e metta il naso fuori. Se rimane fuori è segno che il tempo è mite, se torna a rintanarsi vuol dire che siamo ancora in inverno.

Più interessante, dicevo, perché trae origine dall’attenta osservazione da parte dei cacciatori.

Per quanto riguarda Trieste, per esempio, si dice:

Se la vien con sol e bora de l’inverno semo fora. Se la vien con piova e ventode l’inverno semo drento”.

Considerando che l’Osmer-Arpa per questa sera ha previsto pioggia e Bora, pare proprio che non sia ancora il caso di riporre soprabiti e giacconi. Il bel tempo della settimana scorsa è stata solo un’illusione. Ma forse pretendiamo un po’ troppo… l’inizio della primavera è pur sempre il 21 marzo.