Archivio | dicembre, 2016

(RI)LEGGERE

31 Dic

Cominciamo il 2017 con la lettura dei vangeli. Solo i vangeli, fino al l’ascensione di Gesù nel capitolo 1 degli Atti degli Apostoli.

Non per sminuire il resto del Nuovo Testamento (Atti degli apostoli, lettere e Apocalisse), ma per riflettere su quello che è stato l’insegnamento di Gesù, sia pure mediato dalle scelte redazionali dai quattro evangelisti, prima dell’inizio della chiesa (e dei suoi primi problemi), e senza l’apporto culturale dell’apostolo Paolo che ha condizionato molto il cristianesimo al di fuori della Palestina.

Marco, il primo in ordine di tempo, ridotto all’essenziale, scrive per i non ebrei e tralascia tutti i riferimenti alla nascita perché vede in Gesù il servo dell’uomo profetizzato da Isaia nel capitolo 53. Pochi richiami all’Antico Testamento che i non ebrei non conoscevano.

Matteo, con i suoi frequenti richiami all’Antico Testamento, che non sono una ricerca di sicurezza ma la conferma del verificarsi delle profezie, si rivolge agli ebrei.

Luca, discepolo della seconda generazione, cioè non testimone diretto di Gesù, scrive quando cominciavano già a diffondersi racconti fantastici ma lontani dalla realtà. Dice di essersi a informato prima di scrivere un racconto ordinato a un Teofilo, che chiama eccellentissimo e che potrebbe essere chiunque sia “amico di Dio”, dal significato del nome in greco.

Giovanni, scrive per ultimo, nel 90 – 100 d. C., tralascia molte cose già scritte dagli altri, la stessa ultima cena e, ricalcando il prologo della Genesi “In principio Dio creò…”, ci fa vedere Gesù in un modo più spirituale.

Questi sono i vangeli tramandati dalla prima chiesa. Scritti in greco koinè, che più del latino era la lingua franca dell’Impero Romano, come l’inglese nel mondo del ventunesimo secolo.

Per il nuovo testamento non esiste un canone fissato da un’autorità come è stato per l’Antico Testamento a Jalma, in Palestina. Esistono, come ci informa Luca nel suo prologo, altri scritti del primo secolo riguardo la vita di Gesù, alcuni dei quali totalmente fantasiosi, un po’ come certa carta patinata di oggi.

Iniziare l’anno rileggendo, o per qualcuno leggendo per la prima volta i vangeli che conosce per averne sentito parlare o perché fanno parte della nostra cultura anche laica, pensiamo per esempio alla sfida di Gesù “Chi è senza peccato scagli la prima pietra” o al “Date a Cesare quel che è di Cesare”, citato spesso dimenticando il “Date a Dio quel che è di Dio”.

Una (ri)lettura che da una parte deve tener conto del fatto che i testi sono stati scritti nel linguaggio del tempo, diverso dal nostro, dall’altra deve essere fatta senza le nostre prevenzioni culturali, sapendo leggere i testi per portarli nella nostra realtà, riflettendo su quelli che sono gli insegnamenti di Gesù, che dice di non essere venuto per abolire la Legge di Mosè, ma per completarla ridonandole quell’aspetto spirituale secondo il quale l’uomo non è fatto per il sabato ma il sabato per l’uomo.

Leggerli per conto proprio, senza alcuna mediazione, perché sono testi alla portata di tutti, e per non ricadere nell’errore degli ebrei che avevano affidato l’interpretazione agli scribi e ai farisei. 

Rileggerli per scoprire, un’altra volta, cose nuove o forse solo dimenticate.

Buon anno!

UNA TERRA DUE NAZIONI!?

29 Dic

(Scritto tempo fa, ma sempre attuale. Forzatamente lacunoso per il continuo evolversi delle cose).

