Archivio | ottobre, 2016

LINGUE FRANCHE

31 Ott

La decisione dell’Unione Europea di togliere l’inglese dalle tre lingue ufficiali è a parer mio, inopportuna e fanciullesca. Fanciullesca perché ricorda il “non gioco più con te, dammi le mie bamboline /i miei soldatini”, inopportuna perché è pur sempre la seconda lingua della Repubblica di Irlanda ma soprattutto continua a essere la lingua franca nel mondo.

Per fare un paragone, la lingua franca dell’inizio del secondo millennio, governato dai Romani, non era il latino ma il greco koinè (κοινὴ ἑλληνική). Per questo motivo il Nuovo Testamento non fu scritto in aramaico, la lingua pralata allora in Israele o in ebraico, la lingua dell’Antico Testamento, né in latino, la lingua dell’impero, ma in greco koinè, forma del greco parlato e scritto usata dal terzo secolo a.C. al terzo secolo d.C.

Molti dei paesi con altri alfabeti (paesi arabi, Grecia, Israele, India e altri), usano comunemente anche l’inglese nelle insegne ufficiali o su i veicoli della Croce Rossa, perché sanno che altrimenti gli stranieri non potrebbero leggerle. Togliere l’inglese tra le lingue ufficiali dell’Unione Europea è toglierle quella visibiltà di cui forse, in momenti come questo, l’istituzione avrebbe bisogno.

A parte il fatto che tutti i documenti ufficiali debbono essere tradotti in tutte le lingue dei paesi membri, con un costo enorme, ma questo è un altro discorso.

COME LACOONTE

29 Ott

Lacoonte

Nel libro secondo dell’Eneide Virgilio ci racconta di come  il cavallo di legno che nel suo ventre conteneva Ulisse e i suoi compagni fu introdotto a Troia, e di come Lacoonte, un veggente, mise in guardia i capi della città che ragionavano sul da farsi. “Temo i greci anche se portano doni”, frase che, abbreviata in Timèo Danaòs (temo i Greci), si usa in latino per manifestare diffidenza, ma soprattutto di come i Troiani, sfiancati dall’assedio che durava ormai da dieci anni, non vollero dargli ascolto, e di come Atena che parteggiava per i greci, punì Laocoonte mandando Porcete e Caribea, due enormi serpenti marini che uscendo dal mare avvinghiarono i suoi due figli, stritolandoli: il sacerdote cercò di accorrere in loro aiuto ma subì la stessa sorte.

Lacoonte è rimasto simbolo di chi avverte di una possibile disgrazia e rimane inascoltato.

Così è accaduto, ultimo per ora, al cantoniere dell’Anas che aveva avvisato del pericolo sulla SS 36 Milano – Lecco, che ha causato un morto, quattro feriti, e la distruzione del manufatto.

Adesso assisteremo alle solite inchieste, ai soliti scaricabarile e tutto il resto.

Un altro tassello nel mosaico della mancata prevenzione di questa Italia provvisoria come a suo tempo la definì Giovannino Guareschi, ma dal dopoguerra ad ora nulla sembra essere cambiato.

RISOLVERE I CONFLITTI

27 Ott

Nella scorsa estate ho usato il dente di leone come metafora della fragilità della vita. Nell’occasione mi riferivo agli attentati, in particolare a quello di Nizza.

Fragilità della vita che hanno sperimentato le vittime del terremoto del 24 agosto che, pare senza vittime, si è ripetuto iersera.

Se dietro gli attentati c’è una mente assassina e se dietro un brutto incontro o un incidente stradale spesso ma non sempre c’è imprudenza è anche vero che molte disgrazie della natura sono conseguenza dello stolto comportamento dell’uomo.

Non così per i terremoti, che arrivano senza preavviso, ma fanno parte di quella vita del pianeta a cui non pensiamo, degli assestamenti come quando – perdonatemi il paragone – noi ci stiracchiamo.

Dovremmo imparare a non lasciare nulla in sospeso, per quanto sta in noi a far pace con il nostro prossimo, perché può arrivare un terremoto o, più in piccolo, una tegola in testa e lasciare i morti nell’impossibilità di farlo e ai vivi il rimorso di non averlo fatto.

WW1

26 Ott

Oggi il Presidente della Repubblica è stato in visita ufficiale a Trieste, Gorizia e Doberdò del Lago (GO), in occasione dell’annessione di Trieste all’Italia il 26 ottobre e della vittoria della Grande Guerra il 4 novembre 1918.

Parere personale, ma che senso ha celebrare la guerra con tanto di parata militare, in un momento come questo in cui il mondo continua a dimostrare in tutta evidenza di non aver compreso la lezione del 1918 ma neppure tutte le altre?

