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PERDONARE È IMPEGNATIVO

19 Gen

Al CPR di Gradisca, vicino a Gorizia, un migrante ventenne è morto in seguito una rissa. In questo caso non si è trattato di sovraffollamento della struttura, piaga che assilla la gran parte delle Case circondariali italiane, in contrasto con quanto espresso dall’articolo 27 della nostra Costituzione: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.

In articolo l’Agenzia Ansa qualche giorno fa ci informa su come sono impegnati alcuni detenuti. Alcuni, perché la maggior parte sono rinchiusi ad oziare, certo senza ricevere la rieducazione prevista dalla Costituzione, e il numero dei loro suicidi, assieme a quello degli agenti della Polizia penitenziaria, è verificabile sui siti che si occupano di questa problematica, come quello di Antigone.

Gherardo Colombo nel 2013 provò ad affrontare il problema proponendo degli spunti di riflessione nel libro “Il perdono responsabile – Perché il carcere non serve a nulla”.

Accanto a perdono c’è l’aggettivo responsabile, perché la richiesta e la concessione del perdono sono atti che seguono una maturazione interiore, anche se alcuni articoli di stampa li banalizzano. Solo i bambini nella loro innocenza possono usare l’espressione “ti perdono” con leggerezza dopo una litigata.

IL SENSO DEL NATALE

20 Dic

Ha senso per il cristiano di oggi ricordare il Natale, soprattutto sapendo che il 25 dicembre non c’entra nulla, perché i Romani erano sufficientemente avveduti da non indire un censimento in inverno, ma è la sostituzione della festa del dio Sole, qualche giorno dopo l’equinozio d’inverno, e più in generale, ha senso condividere le altrui feste religiose?

Sì e no, a seconda delle circostanze, di proposito ho scritto ricordare e non celebrare. Può aver senso farlo per spiegare ai bambini piccoli cos’è, visto che con tutta probabilità ne avranno già parlato a scuola e forse imparato qualche canzoncina, un po’ come gli ebrei spiegavano e spiegano ai bambini cosa significa per loro il rito della Pasqua (Esodo 12:26-27). Ai più piccoli è bene lasciare le loro innocenti illusioni, Babbo Natale, Befana eccetera (e ai genitori l’illusione che i bambini ci credano che se ne andranno di qua a qualche anno, con i più grandi in famiglia si può cominciare a spiegare che non ha nessuna importanza sapere il giorno esatto, magari evidenziando il controsenso del censimento d’inverno, perché d’inverno anche in Palestina fa freddo, ma la cosa importante è che Gesù sia venuto al mondo e perché è venuto, magari leggendo assieme le narrazioni che ne fanno Luca e Matteo, suscitando le loro domande.

Possiamo cogliere l’occasione per parlarne, a seconda delle convenienze sociali, con i nostri amici e colleghi, ovviamente nel rispetto delle altrui opinioni, e far notare che il 25 dicembre non è una data fissa perché i milanesi, che seguono il rito ambrosiano, e i cristiani ortodossi lo celebrano in altra data, e pure a loro far notare che la data non è importante.

Il natale ormai è una festa essenzialmente consumistica, ed è anche su questo aspetto che possiamo e dobbiamo dire la nostra, con convinzione ed evitando la retorica.

Riscontro una ipocrisia o almeno incoerenza in quei cristiani che dicono di non credere al Natale, non lo celebrano, però il 25 dicembre telefonano per fare gli auguri. Io preferisco un neutro “buone feste”, che copre il periodo dal 25 dicembre a capodanno, perché non so se ci crede chi riceve il mio augurio.

Certo, non parteciperò alle processioni e agli eventi squisitamente religiosi presenti specialmente nei paesi e nelle piccole città, ma parteciperò alla cerimonia di matrimonio di amici cattolici o ebrei, pur dissociandomi nelle parti essenziali dei loro riti. Anche questo è rispetto per le convinzioni (o presunte tali) altrui.