Questa è la traduzione in inglese del testo della canzone in ebraico שירת הסטיקר – The stickers song.
È una canzone di protesta composta dallo scrittore di sinistra David Grossman, basata su testi di slogan politici, sociali e religiosi che l’autore ha visto a Gerusalemme. Molti di essi sono famosi e sono stati riprodotti in forma di adesivi sulle automobili.
(This protest song was written by the leftist Israeli writer David Grossman, and it’s basically comprised of various political, social and religious slogans that Grossman saw on the streets of Jerusalem. Most of them are widely known and appear in the form of stickers).

“Entire generation demands peace”1
“Let IDF win”
“Strong people make peace”
“Let IDF smash”
“No peace with Arabs”
“Don’t give them guns”2
“Combat units are the best, bro”
“All recruited, all exempt”3
“There is no despair in the world”4
“Yesha it’s here”5
“Na Nach Nachma Nachman Meuman”6
“No Arabs, no terrorist attacks”
“Bagatz puts Jews in danger”7
“The people are with Golan Heights”
“The people are with transfer”
“The driving test in Yarka”8
“Friend, you are missed”9
“Almighty, we choose you”
“Direct elections are bad”10
“Almighty, we are jealous for you”
“Death to the jealous”11
Refrain:
“How much evil can one swallow?”12
“Father, have mercy, Father, have mercy”
“My name is Nachman and I stut-stutter”
“How much evil can one swallow?”
“Father, have mercy, Father, have mercy”
“My name is Nachman and I stut-stutter”
“Halachic state – the state is gone”13
“The born ones are in luck”14
“Long live the King Messiah”15
“I have trust in Sharon’s peace”
“Hebron – now and forever”
The unborn ones missed out
Hebron is the “City of Ancestors”
Shalom transfer16
“Kahane was right”17
CNN lies
We need a strong leader
“Good job with the peace, thanks for the security”18
“We have no children for needless wars”
“Oslo criminals to the trial”19
We’re here, they’re there
“We don’t abandon our brothers”
“Uprooting of settlements divides the nation”
“Death to traitors”
“Let animals live”20
“Death of values”21.
Refrain:
“How much evil can one swallow”
“Father, have mercy, Father, have mercy”
“My name is Nachman and I stut-stutter”
“How much evil can one swallow”
“Father, have mercy, Father, have mercy”
“My name is Nachman and I stut-stutter”
Kill, destroy, oust, exile,
Exterminate, extradite, death penalty, no fear22
Obliterate, annihilate, crush, eradicate
Everything because of you, friend
• 1. Social-political movement established after the murder of Israeli PM Itzhak Rabin.
• 2. A pacifist poem by Nathan Alterman, 1934, inspired by WWI, especially by the use of chemical weapon.
• 3. Demand of equal conscription to the IDF. Religious (especially orthodox) Jews are exempted from mandatory military service, which is one of the major tension points in Israeli society.
• 4. A quote of rabbi Nachman from Uman.
• 5. Yesha is an acronym for Council of Jewish Settlements in Judea, Samaria and Gaza.
• 6. A kabbalistic formula based on the four Hebrew letters of the name Nachman, referring to the founder of the Breslov movement, rabbi Nachman from Uman.
• 7. Bagatz is an acronym for Supreme Court of Justice. Often accused by the right-wing for being “anti-Israeli”
• 8. Yarka is a Druze village in the North of Israel. A popular place for driving tests, probably because it’s open on Sabbath.
• 9. Referring to the late Yitzhak Rabin.
• 10. In Hebrew “choose” and “elect” are the same word. Hence the world play.
• 11. In Hebrew “zealot, fanatic” and “jealous” are the same word. So this can also be read as “death to fanatics”.
• 12. A sticker referring to the force feeding of ducks to produce foie gras.
• 13. Halakha is the Jewish religious law.
• 14. The motto of Israeli band Fools of Prophecy.
• 15. King Messiah is the title given to Lubavitcher Rebbe by followers of Hasidic movement of Chabad messianism.
• 16. The word “shalom” can mean “hello”, “goodbye” or “peace”. This line may be a referral to the slogan “Only transfer will bring peace” or may be an open interpretation paraphrase.
• 17. Rabbi Meir Kahane’s extreme nationalist views had a lot of influence on modern right-wing.
• 18. A parody on Ariel Sharon’s election speeches, which were saturated with the words “peace” and “security”.
• 19. Referral to the 1993 agreement signed in Oslo by Rabin’s administration with the PLO.
• 20. Israeli non-profit for animal rights.
• 21. Internet users claim that on a highway to Jerusalem used to be a graffiti slogan “Death to Arabs”, which was later changed into “death of values” (they’re written almost similarly in Hebrew)
• 22. “No fear, the messiah is in town”

