STORIE DI INCLUSIONE

14 Gen

Atticus dovette assentarsi per il fine settimana e i ragazzi, Scout e Jem, furono ben lieti di andare in visita alla comunità di Calpurnia, la governante negra (all’epoca non si usavano eufemismi). Ci fu una persona che gridò loro di andare nella “chiesa dei bianchi”, ma fu un caso isolato perché tutti gli altri furono ben lieti di accoglierli. I ragazzi si accorsero che Cal, così spesso chiamavano Calpurnia, con le persone non parlava in inglese ma in dialetto, lei spiegò loro che lo faceva per evitare di mettere qualcuno a disagio.

Questo e tutto il resto lo trovate nel capitolo 12 del romanzo “Il buio oltre la siepe” di Harper Lee del 1960 che per importanza Obama ha paragonato al nostro “I promessi sposi” e che racconta di un avvocato bianco che considerati i tempi assume la difesa di un ragazzo di colore accusato di violenza sessuale senza alcuna speranza di vincere la causa perché, dice alla figlia, se non lo facesse verrebbe meno ai suoi doveri e non potrebbe più guardarla negli occhi.

Storie di inclusione, dicevo, per gli insegnamenti che possiamo trarne: la comunità negra che è ben lieta di accogliere i due ragazzi bianchi senza farsi problemi e la governante che cambia registro linguistico parlando con i suoi pari affinché nessuno si senta in imbarazzo o non capisca ciò che dice, mettendo in pratica le regole di comunicazione di Ernest Hemingway e del nostro don Milani, tra gli altri.

SALUTI MATTUTINI

23 Gen

Chiunque usi un mezzo pubblico per recarsi al lavoro finisce con d’incontrare sempre le stesse persone.

Così con una signora cominciai a scambiare un saluto o un sorriso con una signora, senza sapere nulla di lei e viceversa, ognuno per la propria strada, verso il proprio lavoro.

Non la vidi per una decina di giorni. Riapparsa, sentì di doversi scusare: “Sono stata a casa perché la mia bambina stava male” Scuse non richieste né dovute, ma che hanno fatto bene, come sentimento di comunione.

STORIE DI BAMBINI DI IERI E DI OGGI

30 Ott

Salmo 137

Sui fiumi di Babilonia,
là sedevamo piangendo
al ricordo di Sion. 2 Ai salici di quella terra
appendemmo le nostre cetre. 3 Là ci chiedevano parole di canto
coloro che ci avevano deportato,
canzoni di gioia, i nostri oppressori:
“Cantateci i canti di Sion!”. 4 Come cantare i canti del Signore
in terra straniera? 5 Se ti dimentico, Gerusalemme,
si paralizzi la mia destra;
6 mi si attacchi la lingua al palato,
se lascio cadere il tuo ricordo,
se non metto Gerusalemme
al di sopra di ogni mia gioia. Ricordati, Signore, dei figli di Edom,
che nel giorno di Gerusalemme,
dicevano: “Distruggete, distruggete
anche le sue fondamenta”.
Figlia di Babilonia devastatrice,
beato chi ti renderà quanto ci hai fatto. Beato chi afferrerà i tuoi piccoli
e li sbatterà contro la pietra.

Questo salmo è o dovrebbe essere conosciuto da tutti gli italiani, perché ripreso nel “Va pensiero” del Nabucco di Giuseppe Verdi, parla della repressione degli ebrei durante la deportazione in Babilonia.

Gli ultimi tre versetti sono recitati a bassa voce con un senso di disagio dagli ebrei. Vedere le cose da un solo punto di vista è sempre riduttivo.

FESTA DEL SACRIFICIO?

