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ORIGINALITÀ VO CERCANDO

6 Ott

Ad oltre un anno dal 20 settembre 2017, quando è stata presentata, oggi ad Assisi Articolo 21 vara la Carta di Assisi, la carta sulla comunicazione. Ennesimo documento di una decina che su per giù dicono o ripetono la stessa cosa.

Il 27 settembre 2017 usciva il “Manifesto delle giornaliste e dei giornalisti per il rispetto della parità di genere nell’informazione […]” scritto dal CPO Fnsi e altre sigle e che fu presentato il 25 novembre in occasione della giornata internazionale contro la violenza sulle donne. La giornalista Marilù Mastrogiovanni (@lmastrogiovanni), che vive sotto scorta per i suoi scomodi articoli e inchieste sulla Sacra Corona Unita, ha domandato in un tweet “E’ possibile che serva sempre un “manifesto” per costringerci a far bene nostro mestiere?.

Come spesso accade, le regole ci sono già ma o sono ignorate o sono disattese (basti pensare al tempo perso in polemiche e discussioni sul velo islamico, quando la legislazione italiana vieta a chiunque, uomini e donne, di circolare a volto coperto).

A seguito del femminicidio della diciassettenne Noemi Durini, nel settembre 2017 in Puglia, sia il Co.Re.Com. della Puglia sia l’Ordine dei giornalisti invitarono formalmente ma con scarso riscontro i giornalisti a dare solo le notizie essenziali. In settembre ero in Puglia e l’informazione locale oltre ad abbondare in particolari inutili nei servizi televisivi spesso rimandava “a nastro” le foto della ragazza (che nel caso di una persona defunta possono essere rese pubbliche anche se minorenne) e i filmati del luogo del ritrovamento e del momento dell’arresto del giovane.

La prima diffusione di internet con il modem a 56k, quello che “friggeva” durante il collegamento, vide la comparsa della Netiquette, casi di net e étiquette, in italiano “regole di buon comportamento nella Rete”. Di fronte a un fenomeno nuovo bisognava rammentare che in internet valgono le regole di convivenza usate negli altri rapporti con qualche accortezza dovuta al testo scritto, come per esempio evitare di scrivere una parola in TUTTO MAIUSCOLO perché per convenzione è intesa come gridata. La Netiquette degli inizi della comunicazione elettronica ancor prima di internet nei forum era comunque concentrata più sugli aspetti tecnici, perché chi partecipava e era offensivo veniva subito emarginato o messo fuori (bannato, dall’inglese to ban, mettere al bando).

Il 28 luglio 2015 la Commissione per i diritti e doveri in internet, presieduta dal giurista Stefano Rodotà, varava la Dichiarazione dei diritti in internet, che pur non avendo valore giuridico, rimane comunque un testo fondamentale.

Una per tutte, dell’onorevole Laura Boldrini rammentiamo la campagna, sostenuta da L’Aria che tira di La7tv #ioodiolodio.

Tornando alla Carta di Assisi, proprio per il luogo così caro ai cattolici italiani devoti a Francesco, stona il titolo “”decalogo” che come ho fatto notare più volte va riservato alle “dieci parole” che l’Eterno tramite Mosè diede al neonato popolo di Israele. Con più umiltà tutti gli altri dovrebbero essere chiamati consigli, suggerimenti o, eventualmente legge con articoli se emanata dall’organo legislativo dello Stato, e ancor di più il punto 1. “Non scrivere degli altri ciò che non vorresti fosse scritto di te” è una maldestra parodia di “Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge e i Profeti” (Matteo 7:12).

Esiste un’usanza tutta italiana nello stravolgere il significato dei termini consolidati, come per esempio omofobia, che in greco significa paura dell’uguale e non odio per gli omosessuali, passando per i false friends della lingua inglese, fino ad arrivare agli hashstag.

L’hashtag #leparolesonopietre (e pesano come macigni) è usato contro la violenza verbale e visiva in internet, ed è ormai consolidato. Lanciare l’hashtag #leparolenonsonopietre, al di fuori della cerchia dei partecipanti all’incontro di Assisi, dà un messaggio completamente opposto.

Ben venga un reale pluralismo religioso in un’Italia ormai cambiata e che troppo sovente, si è visto con il pellegrinaggio ufficiale, in quanto riportato sul sito del Governo, del Presidente del Consiglio a San Giovanni Rotondo, dimentica di essere una repubblica laica in forza dell’articolo 8 della Costituzione. Bello l’articolo di Gia Mario Gillio, che però dimentica le percentuali e il fatto che Protestantesimo viene trasmesso di notte e Culto evangelico alle 06:30, mentre Rai1, rete ricordiamo di servizio pubblico, è praticamente monopolizzata dalla Chiesa cattolica per gran parte del sabato pomeriggio e della domenica mattina. Secondo Il fatto quotidiano “La religione cattolica occupa il 95% dello spazio in tv. Anche grazie a Bergoglio”.