Si sa molto, ma ancora molto poco soprattutto tra le nuove generazioni, dello sterminio di civili perpetrato dai tedeschi durante la seconda guerra mondiale che ha provocato sei milioni di vittime, principalmente di religione ebraica a seguito delle leggi razziali, e che gli ebrei chiamano Shoah ma che ha riguardato altre minoranze “scomode”, tra cui i malati di mente, gli zingari, i testimoni di Geova, gli omosessuali. Per questo è più opportuno usare il termine generico ma ormai consolidato di olocausto (che in ebraico ha un altro significato).
Il personaggio simbolo almeno per i ragazzi delle nostre scuole medie è Anna Frank e il suo celebre diario, interrotto a pochi giorni dall’uccisione della ragazza, nelle cui ultime pagine Anna scrisse “È un gran miracolo che io non abbia rinunciato a tutte le mie speranze perché esse sembrano assurde e inattuabili. Le conservo ancora, nonostante tutto, perché continuo a credere nell’intima bontà dell’uomo”.

Con la legge 211 del 20 luglio 2000 il governo italiano ha istituito il “Giorno della memoria” da celebrare ogni anno il 17 febbraio, giorno di apertura dei cancelli di Auschwitz. Molte voci hanno fatto notare che “non si ricorda per decreto” tra queste la nota giornalista Elena Loewental ebrea nel libro “Contro il giorno della memoria” del 2014.
Il mese scorso (maggio 2015) la provincia di Trieste ha organizzato il convegno “Passaggi di memoria. La trasmissione generazionale del trauma”, che verteva appunto sul come ricordare, trasmettere o voler dimenticare ciò che l’Olocausto è stato.

Poi si sono succeduti altre guerre e altri crimini di guerra, più o meno noti e più o meno dichiarati o pubblicizzati dall’informazione. Di certo siamo passati attraverso un Vietnam, una guerra nei Balcani che ha visto il suo apice nell’assedio di Sarajevo, in Bosnia e Erzegovina, due guerre del Golfo di cui non si vede la fine, le varie primavere arabe che hanno avuto poco successo fino all’attuale crisi ucraina e la minaccia dell’Isis che torna a sparigliare le carte nel Nord Africa e non solo.

Nel novembre 1989 l’Europa tirò un illusorio sospiro di pace con la caduta del muro di Berlino. Illusorio perché di muri, o di cavalli di Frisia, ne sono stati elevati altri, oltre quelli che riusciamo a costruire tra noi stessi e altre persone Per citarne alcuni, quello tra Gibilterra e il Marocco, tra gli Stati Uniti e il Messico tra Israele e la striscia di Gaza.

Israele ha una storia lunga e breve nel contempo. L’Israele biblico, promesso a Abramo e realizzatosi prima con la presa di coscienza degli ebrei di essere un popolo, in fuga dall’Egitto guidati da Mosè, e arrivati in Canan, l’odierna Palestina, sotto la guida di Giosuè. Terminò (e dal punto di vista cristiano aveva terminato la sua funzione profetica alla morte di Gesù di Nazareth) con la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 dopo Cristo, con la presa di Masada nel 73, e per ultimo nel 135 in cui i Romani per essere chiari cambiarono il nome di Gerusalemme in Ælia Capitolina.