31 Lug

Oggi per le comunità islamiche nel mondo ricorre la “Festa del sacrificio” a ricordo, dicono loro, della sostituzione con un ariete con le corna impigliate in un cespuglio del figlio Ismaele di cui l’Eterno aveva chiesto il sacrificio ad Abramo. Secondo la Sacra Scrittura le cose andarono diversamente, perché l’Eterno mise alla prova Abramo chiedendo il sacrificio di Isacco, figlio secondo la promessa, e non Ismaele, il figlio che ebbe dalla serva di Sara Agar. Era secondo i costumi del tempo che una donna sterile offrisse la schiava al marito pur di procurargli un progenie. Dopo la nascita di Isacco sia Agar sia il figlio Ismaele furono allontanati. Tutto ciò si trova in Genesi dal capitolo 16 al 22. La riflessione che ne deriva è che il racconto islamico, la sostituzione cioè di Isacco con Ismaele, è chiaramente una manipolazione di comodo ma anche, a dispetto di chi parla in questi termini, che esistono due e non tre religioni monoteiste rivelate, l’ebraismo che inizia con Mosè e le tavole della Legge e il cristianesimo che inizia con la morte e resurrezione di Gesù di Nazareth. Ismaele è sì figlio di Abramo ma non ha alcuna rilevanza nella genealogia che porterà fino a Gesù, stilata da Matteo nel suo vangelo o a ritroso fino a Adamo nel vangelo secondo Luca.

A SUA ECCELLENZA

6 Lug

Scrivo la presente per rendere noto a Sua Eccellenza Sovrintendente alla Mobilità che dai tempi dell’Autostrada A1 Firenze-Bologna sulla quale si transitava con le vetture a guisa di carrozze a cavalli ben poco è cambiato e i rallentamenti e soprattutto i disagi sono i medesimi se non, visto, il progresso, ben superiori e difficilia sopportare. Sia chiaro che non mi riferisco alla situazione della Liguria di cui già tanto parlano i palesi a tutto lo Stivale. Mi lasci dubbitare che al giorno d’oggi e in cotali condizioni Goethe rifarebbe il suo Viaggio in Italia che tanto lustro diede allo Stivale.

LA CULTURA DELLO STUPRO

24 Giu

Cultura perché l’essere umano è un essere pensante e per le sue azioni può decidere se sì o se no.

Stupro è un termine che è esploso nel nostro lessico di recente. Non che prima non ci fosse, le donne sono da sempre bottino di guerra e di violenza in famiglia, ma si parlava appunto di violenza, i nostri giovani non lo conoscevano mentre, a seconda dell’educazione avevano sentito parlare di incesto come di una pratica culturalmente proibita.

Quando la piccola Scout chiede a suo padre avvocato cosa volesse dire quel termine e il padre con parole asciutte che però non chiudono il discorso glielo spiega diventa improvvisamente adulta.

È in una pagina de “Il buio oltre la siepe”, romanzo considerato “I promessi sposi” del Sud degli Stati Uniti e, se ci pensiamo un attimo, il romanzo del Manzoni è sí il romanzo della Provvidenza ma anche del tentativo di violenza di don Rodrigo su Lucia Mondella non consumato.

Negli Stati Uniti il libro di Harper Lee viene consigliato ai ragazzi maschi dai dodici anni in poi.

Come alle elementari ai bambini si insegna il ratto delle Sabine senza indagare se le donne fossero o meno consenzienti, così le intenzioni di don Rodrigo passano in secondo piano di fronte alle traversie dei poveri Renzo e Lucia.

Potremmo continuare con Briseide sulla quale aveva messo gli occhi sperando di poter mettere anche le mani il “divino” Achille all’inizio dell’Iliade ma veniamo alla realtà.

Alcuni ragazzi maggiorenni hanno prenotato un tavolo in una discoteca di Lignano Sabbiadoro con il nome “Centro Stupri”, presentandosi poi con questo nome sulle magliette. La cosa non è piaciuta alle ragazze che li hanno denunciati e ora gli attori del fatto rischiano un procedimento penale.

Lodevoli le donne che sono passate subito alla denuncia ma anche un monito a tutti noi, uomini compresi, a non lasciar correre questi atteggiamenti e a insegnare ai nostri figli che stupro è un termine tecnico, come fece l’avvocato con la figlia Scout, ma sono il pensiero e l’azione che non si adicono a uomini perbene.

