Il merito di Martin Lutero fu di ricordare all’umanità che la Parola di Dio non è proprietà esclusiva di qualcuno ma è disponibile a tutti. Tanto per essere chiaro ne fece la prima traduzione in tedesco, seguito poco dopo da altri nelle loro lingue nazionali.
Il concetto di libero esame, dove libero vuol dire senza interpretazioni di parte, non può essere messo in pratica senza conoscere ciò che si deve esaminare.
La Parola di Dio va copiata, va letta, va studiata, va messa in pratica.
Va scritta, nel senso che, a cominciare dal re, ogni uomo doveva trascrivere una copia ad uso personale (Deuteronomio 17:18). Questa fase è ormai superata. Una copia della Bibbia si trova ormai a poco prezzo, ma resta l’ammonimento ad averla sempre a portata di mano, magari scaricata gratuitamente sullo smartphone.
La lettura della Bibbia, invece, non è un fatto secondario. È una cosa da fare con costanza, da fare da soli prima che in comunità. A prima vista può sembrare banale, superflua, anche perché subito dopo parleremo del fatto che la Parola va studiata. Leggere la Bibbia non è un atto liturgico, di abitudine, al contrario è una pratica che aiuta a “farla nostra”, a considerarla parte della nostra vita. Da molto tempo, per non disturbare chi ci sta vicino, non leggiamo più ad alta voce. Provate a farlo e ne gusterete i vantaggi, primo tra tutti quello di saper leggere in un’assemblea senza difficoltà. Come tutte le cose nuove richiede esercizio e applicazione.
Ricordiamo poi che è ispirato il testo, non le sue traduzioni e che nella nostra copia personale possiamo cambiare le parole difficili senza tradire il testo, salvo che non siano significative. Può essere utile per esempio cambiare fanciulla in ragazza o talamo in letto, per citare due parole che non usiamo più.
Gli ebrei dividono la Torah (che noi chiamiamo Pentateuco) in cinquanta parti da leggere durante il corso dell’anno. È interessante che, quando arrivano all’ultimo brano del Deuteronomio, finiscono la lettura con l’inizio della Genesi, per indicare continuità di una lettura senza interruzione.
Lo studio della Scrittura prima che comunitario deve essere personale. Delegare ad altra persona questo compito è rinunciare alla libertà che abbiamo di andare direttamente alla Parola di Dio ma è anche venir meno alla responsabilità che ogni singolo credente ha di confrontarsi con essa. Non si tratta di mancare di fiducia a nessuno.
L’applicazione nella vita pratica della Parola di Dio sembra non aver bisogno di commenti. La Parola di Dio è valida oggi come ieri. Un po’ più difficile potrebbe sembrare il suo confronto con i problemi di oggi. Per questo motivo bisogna studiarla e ricavarne non le indicazioni precise, che non ci sono, ma dei principi, che come tali sono sempre validi anche se la loro applicazione sarà diversa tra dieci o venti anni.
La Bibbia non è un testo monolitico. Va letta tenendo conto degli stili degli scrittori e dei generi letterari.
Non si può farne una lettura letterale perché il primo intoppo lo troviamo già in Genesi quando è detto che il Signore “prese l’uomo e lo mise nel giardino di Eden” oppure “poi udirono il rumore dei passi del Signore Dio che passeggiava nel giardino alla brezza del giorno”.
Un errore che fanno gli ebrei è la proibizione che si sono imposti di pronunciare il tetragramma YHWH, senza considerare che la proibizione di pronunciare il nome di Dio è limitata alla pronuncia inutile, vana, e di certo la lettura della Bibbia non lo è.
Ragionando di queste cose gli ebrei prima e i cristiani del primo secolo dopo non si ponevano il grosso problema della società attuale di non avere tempo. Non è questione di non averlo, ma di non trovarlo.
È un tema che non affronto neppure, provate ad immaginare la vita quotidiana di una persona di allora, e vedrete che non era meno indaffarata della, ma avevano messo la Parola di Dio, nella teoria della lettura e dello studio e nella pratica della vita al primo posto.
Tutto, ma proprio tutto, era secondario e conseguente.
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