La storia poi continua con la dominazione musulmana, le crociate e altri avvenimenti che non riguardano più il popolo di di Israele, ormai nella diaspora, dispersione, che tra gli altri eventi ha visto gli ebrei, popolo non più nazione, sottoposti all’Inquisizione, chiusi in ghetti fino alla colonizzazione inglese della Palestina e, finalmente, con la Risoluzione Onu n. 181del 1947 che stabilì di dividere il territorio in due stati.

Il 1° maggio 1948 è sorto il nuovo stato di Israele, che si differenzia molto da quello biblico. Il resto è storia moderna che si può trovare facilmente in internet e della quale, tra gli altri, scrive spesso David Grossman.

Nei suoi numerosi articoli e conferenze, tenute spesso anche in Italia, Grossman dichiara apertamente che l’idea “una terra due nazioni” voluta dall’Onu è si è rivelata un fallimento.

La sua onestà intellettuale si apprezza già in due dei suoi libri dai titoli significativi, “Con gli occhi del nemico” in cui guarda le ostilità tra i due popoli immedesimandosi nell’altra parte, e “La guerra che non si può vincere”, in cui denuncia l’uccisione di un bambino di dodici anni da parte dell’esercito israeliano, pratica molto frequente nella striscia di Gaza.
Il nuovo ministro israeliano della Giustizia Ayelet Shaked ha apertamente dichiarato che la Palestina non deve esistere e l’anno scorso su Facebook il suo partito identificò l’intera popolazione palestinese come “il nemico” e fondamentalmente fece appello per il suo sterminio.

L’Israele moderno è molto lontano dalle ripetute raccomandazioni dell’Antico Testamento sull’ospitalità, “Amerai il prossimo tuo come te stesso”.

La storia è piena di contraddizioni. Dagli indigeni d’America, quelli che erroneamente chiamiamo indiani, cacciati da casa loro e confinati in “riserve”, ai curdi, di cui qualcuno sì è ricordato quest’anno traendo la conclusione che se esistono i curdi dovrebbe esister un Kurdistan, fino alle celebrazioni del centenario della Grande Guerra quando, invece, si dovrebbe celebrare la pace.

Tiziano Terzani, il giornalista che è stato nelle zone calde del mondo, fatte di droga, prostituzione, tratta dei minori e guerra, nel libro “Lettere contro la guerra” che arriva all’11 settembre 2001 spiega che usa il singolare perché la guerra è una, quella contro l’umanità.

http://www.richardsilverstein.com/2004/08/16/david-grossmans/
http://www.huffingtonpost.it/2015/03/09/israele-salta-il-premio-per-la-letteratura_n_6831924.html

DISSERVIZI

29 Dic

La cartolina AR della raccomandata spedita il 1° dicembre e consegnata il 7 in provincia di Brindisi mi è stata recapitata ieri.

Resto, come si suol dire “in cortese attesa”, della nota di un accredito ricevuto il 14 dicembre e di una lettera, non raccomandata, spedita da un istituto pubblico il 21 dicembre da Trieste a Trieste, 2,5 km, 31 minuti a piedi secondo Google Maps.

Chissà che nel “decreto milleproroghe” non ci sia anche l’apertura ai privati dei servizi postali alternativi, considerato che, a guardare il sito www.poste.it i servizi postali, che dovrebbero essere il core business dell’azienda sono al terzo posto dopo i finanziari e gli assicurativi.

A PROPOSITO DELLA CANCELLAZIONE DELLA PALESTINA

29 Dic

Palestina

Israele ha una storia lunga e nel contempo breve. L’Israele biblico, promesso a Abramo e realizzatosi prima con la presa di coscienza degli ebrei di essere un popolo, in fuga dall’Egitto guidati da Mosè, e arrivati in Canan, l’odierna Palestina, sotto la guida di Giosuè. Terminò (e dal punto di vista cristiano aveva terminato la sua funzione profetica alla morte di Gesù di Nazareth) con la distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d. C., con la presa di Masada nel 73, e per ultimo nel 135 quando i Romani, per essere chiari, cambiarono il nome di Gerusalemme in Ælia Capitolina.