DI TRADIZIONI E PLAGI

10 Giu

“Perla era nata reietta dal mondo infantile. Rampollo di male, emblema e frutto di peccato, non aveva il diritto di frequentare i bambini battezzati. Nulla era più notevole dell’istinto, ché tale appariva, con cui la piccina comprendeva la propria solitudine; il destino che le aveva tracciato intorno un cerchio inviolabile; tutta la particolarità, infine, della sua situazione rispetto a quella dei coetanei. Mai, dopo la scarcerazione, Hester aveva affrontato gli occhi della gente senza di lei. In tutti i suoi tragitti per la città non mancava mai Perla; prima, pargoletta in braccio, poi fanciullina, minuscola compagna della madre, di cui stringeva un dito nel piccolo pugno, mentre saltellava tutta svelta per non restarle addietro. Vedeva i bimbi della colonia sul margine erboso della strada o sulla soglia di casa, baloccarsi nei tristi modi consentiti dall’educazione puritana; giuocando ad andare in chiesa; o a fustigare i quaccheri o a scotennare gli indiani in finte battaglie; o a farsi scambievolmente paura con strambe imitazioni di stregoneria. Perla stava a guardarli, non perdeva nulla della scena, ma non cercava mai di stringere amicizia. Interpellata, non rispondeva. Se i bambini facevan capannello intorno a lei, diventava davvero terribile nella sua piccola rabbia, brandiva dei sassi per colpirli, con certi strilli acuti, incoerenti, che facevan tremare la madre perché somigliavano tanto agli anatemi lanciati da una versiera in una lingua sconosciuta.

Fatto sta che i piccoli puritani, appartenendo alla genia più intollerante che sia mai vissuta, s’eran formati una vaga idea d’alcunché di bizzarro, di soprannaturale, o in contrasto con le abitudini correnti, nella madre e nella figlia; e perciò le disprezzavano in cuor loro, e non di rado le vilipendevano ad alta voce. Perla avvertiva quel sentimento, e lo ripagava con l’odio più fiero che possa esacerbare un seno infantile”.

Quando parliamo di integralisti la nostra mente va agli ebrei vestiti di nero, con le filatterie e col cappello nero oppure ai fanatici islamisti che nulla hanno a che vedere con gli islamici e che con i loro attentati stanno seminando il terrore in mezzo mondo, islamico compreso.

Non dimentichiamo però che anche una parte del cristianesimo quanto a fondamentalismo e intolleranza non fa tanta bella figura. Il cristianesimo che come comando principale ha “Ama Dio sopra ogni cosa e il tuo prossimo come te stesso”, o per dirla con Agostino d’Ipponia “Ama e fa ciò che vuoi”, si scontra con i principi non negoziabili di alcuni e le rivalità di altri.

Quello che ho riportato è un brano tratto da La lettera scarlatta, di Nathaniel Hawthorn, nato a Salem, Massachusset. Quella Salem che nel 1692 visse la triste vicenda della caccia alle streghe che portò sul rogo tante donne per il semplice sospetto, ovviamente mai provato, di stregoneria, ben proposto tra gli altri da Arthur Miller nella commedia Il crogiolo.

Pubblicato nel 1850, il romanzo Nathaniel Hawthorn, con i temi del peccato, della grazia e del perdono è ambientata nella Boston del 1642, appena cinquant’anni prima della caccia alle streghe, in quell’America bigotta dei Puritani, eredi dei Padri Pellegrini che tanto brave persone non furono, che tra le opzioni preferirono la condanna dell’adultera protagonista non a morte come la loro legge avrebbe comandato ma a continuare a vivere ai margini della società con la lettera A di adultera sul vestito finché non avesse confessato con chi aveva consumato il peccato.

La frase in neretto ben evidenzia come tutto ciò e l’educazione che ne conseguiva, influenzavano i bambini che giocavano ad andare in chiesa.

Tutto ciò avveniva nel diciassettesimo secolo ed è stato riproposto da uno scrittore un secolo dopo, ma certi fenomeni, spesso i peggiori, sono duri a morire.

Nel 2016 Ken Follet, scrittore che certo non ha bisogno di presentazioni, ha pubblicato Cattiva fede, la storia del plagio da lui subito, proprio come i bambini di Boston del romanzo, e conseguente allontanamento dalla fede.

È dovere dei genitori allevare e istruire i figli, e dell’istruzione fa parte la trasmissione delle credenze religiose, ma non si deve mai plagiarli o privarli della loro personalità e delle occasioni che hanno, crescendo, di fare le proprie scelte anche non condivise dai genitori.