Non possiamo estraniarci dalla realtà, senza passare per asociali, anche perché da fine novembre al 6 gennaio siamo, soprattutto nelle città e dai media, avvolti in una full immersion di stucchevole pubblicità e di insistenti inviti dalle Onlus a essere più buoni. Io cestino senza aprirle tutte le email di richiesta fondi che ricevo sotto natale nella convinzione che o si è buoni tutto l’anno o è un buonismo di facciata.

Nello stesso tempo in nel quale la Chiesa cattolica celebra il Natale gli ebrei dal 18 al 25 dicembre, festeggiano hanno la “festa delle luci” (hanukkah), o festa della dedicazione, in ricordo della ridedicazione del Tempio, ricordata in Giovanni 10:22, questa sì avvenuta d’inverno (il 25 dicembre). Non la si trova nelle bibbie evangeliche ma in fonti ebraiche extra bibliche tra le quali 1° Maccabei 4:36-61 (per inciso il Concilio di Trento, quello della controriforma ha inserito 1° e 2° Maccabei tra i libri dueterocanonici, quei sette testi scritti in lingua greca che non appartengono al canone ebraico ma si trovano, assieme ad altri sette, in alcuni manoscritti della LXX, che noi chiamiamo apocrifi, e agli ebrei è vietato leggerli).

Quanto ai simboli, il presepe, con tutto rispetto per Francesco d’Assisi che fu il primo a proporlo lo escludo, per insegnare anche ai bambini che la fede non ha bisogno di segni tangibili, come chiese l’apostolo Tommaso.

L’albero di natale è un simbolo di origine pagana, che niente ha a che fare con la festività, e può essere usato per ornare la casa come elemento estraneo alla natività ma legato al periodo festivo (in un ospedale nel periodo pasquale ho visto un bell’albero di Pasqua, composto da una pianticella con delle uova appese ai rami).

Ben fanno questa volta gli americani e i canadesi che hanno spostato il valore religioso della festa al Ringraziamento (Thanksgiving, in inglese, festa in cui la famiglia si riunisce, e al natale riconoscono solo l’aspetto commerciale). Non dimentichiamo che il Babbo Natale vestito di rosso che conosciamo oggi è un prodotto della Coca Cola.

Di sicuro è triste, molto triste, riscontrare che ogni anno il natale continua a essere ostaggio di quelle “guerre di religione” politiche tra i due schieramenti natale sì contro natale no, presepe sì contro presepe no, fino ad arrivare al bambinello nero nelle scuole fino ad arrivare a quel dirigente scolastico che anni fa vietò la distribuzione di biglietti gratuiti al luna park ai bambini di una scuola primaria perché non consono con gli obiettivi della scuola.

DUE DATTERI E UN SORRISO

5 Dic

Un paio di anni fa sotto le feste eravamo in fila per comperare dei datteri e stavamo valutando tra noi quali scegliere.

Il signore prima di noi si girò e ci consigliò: “Comperate quelli, che sono migliori” poi, finito il suo acquisto, aprì la sua confezione e ce ne offrì.

Io sono mussulmano” ci disse “e non festeggio il Natale, per noi offrire i datteri è comunque segno di amicizia”.

Apprezzammo questo suo gesto spontaneo di condivisione e imparammo qualcosa.

Per quelli che strenuamente difendono “i nostri” valori, spesso senza sapere quali in realtà siano.

AMALIA

22 Nov

Nome proprio, f. s.

Per fare chiarezza non ha alcun riferimento con l’amore, ma deriva da un termine germanico che significa “perseverante sul lavoro”. Chissà quanti neogenitori avranno confuso. Una mia compagna delle medie si chiamava Amorina, che è tutta un’altra storia.

Lo cito nella la mia onomastica perché Amalia, scritto su un badge giallo, è il nome di una sportellista delle Poste di una gentilezza unica con la quale mi capita di interfacciarmi spesso.

