(Pensiero prenatalizio)
Sabato sera mi son trovato di nuovo a spiegare a un romano un detto romanesco: “A una spanna da me fa quello che te pare”, che rammenta il più comune “vivi e lascia vivere” al quale fa compagnia.
Tutti e due sono l’elogio dell’intolleranza. Già il termine tolleranza denota un atteggiamento negativo, di sopportazione di qualcuno o qualcosa che non si può evitare, cosa diversa invece è la convivenza, anche senza condivisione delle idee ma nel rispetto reciproco.
Quando, dopo la morte di Abele l’Eterno chiese: “Caino, dov’è Abele, tuo fratello?”, questi rispose: “Non lo so. Sono forse io custode di mio fratello?”. Lasciatemi pensare che, se il momento non avesse richiesto una risposta più dura, l’Eterno avrebbe ribattuto, “Sì che lo sei, perché io ho affidato te a lui e lui a te!”.
Mi piace notare come il termine prossimo, quello della parabola del buon samaritano, nelle traduzioni in inglese è reso con neighbour che vuol dire anche vicino di casa, quello o quelli con cui spesso litighiamo nelle riunioni di condominio o non salutiamo per le scale.
Non perché “a Natale siamo tutti più buoni” – lo si può fare con più calma anche a gennaio – proviamo a cambiare atteggiamento verso il nostro vicino, scambiando due parole sul pianerottolo o invitandolo “da noi” per un te o per una partita a carte in una domenica pomeriggio piovosa. Magari, chissà, troveremo una persona totalmente diversa di cui conoscevamo solo i nostri pregiudizi.