Archivio | comunicazione RSS feed for this section

INCOMUNICABILITÀ

2 Mar

Sabato scorso nel parcheggio multipliano di un centro commerciale fui avvicinato da una signora anziana che cercava un telefono pubblico per chiamare il figlio, con il quale si era persa di vista. La signora era straniera e un po’ disorientata dalla circostanza. Per evitarle il disagio di trovare il telefono pubblico le offrì di usare il mio smartphone. Con gentilezza lei estrasse un’agendina con i suoi numeri di telefono chiedendo a me di comporre quello di suo figlio, cosa che feci pensando anche che la nonnina non avrebbe composto il prefisso internazionale.

Mi ritrovai così a pensare che due persone, per parlarsi da un piano all’altro di un edificio, erano virtualmente passati per l’estero.

Proprio come noi quando per dire qualcosa a qualcuno cominciamo da fatti molto remoti, girando intorno al tema, cercando quelle parole giuste che spesso non lo sono, anziché andare subito al sodo.

ESERCIZI DI SCRITTURA

28 Gen

Dal portale dell’Accademia della Crusca. Ripassarli non fa male, soprattutto per coloro che si occupano di comunicazione.

SINTESI DELLA COMUNICAZIONE

22 Gen

Sia il vostro parlare sì, sì, no, no, perché il di più vien dal Maligno”

Detto dal Figlio di Colui che dettò le dieci parole.

FIL ROUGE

11 Gen

##&??%## – questa è una parolaccia, nei fumetti;

beep questa è la stessa parolaccia, censurata in un audio;

Valona – questo è il nome di una città estera in italiano;

Florence – questo è il nome di una città italiana in una lingua straniera;

🙂 – questo è un emoticon (faccina);

tvtb – questa è la sintesi di un msg tra due ragazzi;

ΔИНАРА – questa è una parola in un altro alfabeto;

kai ke kelle terre – questo è l’incipit del primo testo accreditato in italiano (o almeno così ci hanno raccontato a scuola);

eccetera…

Qual è il fil rouge che unisce queste parole?

L’OMBRELLAIO

2 Dic

Oggi piove, quindi restiamo in tema.

I nonni, ma non solo loro, ricorderanno di quando passava l’arrotino con il suo carretto tuttofare e la sua cantilena di richiamo con parole non sempre riconoscibili perché contava il suono, non ciò che diceva.

Tracce di questo servizio ambulante sono rimaste nei paesi dove, con mezzi più grandi e più attrezzati, girano per le strade i fruttivendoli e le massaie escono di casa in ciabatte e portafogli in mano, richiamando un’immagine da “La quiete dopo la tempesta” di Leopardi.

In una delle mie poche giornate al mare un’estate all’improvviso udii l’annuncio “Ombrelli, si riparano ombrelli!”. Visto che in cielo non c’era una nuvola neppure a pagarla, rammentai il passaparola tra ambulanti abusivi “Piove!” di Roma e conseguente fuggi fuggi quando qualcuno di loro vede arrivare la polizia.

Invece no, riparava proprio ombrelli, però non quelli da pioggia ma per ripararsi sole. Se avesse gridato “ombrelloni”, avrei capito subito.

Difetto di comunicazione o lacuna mia, che vado al mare uno o due giorni all’anno proprio perché si deve?

CAMBIA LE PAROLE, CAMBIERAI IL MONDO

5 Nov

C’era un cieco seduto in una via della zona pedonale con il suo barattolo per le elemosine e il suo cartello “SONO CIECO. AIUTATEMI”.

Ogni tanto sentiva il rumore di un soldo, ringraziava e dopo averlo cercato lo metteva nel barattolo. Ben poca cosa, però, si sa… la gente va di fretta.

Passò oltre una persona (no, non il buon samaritano, ma quasi), tornò sui suoi passi, prese il cartello e, rovesciatolo, scrisse qualcosa.

Fu così che quasi ogni passante lasciò un soldo.

Quando il passante tornò fu riconosciuto dal cieco che gli chiese cosa avesse scritto. Il passante lesse il cartello. C’era scritto “OGGI È UNA BELLA GIORNATA. IO NON POSSO VEDERLA”.

Basta poco per convogliare un messaggio più efficace!

L’esempio forse più famoso è Gesù, quando dice di non essere venuto ad abolire la legge, ma a compierla. In Matteo 5 propone alcuni dei comandamenti principali. Non li annulla, anzi, li rafforza, portandoli dal piano giuridico al piano etico. Questa è la forza dell’espressione “ma io vi dico”.

A me torna in mente l’apostolo Paolo quando ad Atene vede gli altari dedicato i vari dei dell’Olimpo, compreso quello “al dio sconosciuto”… non si sa mai. Racconta Luca che “fremeva nello spirito”.

Quando incontrò gli ateniesi all’Aeròpago, il luogo dove si riunivano per discutere, disse loro così:

Ateniesi, vedo che, nonostante tutta la vostra cultura, i vostri filosofi epicurei e stoici, non avete capito niente, tanto che, pavidi come siete, avete costruito un altare “A un dio ignoto”. Siate seri e cercate di darvi una regolata! Io sono qui per spiegarvi proprio come funzionano le cose”.