La storia poi continua con la dominazione musulmana, le crociate e altri avvenimenti che non riguardano più il popolo di di Israele, ormai nella diaspora, che vuol dire dispersione, che tra gli altri eventi ha visto gli ebrei, popolo non più nazione, sottoposti assieme ad altri all’Inquisizione, chiusi in ghetti,  allo sterminio nazista, che loro chiamano Shoa, alla colonizzazione inglese della Palestina e, finalmente, con la Risoluzione Onu n. 181 del 1947 che stabilì  di dividere il territorio in due stati.

Il 1° maggio 1948 è sorto il nuovo stato di Israele, che si differenzia molto da quello biblico.

Il resto è storia moderna che si può trovare facilmente in internet e della quale, tra gli altri, scrivono spesso, con obiettività, gli scrittori ebrei David Grossman e Amos Oz.

In italiano chiamiamo israeliti i componenti dell’Israele biblico, israeliani i cittadini dell’Israele moderno che, a differenza del primo, non sono tutti ebrei.

Abbiamo visto troppe volte sterminare popoli, pensiamo agli atzechi e ai maya o anche solo cancellare i loro nomi dalle carte e dalle realtà geografiche, pensiamo agli nativi d’America o, più vicini a noi, agli armeni, per accettare che ciò sia fatto di nuovo, in nome di un’ideologia.

A COME ALTAMURA, B COME BETLEMME

27 Dic

panedialtamura

Forse un gesto scontato nella parte ricca del mondo del ventunesimo secolo è quello di comperare il pane al forno ma ormai molto più spesso al supermercato come un genere alimentare tra gli altri. Poniamo attenzione, almeno chi lo sa fare, ai diversi vini da accompagnare alle pietanze senza pensare che dovremmo farlo anche con i diversi tipi di pane.

Ormai conosciamo poco il pane, al più, se siamo per strada di mattina presto prima del caos urbano, possiamo sentirne l’odore che esce dai forni a serranda ancora abbassata, senza pensare a quanti lavorano per farcelo trovare bello caldo e fragrante. Fare il pane, nella civiltà contadina, era una cosa comune, come rassettare la casa e cucinare. Lo si faceva una volta alla settimana perché a differenza di oggi il pane durava più giorni.

Dalla scelta della farina, e ancor prima dalla raccolta del grano, fino alla cottura in forno sono  tutti passaggi pregni di significati che pian piano si sono persi.

Qualcuno ricorderà i versi della Spigolatrice di Sarpi di Luigi Mercantini, per averli studiati a scuola. Gli insegnanti ponevano l’enfasi su quei trecento che erano giovani e sono morti senza preoccuparsi troppo della donna.

Spigolare è ciò che facevano i poveri, dai tempi antichi fino a settanta/ottanta anni or sono, andando nei campi a raccogliere le spighe rimaste a terra dopo la trebbiatura. Era un atto di umiltà perché bisognava chiedere e ottenere il permesso per fare una cosa semplice come raccogliere degli scarti. Gli spigolatori del duemila sono coloro che vanno a recuperare gli ortaggi nei cassonetti vicini ai supermercati e non solo.

Una spigolatrice famosa è Ruth, originaria di Betlemme, nella linea genealogica di Gesù, la cui storia possiamo leggere nel libro della Bibbia che porta il suo nome e in cui viene raccontato come un suo lontano parente al quale era piaciuta, la favorì in questo lavoro ordinando ai suoi servi di lasciare delle spighe in abbondanza quando passava lei a raccoglierle.

