Archivio | settembre, 2018

LA CARA VECCHIA NETIQUETTE

27 Set

Mi rifaccio a quanti su Twitter e altri Social Media insultano con termini volgari e che nulla hanno a che vedere con i temi de twitt in particolare le donne. Gli esempi eclatanti sono diventati gli insulti contro Laura Boldrini e Maria Elena Boschi. Si può non essere d’accordo con operato di questa e o di quella, dissentire fa parte di quel privilegio chiamato democrazia. Altra cosa è l’offesa verso la persona. Ho citato due donne ma le offese, gratuite, pesanti e fuori contesto, vengono rivolte anche agli uomini.

Molte persone, e purtroppo questo succede anche per gli adescamenti delle e dei minori per scopi per nulla leciti, hanno una doppia morale. Quella in “giacca e cravatta” della vita fisica e quella “da tastiera”, dei dottor Jekyll e Mister Hide che dimenticano di essere la stessa persona anche se a tutela della propria privacy usano un nickname. Come quelle persone che iniziano il discorso dicendo “Sinceramente parlando…” e che dovrebbero essere interrotte domandando loro “Scusa, di solito come parli?”.

Così come stanno andando in disuso termini come “nuove tecnologie” e “nativi digitali”, bisogna far capire che non esiste una “vita virtuale” ma “da tastiera”, perché  persona che interagisce con una o più altre è la stessa.

I Social Media non sono degli sfogatoi nei quali esprimere gli istinti e i sentimenti più bassi, ma delle agorà virtuali in cui esprimere e condividere le idee che possono essere rese pubbliche, tenuto debito conto dei pericoli della Rete.

Emarginando e bloccando i i violenti verbali si va sicuramente verso un mondo, anche virtuale, più pulito e di dialogo, rispettoso delle opinioni altrui. Lo si può fare privatamente senza aspettare che i responsabili o la Polizia postale intervengano nei casi estremi.

Se una persona è isolata o non trova riscontri, può twittare finché vuole, ma finirà di farlo solo per se stessa.

Insomma, la cara vecchia Netiquette, sulla quale ogni tanto è il caso di portare l’attenzione.

L’ITALIA È UNA REPUBBLICA TEOCRATICA FONDATA SUL LAVORO?

24 Set

A pochi giorni dal 20 settembre, anniversario della Breccia di Porta Pia, che aveva posto fine al dominio del Vaticano sull’Italia, in sprezzo all’articolo 8 della Costituzione che separa i poteri dello Stato da quelli della Chiesa cattolica, quello che Gesù di Nazareth in altre parole aveva detto “date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio” abbiamo assistito a una visita di stato, in quanto pubblicizzata sul sito ufficiale del Governo, nei luoghi cari al Presidente del Consiglio Giuseppe Conte a San Giovanni Rotondo nel cinquantesimo anniversario della morte di “Padre” Pio. Nulla vieta che il dottor Conte sia un devoto a quell’uomo, figura peraltro discussa, ma è un’offesa ai cittadini italiani che lo abbia fatto in veste istituzionale e che in tal modo voglia imporre la sua fede a tutti gli italiani, con l’appoggio esplicito di Michele Emiliano, presidente della Regione Puglia, che dice che i politici devono prendere esempio.

I sociologi stimano che in Italia, per per gli scandali dello IOR ma soprattutto della pedofilia, i cattolici sono in costante calo. Una chiesa che veramente volesse agire in trasparenza non darebbe i numeri gonfiati da quanti sono stati battezzati da bambini ma di quanti ne fanno realmente parte. Un parametro, ma non l’unico, è quello di quanti versano alla Cei l’otto per mille.