“…UOMINI E DONNE…”

24 Ott

[…] Un elenco in cui colpisce l’assenza totale  dei caduti della Resitenza. In questa grande “via crucis laica” (così era definita da Grillo) non c’è posto per Duccio Galimberti, Dante Di Nanni, i fratelli Cervi, per tutti quei morti il cui sacrificio Piero Calamendrei  aveva posto a fondamento della Costituzione repubblicana e della nascita della democrazia italiana. Furono vittime consapevoli, uomini e donne che […]

Giovanni De Luna, Una politica senza religione, Einaudi 2013, p. 134, (enfasi mie).

Si, ma dove sono le donne?!

DOMENICA

23 Ott

La domenica è come il fuoco o un coltello.

Se usata impropriamente può essere nociva.

PERCHÉ “CARTA DEI DIRITTI IN INTERNET”

18 Ott

Alla Camera dei Deputati è iniziata la discussione della Commissione di studio sulla tutela dei diritti in Rete.

Una legge o regolamento dello stato deve essere per sua natura comprensibile a tutti, chiamarla con un termine straniero (Bill of Rights) già nel titolo sarebbe un venir meno a questo obbligo.

“Internet” ormai è un termine consolidato anche nella lingua italiana, tanto è vero che a differenza di “Intranet”  si usa scriverlo anche con la i minuscola come “aspirina” che, oltre ad essere un marchio registrato della Bayer, identifica colloquialmente anche i farmaci generici con il medesimo principio attivo. Internet identifica quella realtà specifica, mentre Rete sarebbe più generico (rete di relazioni o altro). Ci sono invero  altri termini inglesi che in italiano sono ormai consolidati, per esempio “mouse”, che gli spagnoli preferiscono chiamare “raton” (topo), e che chi è interessato a questo regolamento quasi certamente conosce. Italianizzarli sarebbe un esercizio di sciovinismo linguistico.

“Carta”, come legge o regolamento, non si rifà all’inglese “card” che usiamo per esempio per le “carte di credito”(che in realtà sono di plastica) ma alla più antica “Magna Charta”, in italiano Magna Carta, rilasciata ai baroni dal re Giovanni d’Inghilterra il 15 giugno 1215 che essendo un atto bilaterale, ben si confà alla regolamentazione di internet, perché se da una parte essa sarà regolamentata dallo Stato nessuno, almeno per ora, è obbligato ad usarla.

Buon lavoro alla Commissione!

(post ri-proposto, ovviamente)

CHI FA CRESCERE È DIO

16 Ott

Saul /saùl/ di Tarso, che dalla sua conversione in segno di rottura con il passato usò il suo nome latino Paolo. Come lui stesso si definisce in Filippesi 3:5, “circonciso l’ottavo giorno, della stirpe d’Israele, della tribù di Beniamino, ebreo da ebrei, quanto alla legge fariseo”, cioè osservante oltre misura – oggi diremmo integralista. Come sappiamo ebbe una chiamata particolare sulla strada verso Damasco. Per questo motivo molti diffidarono di lui e cercarono di ucciderlo o almeno di screditarlo. Dovette spesso, per questa ragione, dare spiegazione della sua chiamata e del suo lavoro.

Persona particolare e coerente. Tessitore di tende lasciò per un periodo la predicazione tornando al suo mestiere per non pesare sulle comunità. Celibe in un mondo, quello ebraico, nel quale la regola era il matrimonio ad un certo punto, pur non avendone l’intenzione, rivendicò il diritto di avere una moglie (non una “perpetua” come qualcuno vuol far intendere) come Pietro e gli altri apostoli. Da molt* giudicato misogino, non turbò lo status quo della società del suo tempo perché non è questo il fine diretto del cristianesimo rimandando addirittura lo schiavo fuggitivo Onesimo al suo proprietario Filemone (pur chiedendo, ma non imponendo, a questi di dargli la libertà), affermò già nel primo secolo d. C. quel principio della parità di genere alla quale la società contemporanea non è ancora arrivata, quando scrisse che quanto alla salvezza “non c’è più né uomo né donna”.

Ci insegnò anche che l’ira è una componente umana, e che sta in noi saperla dominare e che non è necessario essere sempre e comunque d’accordo con tutti. Iniziò la sua predicazione con Barnaba dal quale poi si divise per divergenze di opinione non sulla fede ma sul metodo. Questo è un bell’esempio di unità nella diversità o, meglio, di diversità nell’unità che dobbiamo sempre tener presente. Le chiese del primo secolo infatti non erano fotocopie di quella di Gerusalemme. Ognuna aveva la sua peculiarità e il cosiddetto “Concilio di Gerusalemme” di Atti 16 ce lo spiega nei dettagli. La stessa chiesa di Gerusalemme si trovò in quella che in termini moderni chiameremmo crisi finanziaria perché, pensando che il Signore tornasse subito, i suoi membri avevano messo in comune i propri beni e smesso di lavorare, con le conseguenze disastrose che sappiamo.