È forse in ricordo di Ruth, anche se la motivazione si era persa, che settanta/ottanta anni  or sono nel primo anno di matrimonio le nuore usavano portare in dono alle suocere la vaccaredda, in segno sia di affetto sia di riconoscimento della sua autorità. Cose di altri tempi. La vaccaredda si portava anche al genitore rimasto vedovo, e si intendeva con questo gesto ripagare la mamma o il papà del latte che avevano donato alla figlia quando era piccola, durante l’allattamento. Scopriamo così l’arcano di questa forma strana che ricorda di mammelle e il gesto di riconoscenza verso i genitori che perdurava fino alla loro morte.

Di pane ci parla Dante Alighieri nel canto decimosettimo del Paradiso,

«. . . Tu lascerai ogne cosa diletta
più caramente; e questo è quello strale
che l’arco de lo essilio pria saetta.
Tu proverai sì come sa di sale
lo pane altrui, e come è duro calle
lo scendere e ‘l salir per l’altrui scale…»

perché per tradizione a Firenze il pane era ed tuttora è insipido.

Di pane ha scritto Ignazio Silone nei suoi romanzi Pane e vino e Il seme sotto la neve, rchiamandosi alla frase di Gesù “Se il seme non muore non può dar frutto”.

Il pane è presente nella nostra cultura nelle espressioni, ora un po’ in disuso “Portare il pane a casa”, procacciare il sostentamento per la famiglia con l’onesto lavoro, “lavorare per un tozzo di pane“, quando la paga è miserrima, e altre. 

Ha sempre avuto un significato simbolico, come il richiamo alla pazienza nel tempo necessario alla lievitazione. Le nonne del dopoguerra dicevano che il pane non si butta. In termini moderni si ricicla, come pane grattugiato, ingrediente delle polpette dei poveri, gli gnocchi di pane triestini e i canederli altoatesini, l’acqua e sale pugliese e, bagnato nell’acqua, cibo per gli animali da cortile

Spezzare il pane” è un altro gesto perduto, vuoi perché lo si affetta vuoi perché molti tipi di pane sono a consumo personale, ma in tempi andati aveva una valenza molto forte. Uno stare assieme, un essere parte di uno stesso corpo. Veniva generalmente spezzato dal capofamiglia, quando il desco era un momento di unione, prima dell’unione della comunità contadina più allargata nell’aia. Poi, sappiamo arrivò la televisione che unì le persone ma non più tra di loro.

È stato spezzato da Gesù e distribuito ai suoi, assieme al vino passato nell’unico calice, a simboleggiare il suo corpo e il suo sangue. Simboleggiare, perché come leggiamo in Giovanni 6 (il vangelo che non riporta l’ultima cena) gli ebrei l’avevano inteso in senso letterale e erano contrari al cannibalismo. 

Uno dei pani più famosi in Italia è quello il pane di  Altamura, in Puglia (non il pane tipo Altamura dei supermecati), atto ad essere conservato e spezzato a tavola. Pochi però sanno che il nome di Betlemme, la città di Davide e della nascita di Gesù che abbiamo ricordato tre giorni or sono, vuol dire “Casa di pane” in ebraico  בֵּיִת לֶחֶם, [Beit Leḥem].

Certo, si vive anche senza queste informazioni, ma farle proprie aiuta a rendere più coesa la famiglia più di tanti manuali.

NATALE 2016

25 Dic

ogginella

Il Natale è un ricordo. Far vivere in noi l’insegnamento di Cristo è l’impegno quotidiano del credente.

“VOI DIRETE LORO…”

24 Dic

Dicevamo… ognuno dovrebbe sapere che Gesù era un ebreo e come tale ha vissuto, ridando però alla Torah quel senso che gli scribi e i farisei e di conseguenza tutto il popolo avevano smarrito, e che il cristianesimo è iniziato con la sua morte.

Il natale ormai ha due significati, quello commerciale dal quale siamo bombardati dalla pubblicità e musica nelle strade e quello religioso, il Natale, osservato da molti credenti (che poi gli ortodossi e i cattolici di rito ambrosiano lo celebrino in altre date è irrilevante).