Gli aspetti pratici di questa presa di posizione governativa sono sotto gli occhi di chiunque voglia guardare: tra gli altri, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane e non della storia delle religioni utile soprattutto in questo momento di forti mutamenti sociale, i continui boicottaggi all’interruzione volontaria della gravidanza e a una corretta educazione di genere a prevenzione tra i giovani dei crescenti fenomeni di violenza sulle donne, temi delicati che la Chiesa cattolica fa entrare nei suoi “principi non negoziabili”, e l’elenco potrebbe continuare. Suoi, ma non di uno stato laico. Le spese di ogni spostamento del capo della Santa Sede, stato estero come la Repubblica di San Marino, di cui il contribuente non ha evidenza, in forza di un concordato ormai vecchio come le carrozze a cavalli e che andrebbe abolito. Il monopolio delle reti Rai1 e Radio Ra1 dal sabato pomeriggio alla domenica mattina, con trasmissioni come “A sua immagine” e la messa, che i cattolici possono seguire sulla rete della Cei TV2000, mentre assistiamo al confinamento del Culto evangelico su Radio Rai1 alle 06:35 e della Rubrica Protestantesimo intorno all’una di notte. Qualcosa è trasmesso dell’ebraismo, praticamente nulla del buddismo e della religione mussulmana.

Tutto ciò a discapito della libertà di informazione, ma soprattutto in sprezzo al pluralismo religioso.

Stiamo pian piano sempre più scivolando verso una repubblica teocratica, basata non sugli insegnamenti evangelici, ma sull’interpretazione che la Chiesa cattolica ne fa?

I DUE BAMBINI IN PARADISO

20 Set

Senza troppi giri di parole e soprattutto senza le troppe analisi che saranno fatte in questi giorni a proposito dell’uccisione dei suoi due figli da parte di una madre reclusa. Nessuno, soprattutto se ricopre ruoli decisionali, potrà dire di non sapere che da troppo tempo ormai che le carceri italiane non sono luoghi di rieducazione ma magazzini sovraffollati di scarti dell’umanità quasi senza alcun diritto.

Anche in questo caso tutto l’ambaradan che ne seguirà sarà comunque postumo alla tragedia, sparirà ben presto all’attenzione dell’ opinione pubblica e il monito “prima che ci scappi il morto” sarà spostato, di nuovo inascoltato, su altre criticità che non vengono affrontate ma soprattutto risolte per la lentezza burocratica di cui tutti noi, come cittadini, in un modo o nell’altro siamo vittime.

DI IPOCRISIE, PAGLIUZZE E “MA”.

16 Set

“Guai a voi scribi e farisei ipocriti!” è un’invettiva di Gesù che percorre tutti i vangeli.

Gli scribi, pur in un popolo acculturato come quello ebraico, si erano arrogati il diritto di essere i custodi della Parola, fino al punto di cambiarla negli insegnamenti, come nell’espressione “ama il tuo prossimo e odia il tuo nemico”. La seconda parte, odia il tuo nemico, non trova spazio nell’Antico Testamento, che al contrario ordina di ospitare lo straniero.

I farisei si erano arrogati il diritto di vigilare sull’osservanza della Legge, arrivando però al punto di stravolgerla e cambiarne il significato, come nella rigida osservanza del sabato fine a se stessa.

Questi, in estrema sintesi, gli scribi e i farisei. Andiamo però a leggere il sermone dal monte secondo Matteo (capitoli 5, 6 e 7) e troveremo che ipocriti non sono solo gli appartenenti a queste due categorie di persone.

Li troviamo tra coloro che annunciano ai quattro venti che fanno l’elemosina, nentre questa deve essere fatta con discrezione;

tra coloro che pregano in piedi nelle sinagoghe o negli angoli delle piazze, mentre la preghiera richiede riservatezza;

tra coloro che ostentano il proprio digiuno;

tra coloro che giudicano gli altri senza aver prima dato un’occhiata al loro specchio interiore.

Fin qui il sermone dal monte, ma esaminando se stesso ognuno può trovare una propria forma di ipocrisia da cui guarire, quando, per esempio,

parliamo male, a torto o a ragione, di una terza persona guardandoci bene dal farne il nome;

usiamo le espressioni “virgola ma”, “non sono razzista, ma…”, “non sono omofobo, ma…”; che preludono all’esatto contrario;

diciamo “da cristiano farei così”, come se il cristiano avesse piú di una morale.