Con tutto questo curriculum per giustificare il suo lavoro, rimase però uguale agli altri e scrisse dispiaciuto ai Corinzi, che avevano già cominciato a fare delle preferenze, delle correnti, in linguaggio moderno, “Io son di Paolo, io di Apollo, io di Cefa (Pietro) e io di Cristo” (1a Corinzi 1:11) che la salvezza non si basa su simpatie, definendo il concetto con parole chiare, “Io ho piantato, Apollo ha irrigato, ma chi fa crescere è Dio” (1a Corinzi 3:6).

Dobbiamo far nostra questa affermazione “Giorgia ha piantato, Mario ha irrigato (nomi di fantasia, mettete quelli che vi suonano meglio) ma chi fa crescere è Dio”.

Nelle storie dei profeti dell’Antico Testamento troviamo le persone più diverse, eppure tutte chiamate da Dio. Mosè, che tirò in ballo anche la sua probabile balbuzie per “”chiamarsi fuori” e insistette, pur sapendo di essere una persona ben vista da Faraone con un “chi sono io?” alla quale obiezione l’Eterno rispose con un rassicurante “Sarò con te”, Isaia che alla domanda del Signore rispose con prontezza “Manda me”, Giona, il quale, convinto che gli abitanti di Ninive non meritassero la salvezza, se ne andò fisicamente dall’altra parte, come i bambini che si nascondono per non ubbidire ai genitori… fino a Amos, in ordine cronologico il primo dei profeti che, quando fu non proprio cortesemente invitato ad andarsene perché la sua predicazione dava fastidio, rispose fermamente che egli se ne stava tranquillo con le sue mandrie e i suoi sicomori, ma fu l’Eterno a chiamarlo e non poteva certo tirarsi indietro”.

Ogni credente, a suo modo e secondo i suoi talenti, ha ricevuto un mandato di predicazione, non necessariamente da un pulpito ma anche solo con l’esempio. Non ci scoraggiamo, dunque, se non vediamo subito i frutti, perché qualcun* di noi pianta, qualcun altr* innaffia, ma chi fa crescere è Dio”, e non sta certo a noi dettare i tempi.

A PROPOSITO DI TAGLI

15 Ott

Mina canta la sigla finale di Canzonissima 1962 di Dario Fo, Chiosso, autori dei testi della trasmissione, musica di Fiorenzo Carpi.
Questa Canzonissima fu censurata a causa degli sketc sulla mafia e sui cantieri edili.
Franca Rame e Dario Fo lasciarono la trasmissione e tutti i nastri furono distrutti, tranne alcuni spezzoni in pellicola.
La canzone ha un arrangiamento ancora attuale e i vocalizzi sono di grande suggestione.

Stringimi forte i polsi

(fonte YouTube)

FRUGALITÀ

12 Ott

Questo è il debito pubblico dell’Italia aggiornato continuamente. “Chi sta in alto”, per riprendere la celebre espressione di Bertold Brecht nel suo Breviario tedesco, dovrebbe porsi più di qualche domanda. Ovviiamente è espresso in euro, fosse in lire sarebbe una numero di diciasette cifre che neanche Paperon de Paperoni se lo sogna.

Finirà che anche l’Italia sarà iscritta nella lista di quei paesi insolventi ai quali il debito pubblico è condonato perché comunque non sono in grado di abbassarlo?

Nel mio piccolo non faccio mai i conti senza l’oste e nelle spese ho adottato il criterio della frugalità. Frugalità, che spesso rammentiamo per la locuzione “pranzo frugale” non è sinonimo di miseria, ma di sana gestione. Non prevede eccessive rinunce ma scelte oculate e alla lunga è vincente.

Lascio agli analisti economici e ai sociologi l’analisi della recessione che stiamo vivendo e delle sue conseguenze, ma risparmiare si può, senza necessariamente contribuire a quell’altro insano fenomeno che è la deflazione.

Forse andando a rileggere e prendere come esempio i gesti spontanei dei primi presidenti della Repubblica, la cui spesa oculata ha come simbolo storico la mela di Luigi Einaudi.

Cero, lo stile di vita dal dopoguerra è cambiato ma, pur essendo passati dalla 600 alla monovolume, alcuni risparmi possono e debbono essere fatti.

È questo il senso della frugalità, a tutti i livelli.