Molti, soprattutto quest’anno che la vigilia è di sabato, si riuniranno alle loro famiglie per festeggiare il natale o il Natale, come dicevo, comunque una rimpatriata e un’occasione per condividere dei giorni con i propri affetti.

Da qui il detto “Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi”. In realtà dovremmo celebrare con i nostri affetti soprattutto la Pasqua, perché senza resurrezione la nascita di Gesù non avrebbe avuto senso.

Un insegnamento che possiamo ricevere dagli ebrei è il loro modo di celebrare la Pasqua (la Pasqua ebraica ricorda l’esodo e la conquista libertà del popolo da parte del popolo ebraico, quella cristiana la risurrezione e la vittoria di Cristo sul peccato) e il dovere di spiegarlo ai piccoli, per non fare che in loro rimanga solo l’aspetto commerciale e l’apertura dei regali.

In Esodo, al capitolo 12, troviamo descritta nei dettagli l’istituzione della Pasqua con la raccomandazione

“Voi osserverete questo comando come un rito fissato per te e per i tuoi figli per sempre. Quando poi sarete entrati nel paese che il Signore vi darà, come ha promesso, osserverete questo rito. Allora i vostri figli vi chiederanno: Che significa questo memoriale? Voi direte loro: E` il sacrificio della pasqua per il Signore, il quale è passato oltre le case degli Israeliti in Egitto, quando colpì l’Egitto e salvò le nostre case”.

 

CULTURE DIVERSE :-)

22 Dic

Si parla spesso di culture, integrazione e accettazione dell’altro.

Succede anche durante le feste, con il loro “simbolo laico” piú famoso, il panettone.

In famiglia c’è chi come me lo vuole classico, chi senza i canditi, chi senza le uvette, chi con le gocce di cioccolato, insomma la versione natalizia di “questa casa non è un ristorante!”

Poi succede che la squadra sportiva del nipote gli regala un panettone classico e il gioco è fatto, toccherà a me sacrificarmi, perché non il cibo si butta!

ABBRACCI E BACI

21 Dic

In questi giorni di prefestività ci si trova spesso a scambiarsi gli auguri, con amici, conoscenti o con coloro che ricoprono cariche istituzionali.

Come sapete io ho la barba (ne ho fatto il mio personal branding) e nei saluti le persone con la barba debbono stare attente.

Quando faccio gli auguri aspetto che sia l’altra persona a darmi un bacio perché potrebbe non gradire il contatto pungente di una barba.

Mi son trovato a ricevere un bacio da signore dalle quali non me l’aspettavo, ma la sorpresa più grande fu quando lo ricevetti  da una suora che andai a salutare portandole un piccolo regalo in occasione del suo compleanno.

Meraviglia delle cose che non ti aspetti!

BERLINO, NATALE 2016

20 Dic

Ieri è stata un’altra giornata nera per l’attuale storia dell’umanità

Oggi leggeremo pagine e pagine di resoconti fino all’ultimo particolare e vedremo fotografie e filmati fino all’ultimo fotogramma, numeri diversi tra una fonte e l’altra, parole già udite o lette in altre occasioni.

  • Tolleranza zero

  • Mai più

  • Raptus

  • Pray for

  • Stranieri

Rimanendo solo sull’attentato di Berlino è difficile pensare ad un raptus e non a un piano studiato, peraltro simile a quello di Nizza. Quanto al numero delle vittime, che siano 12, 120 o 1200 , o uno come l’ambasciatore russo ad Ankara, la cosa non cambia perché, ribaltando un detto del Talmud. “chi uccide una persona uccide il mondo intero”.

Quanto alla preghiera, non preghiamo per Nizza o Berlino, ma per la pace nel mondo.

Lasciamo agli inquirenti tedeschi e internazionali, non pretendiamo di svolgere indagini che non ci competono, rimanendo in rispettoso silenzio.