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CORATO

12 Lug

CORATO

Subito dopo scontro tra i treni sulla tratta Bari – Corato è emersa quell’Italia pulita, buona, solidale che, alla richiesta della donazione di sangue, si è vista chiedere di tornare domattina perché l’Avis di Corato non riesce ricevere tutti i donatori.

Tutto questo in un momento in cui l’Italia è traballante su molti altri fronti.

Più volte ho scritto che le vittime di un incidente o di un attentato sono tutte uguali, senza distinzione di genere, etnia e convinzioni politiche e religiose.

Il nostro trullo dista da Bari 110 chilometri circa e da Corato 175, e sarebe stato altamente improbabile che io e la mia famiglia fossimo stati su uno dei due treni.

Mi ha commosso, però, il messaggio privato ricevuto da una signora con cui mi seguo su Twitter, che mi ha domandato se noi fossimo stati coinvolti.

“Dimmi che stai bene tu e tutti i tuoi cari. Disastro ferroviario in Puglia  lacrima

A dimostrazione che i rapporti costruiti nei Social Media, se basati su interessi comuni e il reciproco rispetto possono trasformarsi in amicizie che sono sì telematiche ma allo stesso tempo altrettanto reali.

Grazie Stefania!

TESSERE RELAZIONI

25 Mag

Dobbiamo iniziare a chiamare i Social Network col termine di Social Media e non solo per una questione di proprietà di linguaggio che spesso dimentichiamo nei calchi dalle parole straniere.

Social Networks, infatti, è la traduzione inglese di reti sociali, realtà che sono sempre esistite, molto prima di internet e del Web.

Rete, in senso di comunicazione, come si usa anche nel linguaggio industriale, “fare rete”, o per citare la Volpe del Piccolo principe “creare dei legami”, tessere relazioni.

Relazioni che sono sempre esistite, a cominciare dalle donne che andavano al pozzo a prendere l’acqua, come faceva “Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, che uscì a vedere le ragazze del paese” (Genesi 34:1), e che ora formano le “comitive” e si incontrano nei centri commerciali o le “bande” spesso rivali dei bambini delle elementari con i nomi più fantasiosi (“Il club dei casinisti” è quella di mio nipote), fino al loro naturale scioglimento quando i ragazzini alle medie cominciano a lavarsi di più e a guardare con imbarazzo, timidezza e interesse le ragazzine, formando gruppi di coppiette a sentir loro indivisibili.

Come quando in paese  moriva Giorgio o Mario e lo si sapeva subito, prima dell’affissione dei manifesti, così come se Maria si sposava lo sapevano tutti, e la solidarietà, assieme a molte invidie e qualche cattiveria, era una cosa tangibile.

Queste reti sociali debbono essere riproposte e rivissute, non in modalità 2.0 ma di persona, come hanno cominciato timidamente a fare in qualche condominio a Milano e non solo, istituendo una spontanea banca del tempo di mutuo aiuto, passando avanti gli abiti buoni ma piccoli dei bambini e così via.

Andare a trovare qualcuno per il piacere di farlo, anche senza preavviso, perché si passa di lì, come succedeva con mia suocera che in paese di giorno aveva la porta sempre aperta e qualcuno, passando di fretta, la apriva e lanciava un semplice saluto vocale.

O come succede tuttora, d’estate, al trullo, che per antonomasia è un luogo aperto. Salvo le ore canoniche pomeridiane nelle quali in estate nessuno si sogna di andare a disturbare nessuno, l’ospite all’improvviso è all’ordine del giorno e della sera, ci si siede e “si ragiona” (si dialoga) per un un po’.

In città tutto è un po’ più complicato, e  spesso meno spontaneo, vuoi per gli impegni di lavoro, vuoi per le distanze (una delle quali è la difficoltà di parcheggio), però, suvvia, il tempo quando si vuole si trova.

Ora che le giornate si allungano (a fine mese avremo anche l’ora legale), incontrarsi con una o più persone per un progetto comune o anche solo per il piacere di stare assieme, rinvigorisce lo spirito.

Ben vengano i Social Media intesi come Social Network perché quando la lontananza è reale, scambiarsi un’email, una foto su WhatsUp o suTelegram o parlarsi con Skype fa bene. Molti Silver surfer (vecchietti digitali) hanno imparato a usare queste tecnologie, che loro chiamano diavolerie, per tenersi in contatto con i figli che abitano altrove o, in questo modo, vedere crescere i nipoti.