Al di là delle parole cambierà qualcosa?

L’IMPORTANZA DELL’USO DEGLI STANDARD

8 Mag

Sabato sera mia figlia ha riprovato a fare la domanda on line ed è riuscita a farlo compilando il campo del codice fiscale in caratteri minuscoli.

Sarà mia cura, con garbo, segnalare l’errore al comune, perché lo standard degli indirizzi di posta elettronica è l’uso di lettere minuscole, mentre per il codice fiscale, almeno per quello italiano, è l’uso di lettere maiuscole.

Così come nei PIN va digitato anche lo 0 non significativo.

“SPORTELLI APERTI” SÌ, NO, FORSE

6 Mag

Tra gli scopi della Pubblica Amministrazione on line, obbligatoria anche per chi non ha dimestichezza con l’informatica, è di avere “lo sportello” aperto 24/7, salvo specifiche indicazioni contrarie ben evidenziate in home page.

Circa mezzora fa figlia ha provato ad iscrivere mio nipote ad un servizio del comune.

L’operazione si è bloccata perché il sistema dava il messaggio “Codice fiscale errato”. Codice fiscale che, oltre che apparire sulla Carta Regionale dei Servizi, è stato confermato come corretto con una verifica sul sito dell’Agenzia delle Entrate.

Ci si augura di non sentirsi dire, lunedì mattina, che il servizio il sabato e la domenica non è attivo.

PERCHÉ “CARTA DEI DIRITTI IN INTERNET”

18 Ott

Alla Camera dei Deputati è iniziata la discussione della Commissione di studio sulla tutela dei diritti in Rete.

Una legge o regolamento dello stato deve essere per sua natura comprensibile a tutti, chiamarla con un termine straniero (Bill of Rights) già nel titolo sarebbe un venir meno a questo obbligo.

“Internet” ormai è un termine consolidato anche nella lingua italiana, tanto è vero che a differenza di “Intranet”  si usa scriverlo anche con la i minuscola come “aspirina” che, oltre ad essere un marchio registrato della Bayer, identifica colloquialmente anche i farmaci generici con il medesimo principio attivo. Internet identifica quella realtà specifica, mentre Rete sarebbe più generico (rete di relazioni o altro). Ci sono invero  altri termini inglesi che in italiano sono ormai consolidati, per esempio “mouse”, che gli spagnoli preferiscono chiamare “raton” (topo), e che chi è interessato a questo regolamento quasi certamente conosce. Italianizzarli sarebbe un esercizio di sciovinismo linguistico.

“Carta”, come legge o regolamento, non si rifà all’inglese “card” che usiamo per esempio per le “carte di credito”(che in realtà sono di plastica) ma alla più antica “Magna Charta”, in italiano Magna Carta, rilasciata ai baroni dal re Giovanni d’Inghilterra il 15 giugno 1215 che essendo un atto bilaterale, ben si confà alla regolamentazione di internet, perché se da una parte essa sarà regolamentata dallo Stato nessuno, almeno per ora, è obbligato ad usarla.

Buon lavoro alla Commissione!

(post ri-proposto, ovviamente)

DI VERITÀ, PRIVACY E CONTROLLO PARENTALE

4 Mar

L’articolo Quando Tobia Antonio leggerà non meriteremo il suo perdono non tratta solo di Tobia Antonio ma del diritto alla privacy e del diritto all’oblio di ogni persona.

Rimane la domanda su chi dovrebbe, eventualmente, chiedere perdono.

I giornali, che hanno dato la notizia guarda caso il giorno dopo l’emanazione della legge sulle unioni civili, e che forse, se non si fosse trattato di una persona famosa non lo avrebbero fatto?

Oppure il signor Nicolò Vendola detto Nichi e il suo compagno Ed Testa che – è troppo presto per ipotizzarlo – eventualmente non avranno esercitato l’adeguato controllo parentale lasciando che un bambino di 10 o 12 anni navighi da solo nella Rete scoprendo cose eventualmente anche spiacevoli o espresse male che lo riguardano, oppure che fino quell’età eventualmente non lo avranno ancora informato, nei termini e con il linguaggio adatti ad un bambino, della sua nascita che almeno per ora è considerata particolare (forse tra dieci anni non lo sarà più), come ogni buona coppia di genitori adottivi sa di dover fare verso i figli prima che lo scoprano da soli innescando le crisi di identità che sappiamo?

Deprecando a priori i commenti incivili di coloro che non sanno usare i Social Media, il tema è troppo attuale per pretendere che le persone, favorevoli o contrarie, non ne discutano e questa discussione, nei termini della netiquette, fa parte del corredo di Tobia Antonio così come di qualsiasi altro anonimo bambino.