Dunque… gli arei non cadono più, almeno non dieci alla settimana come tempo fa, non ci sono più lanci dai massi di cavalcavia e gli episodi di bullismo e cyberbullismo si sono trasferiti dalla strada alla scuola.
La scuola, quella che, secondo una storpiatura del detto di Cicerone Historia magistra vitæ (De Oratore, libro II) diventata Scola magistra vitæ (La scuola è maestra di vita), dovrebbe insegnare a vivere in molti casi non lo è perché oltre al 6 politico, promozione d’ufficio, spesso l’insegnamento è ridotto a un susseguirsi di inutili nozioni anziché insegnare agli studenti a ragionare, sviluppare il loro senso critico e saper difendere le loro tesi. Lo si può fare, per gradi, dalle elementari evitando le domande a risposta chiusa e insegnando agli scolari ad esporre sia i fatti sia le le loro idee. Quando diciamo ad un bambino in età prescolare “tu non puoi capire” in realtà siamo noi a non saper trovare le parole adatte alla sua età a spiegare qualcosa (a cominciare dalle tristezze dei cavoli e delle cicogne).
Qualche giorno prima del 4 marzo qualcuno invitò coloro che si sarebbero recati al voto a dare un’occhiata all’interno delle scuole, degli avvisi permanenti scritti sciattamente a penna, al disordine nei corridoi, fino alle carte geografiche o altri manifesti 100 x 150 che probabilmente servono per coprire muffe sul muro, per rendersi conto dell’ospitalità del luogo dove i loro figli o nipoti trascorrono le mattine e sono formati. Alle elementari i bambini si siedono sugli stessi banchi senza che sia presa in considerazione la loro crescita fisica dai 70 ai 140 cm. Viste da fuori il biglietto da visita della scuola è la bandiera nazionale, in molti casi con i colori verde, grigio, rosso, perché non si sa a chi spetta mandarla in lavanderia.
Il 17 marzo scorso, giorno dell’unità nazionale, mio nipote ricevette la sua copia della Costituzione italiana da un addetto del personale ATA, senza alcuna spiegazione da parte degli insegnanti. Forse lasciar perdere gli Assiro-babilonesi concentrandosi sulla storia moderna aiuterebbe i ragazzi a comprendere il mondo in cui vivono.
L’assenza nella scuola italiana dell’educazione di genere, o affettiva, e dell’educazione civica, non aiuta i ragazzi e le ragazze al rispetto dell’altro e a costruirsi, come dovrebbero, una personalità all’interno della società, con diritti che conseguono al rispetto degli obblighi e non viceversa.
A fine maggio leggeremo sui quotidiani le ricorrenti polemiche sui pantaloni corti dei ragazzi e sulle minigonne delle ragazze che distolgono l’attenzione. Certo, questo è un compito che spetta in primo luogo alla famiglia, ma pretendere un abbigliamento consono al luogo di lavoro, perché tale è per gli studenti, aiuterebbe a far capire loro che si va a scuola a svolgere un lavoro, non solo per adempiere ad un obbligo di legge.
È di questi giorni l’innalzamento dell’età di accesso a Facebook e WhatsApp con il consenso dei genitori a 16 anni, per adeguarsi al prossimo GDPR, che molto probabilmente sarà seguito dagli altri Social Media. Occasione per i genitori di rammentare che le schede SIM sono intestate a loro in caso di figli minorenni ma anche, per coloro che non lo sanno di informarsi su cosa soni i Social Media e soprattutto, senza vietarli a priori, cominciare a parlarne con loro per responsabilizzarli, senza delegare tutto alla scuola o alla Polizia postale negli incontri con i giovani.
È presumibile che molti degli auguri di morte a Giorgio Napolitano in occasione del suo recente malore sui quali ora indaga la Polizia postale siano stati mandati da persone adulte, perché pochi ragazzini hanno una coscienza politica, e che molte di queste persone abbiano dei figli. Con questo tipo di genitori è poco sperabile che i figli abbiano rispetto dell’autorità in senso lato e di quella degli insegnanti in particolare.
Si diventa maggiorenni a 18 anni, ma ci sono tappe intermedie, tra le quali l’accesso gratuito ad alcune strutture, a 12 anni un ragazzino può usare da solo l’ascensore, a 14 anni può usare un ciclomotore, a 16 come abbiamo visto, con l’autorizzazione genitoriale, usare Facebook e WhatsApp, e svolgere un lavoro temporaneo, a 17, assistito da un maggiorenne patentato, iniziare la scuola guida che gli permetterà di conseguire la patente a 18. Visti i cambiamenti del contesto sociale dovuto non solo all’ammodernamento delle tecnologie, è stato richiesto da più un abbassamento dell’età della punibilità civile.
Di stalking, bullismo e cyberbullismo si parla e se ne dovrà continuare a parlare soprattutto per mettere in guardia gli ingenui, adolescenti e ma anche adulti, che non sono in grado di valutare le conseguenze delle loro azioni sugli altri e su se stessi, ma, riflettendo sui filmati di quegli studenti di Lucca, diventati l’ultimo simbolo mediatico del cyberbullismo nella scuola viene da domandarsi se ai ragazzi che sono stati bocciati la cosa interessa o il provvedimento sia scivolato loro addosso perché “scaldano i banchi” in attesa del compimento del sedicesimo anno di età, per liberarsi di un obbligo di legge che ritengono scomodo.
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