Una cosa infatti è la burocrazia dei vari uffici pubblici o privati con cui abbiamo a che fare, un’altra sono le persone che volta per volta li rappresentano e che non smettono il loro modo di essere neanche vestendo una divisa (o in questo caso un badge). Tra queste c’è la signora Amalia.

EDUK

28 Apr

Eduk era un mio amico – al passato solo perché ci si è persi di vista – di famiglia agiata studiava medicina. Nero, all’epoca non di usava l’eufemismo “di colore”. Si vestiva come voleva, qualche volta con una delle sue tuniche perché, diceva, “se hanno sa dire lo fanno perché sono nero, quindi, senza disturbare nessuno, vivo a mio a agio”. Parlava italiano. Una volta ci trovammo ad una conferenza, erano i tempi in cui non si parlava di Unione Europea ma ancora di Comunità economica europea. A udire l’oratore parlare con insistenza di Europa, garbatamente chiese la parola, si alzò e disse “Se lei continua a parlare di Europa, io comincio a parlare di Africa, concetti quanto mai vaghi”.

L’Africa è il terzo continente del pianeta quanto a superfice ed è composto da 54 nazioni, tra le quali il Brukina Faso, considerato il Paese più povero della terra.

Parlare tout court di africani, come è successo nella tempesta riguardo il Trieste Running Festival, può essere dunque impegnativo.

Un’estate a Otranto, il punto italiano più vicino alla costa albanese, vidi un’automobile con il distintivo ovale IS, Islanda. Non pensai a quanti chilometri avevano fatto, ma a quanto differente potesse essere un islandese da me.

Proprio come il concetto astratto di Africa e africani richiamato da Eduk.

BUON NATALE

23 Dic

Buon Natale a chi passa di qua.

Buon Natale a chi, in buona o mala fede, ha alimentato le solite polemiche: Natale sì, Natale no, presepe sì, presepe no, strumentalizzando il Natale per scopi che con esso nulla hanno a che fare con esso.

Buon Natale a chi è convinto di essere l’unico depositario della Verità, dimenticando che lo Spirito invece soffia dove vuole.

Buon Natale a chi si riconosce nello spirito del giubileo. Non quello istituito da Bonifacio VIII ma quello biblico (Levitico 25), lo scopo del quale era insegnare che tutto, ma proprio tutto, ci è dato in prestito.

Buon Natale a chi riesce a stupirsi e farsi domande solo all’apparenza inutili. Salomone, al quale fu ordinato di costruire il Tempio di Gerusalemme, si chiese come fosse possibile che Dio sia confinato in quattro mura. A differenza di altri non fu punito per il suo dubbio, perché seppe guardare oltre le apparenze.

Buone feste ai nostri vicini, siano essi ebrei o musulmani, che hanno le loro rispettive feste in questo periodo e, ovviamente, anche agli altri.

Buone feste a chi non crede, perché la fede è un dono e come tale può non essere accettato, non si può aver fede per decreto. Credere – aver fede – è uno di quei verbi come amare e sentire, che non sono retti dal verbo dovere.

Buon Natale, o buone feste, a coloro che presiedono i servizi essenziali e alle persone che lavoreranno a causa dell’avidità dei loro datori di lavoro.

BuonNatale, o buone feste, a coloro che si sono trovati sbattuti in Italia dalle onde del mare, novelli, Enea, perché sfuggono da una guerra o da un Paese ostile.

Buon Natale, o buone feste, a chi non si è trovato in questa lista di persone che per sua natura è aperta, ma poiché siamo sette milioni, più di qualcuno può essere sfuggito.

FA QUELLO CHE TI PARE

17 Dic

(Pensiero prenatalizio)

Sabato sera mi son trovato di nuovo a spiegare a un romano un detto romanesco: “A una spanna da me fa quello che te pare”, che rammenta il più comune “vivi e lascia vivere” al quale fa compagnia.