Purché se ne sappia fare l’uso adeguato e non sostituiscano il contatto umano. Molti non hanno più i genitori o i nonni a cui chiedere “ma come facevate senza telefono?”.

TESSERE RELAZIONI

10 Mar

Dobbiamo iniziare a chiamare i Social Network col termine di Social Media e non solo per una questione di proprietà di linguaggio che spesso dimentichiamo nei calchi dalle parole straniere.

Social Networks, infatti, è la traduzione inglese di reti sociali, realtà che sono sempre esistite, molto prima di internet e del Web.

Rete, in senso di comunicazione, come si usa anche nel linguaggio industriale, “fare rete”, o per citare la Volpe del Piccolo principe “creare dei legami”, tessere relazioni.

Relazioni che sono sempre esistite, a cominciare dalle donne che andavano al pozzo a prendere l’acqua, come faceva “Dina, la figlia che Lia aveva partorita a Giacobbe, che uscì a vedere le ragazze del paese” (Genesi 34:1), e che ora formano le “comitive” e si incontrano nei centri commerciali o le “bande” spesso rivali dei bambini delle elementari con i nomi più fantasiosi (“Il club dei casinisti” è quella di mio nipote), fino al loro naturale scioglimento quando i ragazzini alle medie cominciano a lavarsi di più e a guardare con imbarazzo, timidezza e interesse le ragazzine, formando gruppi di coppiette a sentir loro indivisibili.

Come quando in paese quando moriva e lo si sapeva subito, prima dell’affissione dei manifesti, così come se Maria si sposava lo sapevano tutti, e la solidarietà, assieme a molte invidie e qualche cattiveria, era una cosa tangibile.

Queste reti sociali debbono essere riproposte e rivissute, non in modalità 2.0 ma di persona, come hanno cominciato timidamente a fare in qualche condominio a Milano e non solo, istituendo una spontanea banca del tempo di mutuo aiuto, passando avanti gli abiti buoni ma piccoli dei bambini e così via.

Andare a trovare qualcuno per il piacere di farlo, anche senza preavviso, perché si passa di lì, come succedeva con mia suocera che in paese di giorno aveva la porta sempre aperta e qualcuno, passando di fretta, la apriva e lanciava un semplice saluto vocale.

O come succede tuttora, d’estate, al trullo, che per antonomasia è un luogo aperto. Salvo le ore canoniche pomeridiane nelle quali in estate nessuno si sogna di andare a disturbare nessuno, l’ospite all’improvviso è all’ordine del giorno e della sera, ci si siede e “si ragiona” (si dialoga) per un un po’.

In città tutto è un po’ più complicato, e  spesso meno spontaneo, vuoi per gli impegni di lavoro, vuoi per le distanze (una delle quali è la difficoltà di parcheggio), però, suvvia, il tempo quando si vuole si trova.

Ora che le giornate si allungano (a fine mese avremo anche l’ora legale), incontrarsi con una o più persone per un progetto comune o anche solo per il piacere di stare assieme, rinvigorisce lo spirito.

Ben vengano i Social Media intesi come Social Network perché quando la lontananza è reale, scambiarsi un’email, una foto su WhatsUp o suTelegram o parlarsi con Skype fa bene. Molti Silver surfer (vecchietti digitali) hanno imparato a usare queste tecnologie, che loro chiamano diavolerie, per tenersi in contatto con i figli che abitano altrove o, in questo modo, vedere crescere i nipoti.

Purché se ne sappia fare l’uso adeguato e non sostituiscano il contatto umano. Molti non hanno più i genitori o i nonni a cui chiedere “ma come facevate senza telefono?”.

DIRITTO ALL’OBLIO

6 Feb

Un mio nipote in Germania mi manda un messaggio con allegata la fotografia di una ragazza con la didascalia “Prova a vedere chi è!”. L’ho riconosciuta subito perché era mia moglie, “qualche anno fa”, quando ci siamo conosciuti.

Non mi ha scritto chi gli ha proposto quella fotografia, ma ho pensato che le informazioni continuano a girare in modi che non ti aspetti da ben prima dei Social Netwok.