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NINA

9 Dic

Nome proprio, f. s.

Di origini incerte, secondo alcuni diminutivo di Anna, da cui Annina, Nina, secondo altri deriva dall’ebraico Hannáh, grazia, graziosa.

Questa volta non cito persone del passato o del presente.

C’è Caterina, c’è suo marito, non c’è e non ci sarà Nina”.

Questo è in estrema sintesi il racconto che Caterina Falchi fa della sua mancata maternità, fatta di tentativi, di prove, di delusioni, non però di rassegnazione ma di presa d’atto del suo stato di mater nullipara (madre senza figli) o, con il termine che usa lei, (madre) diversamente fertile.

Ti avrei chiamata Nina non è un libro scritto tutto d’un fiato, ma frutto di una lunga elaborazione, come spiega l’autrice.

Nina

Un storia difficile che si può solo leggere, raccontato con saggezza da chi l’ha vissuta in prima persona, senza permettersi di sottolineare o chiosare alcunché nel testo, perché nessuno ha il diritto di giudicare i sentimenti altrui.

Un libro scritto anche perché può aiutare altre donne ad affrontare il percorso della fecondazione assistita.

Caterina Falchi abita a Monfalcone, laureata in lingue e letterature straniere è impiegata nell’ufficio vendite di un’azienda locale. Esordisce come scrittrice nei primi anni Duemila con le favole per bambini che vengono pubblicate sul sito di settore Mammafelice. Vince nel 2009 un concorso dell’editore Edigiò, che pubblica il suo “La saponetta magica”. Due favole vengono pubblicate nei progetti di raccolte natalizie di Barilla (2011 e 2012) e alcuni suoi articoli entrano nel portale dedicato ai libri Zebuk. Tra il 2013 e il 15 pubblica racconti con Alcheringa e Delos Books. “Ti avrei chiamato Nina” è il suo primo racconto lungo.