Ognuno di noi è una persona unica, e ognuno di noi deve cercare le proprie ipocrisie per poterle eliminare, come il famoso giovane ricco al quale Gesù, e solo a lui perché la ricchezza se mal gestita può essere un ostacolo ma non è un peccato, visto il suo attaccamento al denaro disse: “Una sola cosa ti manca, vendi ciò che hai e il ricavato dallo ai poveri, poi vieni e seguimi”. Sappiamo però come andò a finire.

ORGOGLIO E UMILTÀ

13 Set

“«Grazie», disse il vecchio. Era troppo semplice per chiedersi quando avesse raggiunto l’umiltà. Ma sapeva di averla raggiunta e sapeva che questo non era indecoroso e non coportava la perdita del vero orgoglio”. (Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare).

Santiago, il pescatore, il “contadino” del mare, forse con la sola terza elementare come ce n’erano un tempo, ci dà una grande lezione di vita dimostrandoci di saper distinguere tra umiltà e sano orgoglio, che possono coesistere.

COMPLICITÀ

12 Set

Chi non ha letto “Il vecchio e il mare” dovrebbe farlo. Non per la passione per la pesca, che assolutamente non mi appartiene, ma per il rapporto tra il vecchio pescatore Santiago e il suo giovane amico Manolo.

Me l’ha ricordato una twitteramica, alla quale dedico questo post, con riferimento ai rapporti tra me e mio nipote, un continuo scambio di esperienze. Scambio, dall’adulto al preadolescente e viceversa, con stili di vita e esperienze diverse che per questo arricchiscono tutti e due. Alla sua età avevamo realtà e opportunità (poche) diverse da quelle di ora.

La copertina dell’edizione che ho io ritrae un uomo con la barba, come la mia ed è quella che conta, i capelli son “roba da donne” 🙂 . I protagonisti ovviamente sono due uomini, perché la pesca è un mestiere duro ma estraniandosi da essa la prima parte calza benissimo in un rapporto nonna e nipote femmina.

Poi, se volete, leggete anche il resto del libro, la lotta di sopravvivenza tra il pescatore e il pesce.

DISUGUALI

7 Set

 Disuguale” non è “differente” o “diverso”. Dis-uguali, uguali ma diversi. Non è un gioco di parole o  un esercizio di stile,  è il senso del “Dio creò l’essere umano a sua immagine, a immagine di Dio lo creò, maschio e femmina li creò” (Genesi 1.27).

Essere umano e non uomo, come troviamo nelle traduzioni in italiano, rende l’idea di הָֽאָדָם֙ in ebraico e di τὸν ἄνθρωπον in greco, lingua della traduzione chiamata “Settanta”, cui fanno riferimento tutte le citazioni nel Nuovo Testamento.

Essere umano, dunque, unico, diviso nel verso successivo in due identità, maschile e femminile.  Lo stesso concetto è espresso nella narrazione di Genesi 2:18-25, ed è bene espresso nelle parole dell’uomo, “Allora l’uomo disse, “Questa volta essa è carne dalla mia carne e osso dalle mie ossa. La si chiamerà donna perché dall’uomo è stata tolta”, senza alcuna pretesa di superiorità da parte dell’uomo (l’ebraico, a differenza dell’italiano, ha lo stesso termine per uomo e donna, come i nostri cugino e cugina).

Dal punto di vista dell’ebraismo rabbinico non cambia gran che, perché la sottomissione della donna ha altre origini, per un certo cristianesimo neppure perché si fa forza del castighi dopo il peccato in Eden “Alla donna disse, “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli. Verso tuo marito sarà il tuo istinto, ma egli ti dominerà” (Genesi 3:16).

La storia, antica ma neppure recente, non si fa con i “se” e con i “ma”. Certo però che se per onestà si leggesse Genesi 1:27 per quello che dice e non per ciò che si vuole che dica oggi le cose cambierebbero.

 

ATTUALITÀ DEL PASSATO

5 Set

(Perché il passato, la storia, serve a insegnarci a non cadere negli stessi errori, ma molti paiono non averlo capito).

[…]Non un impiego conferito senza raccomandazione di deputati, non una promozione, quasi, accordata senza vista dell’interesse politico (…); non un contratto stipulato dal governo, senza che chi lo stipula sia stato presentato da un deputato”.

Parole d’oggi? No, scritte da Ruggiero Bonghi nel 1886. Ne verremo mai fuori?

