Abbiamo bisogno di un’informazione corretta su ciò che avviene in Medio Oriente, anche perché in particolare sulla Siria i mezzi di informazione hanno taciuto per troppi anni, ma non di filmati di repertorio o di simboli.
Molti di noi non hanno vissuto la guerra e non è con un filmato o, peggio, con un film di guerra, che si capiscono i sentimenti, le emozioni, le paure di chi ce l’ha sopra la testa o ancor peggio di chi, come i bambini siriani o di alti paesi, sono nati e cresciuti considerando la guerra una cosa nomale.
Però, nell’odierna civiltà dell’immagine, in cui bisogna vedere se proprio non si può toccare, la gente ha bisogno di simboli, così anche Omran Daqneesh diventa un’icona, con tanto di fotografie e di filmati con l’avviso “le immagini potrebbero turbare le persone sensibili”. Poco si sa della sua storia, se non che ha cinque anni.
Così da mandare nella soffitta dei ricordi il bambino che ha tentato di attraversare il confine in un trolley
o quelle che commossero ancor di più il nostro opulento mondo, di Alayn, spiaggiato dalla corrente del mare e ritrovato col viso nella sabbia, ormai poco più di un ricordo che svanisce, come ben rappresentato in questo disegno perché fino al prossimo, che purtroppo ci sarà, il ruolo di immagine simbolo spetta a Orman.
Un po’ come le automobili incidentate che sono messe in evidenza all’ingresso delle basi USAF a monito ai militari di un corretto e consapevole stile di guida e cambiate di tanto in tanto affinché le si notino.
Eppure in Italia l’apostolo Tommaso, quello che non era presente alla prima apparizione di Gesù risorto e che disse che avrebbe creduto solo se avesse visto e che alla seconda apparizione fu rimproverato per questa sua mancanza di fede ed è rimasto famoso per il modo di dire “Sei come san Tommaso, non credi se non metti il naso”.
Se proprio c’è chi ha bisogno di un simbolo per ricordarsene ogni giorno, anziché persone reali, soprattutto bambini, proporrei quello della letteratura latina che vede Enea scappare dalla città di Troia assediata e in fiamme con il padre Anchise sulle spalle e il figlio Ascanio.
Simbolo dell’empietà di qualsiasi guerra.