Suona strano, eh? Un discorso così oltre che essere offensivo l’avrebbe lasciato solo, nella migliore delle ipotesi

Questo è il resoconto di come in realtà andò: “Allora Paolo, in piedi in mezzo all’Areopago, disse: “Ateniesi, vedo che, in tutto, siete molto religiosi. Passando infatti e osservando i vostri monumenti sacri, ho trovato anche un altare con l’iscrizione: “A un dio ignoto”. Ebbene, colui che, senza conoscerlo, voi adorate, io ve lo annuncio. Il Dio che ha fatto il mondo e tutto ciò che contiene, che è Signore del cielo e della terra, non abita in templi costruiti da mani d’uomo né dalle mani dell’uomo si lascia servire come se avesse bisogno di qualche cosa: è lui che dà a tutti la vita e il respiro e ogni cosa. Egli creò da uno solo tutte le nazioni degli uomini, perché abitassero su tutta la faccia della terra. Per essi ha stabilito l’ordine dei tempi e i confini del loro spazio perché cerchino Dio, se mai, tastando qua e là come ciechi, arrivino a trovarlo, benché non sia lontano da ciascuno di noi. In lui infatti viviamo, ci muoviamo ed esistiamo, come hanno detto anche alcuni dei vostri poeti: “Perché di lui anche noi siamo stirpe”. Poiché dunque siamo stirpe di Dio, non dobbiamo pensare che la divinità sia simile all’oro, all’argento e alla pietra, che porti l’impronta dell’arte e dell’ingegno umano. Ora Dio, passando sopra ai tempi dell’ignoranza, ordina agli uomini che tutti e dappertutto si convertano, perché egli ha stabilito un giorno nel quale dovrà giudicare il mondo con giustizia, per mezzo di un uomo che egli ha designato, dandone a tutti prova sicura col risuscitarlo dai morti”. (Atti 17:22-31).

Paolo pone l’enfasi sulla qualità positive degli ateniesi “siete molto timorati degli dei”, e da questa realtà comincia ad evidenziare il loro errore e proporre loro la verità. Senza scendere a compromessi o mezze verità. Anche questo è farsi “giudeo con il giudeo e greco con il greco”, richiamando una sua espressione .

Diverso invece è l’atteggiamento di Gesù verso gli scribi e i farisei, che chiama “ipocriti”, perché loro sì conoscevano le Scritture.

Oggigiorno quasi tutti i discorsi importanti non sono pronunciati “a braccio” ma sono studiati e scritti in anticipo, spesso da uno speach writer (redattore di discorsi) che sceglie le parole giuste, le pause e tutto il resto”. Lo sappiamo perché spesso sono dati in anticipo alle agenzie di stampa con l’obbligo di non diffonderli, e quando l’oratore stravolge il discorso preparato o aggiunge qualcosa si dice che “parla a braccio”, cioè improvvisa.

E noi? Coscienti o meno siamo tutti comunicatori, anche se non abbiamo mai parlato in pubblico o in un’occasione ufficiale. La vita umana è fatta di relazioni, e le relazioni iniziano con la parola.

Scegliere le parole giuste non è segno di ipocrisia o mancanza di spontaneità. In molte occasioni è importante, ed è sicuramente un valore aggiunto al pensiero che trasmettiamo.

Possiamo dire l’ineccepibile “Ti voglio bene”, che però è un po’ abusato oppure “Sei importante per me” che è la stessa cosa ma trasmette certamente un messaggio positivo a chi lo riceve, oppure, con persone che non vediamo da un po’ evitiamo il “Come stai?”, ma salutiamo con un “Dimmi di te.”

CARTA DI ASSISI 2019!?

11 Mag

Oggi siamo arrivati a quella che è… direi… formulata la carta di Assisi…” dice testualmente il francescano Enzo Fortunato.

C’è qualcosa che sfugge nella trasmissione cattolica “TG1 Dialogo” di oggi, domenica 11 maggio 2019, perché la Carta di Assisi è stata presentata il 20 settembre 2017 da Articolo 21, presente lo stesso Beppe Giulietti che tra l’altro oggi è a Trieste, presidente della FNSI, carta sulla comunicazione, ennesimo documento di una decina che su per giù dicono o ripetono la stessa cosa.

Dunque, o è una presentazione del libro che il frate ha in mano, o è una brutta replica di qualcosa che è stato già visto un anno e mezzo fa. Comunque c’è qualcosa che non torna e di certo non si fa passare per nuovo qualcosa di vecchio.

Originalità vo cercando.

SINTESI DELLA COMUNICAZIONE

22 Feb

Sia il vostro parlare sì, sì, no, no, perché il di più vien dal Maligno”

Detto dal Figlio di Colui che dettò le dieci parole.

“MI MANCHERAI”

10 Nov

So much, in inglese, vuol dire tanto,

so far vuol dire fino a ora,

so long è un saluto americano che non pone l’enfasi sul momento del re-incontro, come il nostro arrivederci o l’inglese see you (again) ma sull’attesa di esso. “Mi mancherai finché non ci rivedremo”.

Come take care, è un saluto confidenziale molto bello, una vera frase idiomatica “tell him so long for me”, “digli ciao da parte mia”.