L’INDICE TESO DI FRA’ CRISTOFORO

4 Set

Questa, per chi l’abbia dimenticata, è la storia di fra’ Cristoforo, personaggio chiave nei Promessi Sposi, e del suo dito puntato come quello di Bergoglio che alcuni quotidiani ieri hanno posto come immagine. Anche Lucia Mondella aveva ricevuto, al pari delle donne di oggi, delle avance indesiderate che come minimo chiameremmo stalking. La classe ma soprattutto il motivo per cui fra Cristoforo punta il dito indice contro don Rodrigo sono ben diversi. Può essere, pero, che Bergoglio non abbia puntato alcun indice e i giornali, come spesso fanno, abbiano pubblicato un’immagine di repertorio.

Chi volesse leggere l’intera storia può farlo su liberliber.it

Il padre Cristoforo non era sempre stato così, né sempre era stato Cristoforo: il suo nome di battesimo era Lodovico. Era figliuolo d’un mercante di *** (questi asterischi vengon tutti dalla circospezione del mio anonimo) che, ne’ suoi ultim’anni, trovandosi assai fornito di beni, e con quell’unico figliuolo, aveva rinunziato al traffico, e s’era dato a viver da signore. [..]

Andava un giorno per una strada della sua città, seguito da due bravi, e accompagnato da un tal Cristoforo, altre volte giovine di bottega e, dopo chiusa questa, diventato maestro di casa. Era un uomo di circa cinquant’anni, affezionato, dalla gioventù, a Lodovico, che aveva veduto nascere, e che, tra salario e regali, gli dava non solo da vivere, ma di che mantenere e tirar su una numerosa famiglia. Vide Lodovico spuntar da lontano un signor tale, arrogante e soverchiatore di professione, col quale non aveva mai parlato in vita sua, ma che gli era cordiale nemico, e al quale rendeva, pur di cuore, il contraccambio: giacché è uno de’ vantaggi di questo mondo, quello di poter odiare ed esser odiati, senza conoscersi. Costui, seguito da quattro bravi, s’avanzava diritto, con passo superbo, con la testa alta, con la bocca composta all’alterigia e allo sprezzo. Tutt’e due camminavan rasente al muro; ma Lodovico (notate bene) lo strisciava col lato destro; e ciò, secondo una consuetudine, gli dava il diritto (dove mai si va a ficcare il diritto!) di non istaccarsi dal detto muro, per dar passo a chi si fosse; cosa della quale allora si faceva gran caso. L’altro pretendeva, all’opposto, che quel diritto competesse a lui, come a nobile, e che a Lodovico toccasse d’andar nel mezzo; e ciò in forza d’un’altra consuetudine. Perocché, in questo, come accade in molti altri affari, erano in vigore due consuetudini contrarie, senza che fosse deciso qual delle due fosse la buona; il che dava opportunità di fare una guerra, ogni volta che una testa dura s’abbattesse in un’altra della stessa tempra. Que’ due si venivano incontro, ristretti alla muraglia, come due figure di basso rilievo ambulanti. Quando si trovarono a viso a viso, il signor tale, squadrando Lodovico, a capo alto, col cipiglio imperioso, gli disse, in un tono corrispondente di voce: – fate luogo.

Fate luogo voi, – rispose Lodovico. – La diritta è mia.

Co’ vostri pari, è sempre mia.

Sì, se l’arroganza de’ vostri pari fosse legge per i pari miei. I bravi dell’uno e dell’altro eran rimasti fermi, ciascuno dietro il suo padrone, guardandosi in cagnesco, con le mani alle daghe, preparati alla battaglia. La gente che arrivava di qua e di là, si teneva in distanza, a osservare il fatto; e la presenza di quegli spettatori animava sempre più il puntiglio de’ contendenti.

Nel mezzo, vile meccanico; o ch’io t’insegno una volta come si tratta co’ gentiluomini.

Voi mentite ch’io sia vile.

Tu menti ch’io abbia mentito –. Questa risposta era di prammatica. – E, se tu fossi cavaliere, come son io, – aggiunse quel signore, – ti vorrei far vedere, con la spada e con la cappa, che il mentitore sei tu.