Tutti e due sono l’elogio dell’intolleranza. Già il termine tolleranza denota un atteggiamento negativo, di sopportazione di qualcuno o qualcosa che non si può evitare, cosa diversa invece è la convivenza, anche senza condivisione delle idee ma nel rispetto reciproco.

Quando, dopo la morte di Abele l’Eterno chiese: “Caino, dov’è Abele, tuo fratello?”, questi rispose: “Non lo so. Sono forse io custode di mio fratello?”. Lasciatemi pensare che, se il momento non avesse richiesto una risposta più dura, l’Eterno avrebbe ribattuto, “Sì che lo sei, perché io ho affidato te a lui e lui a te!”.

Mi piace notare come il termine prossimo, quello della parabola del buon samaritano, nelle traduzioni in inglese è reso con neighbour che vuol dire anche vicino di casa, quello o quelli con cui spesso litighiamo nelle riunioni di condominio o non salutiamo per le scale.

Non perché “a Natale siamo tutti più buoni” – lo si può fare con più calma anche a gennaio – proviamo a cambiare atteggiamento verso il nostro vicino, scambiando due parole sul pianerottolo o invitandolo “da noi” per un te o per una partita a carte in una domenica pomeriggio piovosa. Magari, chissà, troveremo una persona totalmente diversa di cui conoscevamo solo i nostri pregiudizi.

Φιλία

14 Dic

Siamo amici?” Così i bambini si invitano reciprocamente al parco, non sapendo di esprimere uno dei più complessi concetti del mondo  degli adulti.

PUNTI DI VISTA

3 Dic

Il rispetto dei punti di vista e delle opinioni altrui è un elemento essenziale della comunicazione.

Se dico Giuda a chi pensate? Bene, ora domandatelo ad un ebreo, per il quale Giuda è un nome al pari di Mosè, Aronne o Giosuè (Yoshua, come Gesù).

LA CARA VECCHIA NETIQUETTE

27 Set

Mi rifaccio a quanti su Twitter e altri Social Media insultano con termini volgari e che nulla hanno a che vedere con i temi de twitt in particolare le donne. Gli esempi eclatanti sono diventati gli insulti contro Laura Boldrini e Maria Elena Boschi. Si può non essere d’accordo con operato di questa e o di quella, dissentire fa parte di quel privilegio chiamato democrazia. Altra cosa è l’offesa verso la persona. Ho citato due donne ma le offese, gratuite, pesanti e fuori contesto, vengono rivolte anche agli uomini.

Molte persone, e purtroppo questo succede anche per gli adescamenti delle e dei minori per scopi per nulla leciti, hanno una doppia morale. Quella in “giacca e cravatta” della vita fisica e quella “da tastiera”, dei dottor Jekyll e Mister Hide che dimenticano di essere la stessa persona anche se a tutela della propria privacy usano un nickname. Come quelle persone che iniziano il discorso dicendo “Sinceramente parlando…” e che dovrebbero essere interrotte domandando loro “Scusa, di solito come parli?”.

Così come stanno andando in disuso termini come “nuove tecnologie” e “nativi digitali”, bisogna far capire che non esiste una “vita virtuale” ma “da tastiera”, perché  persona che interagisce con una o più altre è la stessa.

I Social Media non sono degli sfogatoi nei quali esprimere gli istinti e i sentimenti più bassi, ma delle agorà virtuali in cui esprimere e condividere le idee che possono essere rese pubbliche, tenuto debito conto dei pericoli della Rete.

Emarginando e bloccando i i violenti verbali si va sicuramente verso un mondo, anche virtuale, più pulito e di dialogo, rispettoso delle opinioni altrui. Lo si può fare privatamente senza aspettare che i responsabili o la Polizia postale intervengano nei casi estremi.

Se una persona è isolata o non trova riscontri, può twittare finché vuole, ma finirà di farlo solo per se stessa.

Insomma, la cara vecchia Netiquette, sulla quale ogni tanto è il caso di portare l’attenzione.