È un buon pretesto per dispensarvi di sostener co’ fatti l’insolenza delle vostre parole.

Gettate nel fango questo ribaldo, – disse il gentiluomo, voltandosi a’ suoi.

Vediamo! – disse Lodovico, dando subitamente un passo indietro, e mettendo mano alla spada.

Temerario! – gridò l’altro, sfoderando la sua: – io spezzerò questa, quando sarà macchiata del tuo vil sangue.

Così s’avventarono l’uno all’altro; i servitori delle due parti si slanciarono alla difesa de’ loro padroni. Il combattimento era disuguale, e per il numero, e anche perché Lodovico mirava piuttosto a scansare i colpi, e a disarmare il nemico, che ad ucciderlo; ma questo voleva la morte di lui, a ogni costo. Lodovico aveva già ricevuta al braccio sinistro una pugnalata d’un bravo, e una sgraffiatura leggiera in una guancia, e il nemico principale gli piombava addosso per finirlo; quando Cristoforo, vedendo il suo padrone nell’estremo pericolo, andò col pugnale addosso al signore. Questo, rivolta tutta la sua ira contro di lui, lo passò con la spada. A quella vista, Lodovico, come fuor di sé, cacciò la sua nel ventre del feritore, il quale cadde moribondo, quasi a un punto col povero Cristoforo. I bravi del gentiluomo, visto ch’era finita, si diedero alla fuga, malconci: quelli di Lodovico, tartassati e sfregiati anche loro, non essendovi più a chi dare, e non volendo trovarsi impicciati nella gente, che già accorreva, scantonarono dall’altra parte: e Lodovico si trovò solo, con que’ due funesti compagni ai piedi, in mezzo a una folla. Riflettendo quindi a’ casi suoi, sentì rinascere più che mai vivo e serio quel pensiero di farsi frate, che altre volte gli era passato per la mente: gli parve che Dio medesimo l’avesse messo sulla strada, e datogli un segno del suo volere, facendolo capitare in un convento, in quella congiuntura; e il partito fu preso. Fece chiamare il guardiano, e gli manifestò il suo desiderio. […]

Ebbene, la consigli di venire a mettersi sotto la mia protezione. Non le mancherà più nulla, e nessuno ardirà d’inquietarla, o ch’io non son cavaliere.

A siffatta proposta, l’indegnazione del frate, trattenuta a stento fin allora, traboccò. Tutti que’ bei proponimenti di prudenza e di pazienza andarono in fumo: l’uomo vecchio si trovò d’accordo col nuovo; e, in que’ casi, fra Cristoforo valeva veramente per due.

La vostra protezione! – esclamò, dando indietro due passi, postandosi fieramente sul piede destro, mettendo la destra sull’anca, alzando la sinistra con l’indice teso verso don Rodrigo, e piantandogli in faccia due occhi infiammati: – la vostra protezione! È meglio che abbiate parlato così, che abbiate fatta a me una tale proposta. Avete colmata la misura; e non vi temo più.

Come parli, frate?…

Parlo come si parla a chi è abbandonato da Dio, e non può più far paura. La vostra protezione! Sapevo bene che quella innocente è sotto la protezione di Dio; ma voi, voi me lo fate sentire ora, con tanta certezza, che non ho più bisogno di riguardi a parlarvene. Lucia, dico: vedete come io pronunzio questo nome con la fronte alta, e con gli occhi immobili.

Come! in questa casa…!

Ho compassione di questa casa: la maledizione le sta sopra sospesa. State a vedere che la giustizia di Dio avrà riguardo a quattro pietre, e suggezione di quattro sgherri. Voi avete creduto che Dio abbia fatta una creatura a sua immagine, per darvi il piacere di tormentarla! Voi avete creduto che Dio non saprebbe difenderla! Voi avete disprezzato il suo avviso! Vi siete giudicato. Il cuore di Faraone era indurito quanto il vostro; e Dio ha saputo spezzarlo. Lucia è sicura da voi: ve lo dico io povero frate; e in quanto a voi, sentite bene quel ch’io vi prometto. Verrà un giorno…”