(È interessante che il libro di Ken Follet nel testo italiano cita i riferimenti biblici, cosa che non fa in quello inglese, perché nel mondo anglofono la conoscenza delle Scritture è data per scontata).

IL REGGIMENTO

22 Mag

Questo è un reggiseno,

più propriamente “reggipetto”, com’è chiamato anche in alcuni dialetti, perché il seno è la divisione tra le due poppe, luogo dove le massaie un tempo nascondevano il resto della spesa (meter in sen (o in taio), a seconda delle parlate e spesso qualche pizzino). Dopo un periodo di rifiuto dal femminismo da indumento funzionale ha assunto anche la funzione di accessorio di moda, indossato più meno provocatoriamente specie d’estate sotto una camicetta.

Questo invece è il reggimento,

un’unità militare costituita da uno o più battaglioni della stessa arma.

Ora che non c’è più la leva molti hanno fatto confusione e hanno pensato che sia una delle modalità d’uso delle mascherine, specie quelle azzurre, tenute rigorosamente sotto la mascella, senza far caso che questa è un osso ben saldato al resto del cranio e che non ha bisogno di essere retto.

Dopo i pro-Tav e i no-Tav ora l’Italia si spacca in pro-mask e no-mask. Gli unici a non aver problemi sono i bambini che indossano le mascherine come un gioco.

L’abbassamento della mascherina è consentito, per ovvi motivi, solo stando seduti al ristorante, eppure io aspetto di vedere qualcuno che, dimentico di indossarla, beva in suo caffè sbrodolandoselo addosso su cravatta, camicia, giacca, magari sulla via dell’ufficio.

LA PALLAVOLO AI TEMPI DEL COVID-19

20 Mag

transalpina_gorizia

Questo, nella piazza Transalpina a Gorizia, per noi dell’estremo Nord Est è stato uno dei simboli dell’Unione Europea, nel 2003 quando la Repubblica di Slovenia entrò a pieno titolo nell’Area Shengen e fu tolta l’odiosa cortina di ferro che a Gorizia, dopo la seconda guerra mondiale, divise fisicamente in due la città di Gorizia, dando origine a quella di Nova Gorica, prima in Jugoslavia ora in Slovenia.

Con la pandemia del Covid-19 la Slovenia ha chiuso i confini anche con l’Italia erigendo una rete più che altro simbolica anche nella piazza Transalpina, come quelle che spesso delimitano le proprietà nelle campagne per evitare sconfinamenti.

Però siccome i palloni hanno esperienza di reti ma sono capaci anche di volare oltre i confini, giorni fa si son visti dei ragazzi italiani di Gorizia giocare a pallavolo con dei loro coetanei sloveni di Nova Gorica usando la rete non come confine ma come metà campo. Non so dirvi se con guanti anticontagio o meno.

Storie belle di frontiera.

UNA MASCHERINA NON SI NEGA A NESSUNO

20 Apr

Mi chiedevo se fossero stati tutti risolti i problemi della Siria e dello Yemen visto che l’informazione italiana non ne parla più, poi sono andato su quotidiani stranieri e ho visto che i bombardamenti continuano e siamo solo affetti da quell’infodemia (circolazione di una quantità eccessiva di informazioni, talvolta non vagliate con accuratezza) sul Covid-19, con immagini ripetute di vie e piazze vuote o viceversa di vie e piazze piene che ovviamente non hanno alcun valore aggiunto.

Sono spariti, assieme agli eventuali disastri aerei, gli incidenti stradali che anche col traffico ridotto continuano ad esserci e, se ci avete fatto caso, tutte le notizie sull’abbigliamento delle donne mussulmane, che tenevano banco fino allo scorso febbraio.

Burqa, hijab, chador o niqab, termini praticamente spariti dai nostri quotidiani e notiziari, in alcuni paesi obbligatori per le donne mussulmane, in altri parte di una scelta personale. Tempo fa, dopo aver visto una giovane donna con il velo, in jeans e infradito dissi tra me che anche un piede può essere sensuale.

E siamo arrivati a noi.

La legge 22 maggio 1975, n. 152, recante «Disposizioni a tutela dell’ordine pubblico», all’articolo 5, dispone che «È vietato l’uso di caschi protettivi, o di qualunque altro mezzo atto a rendere difficoltoso il riconoscimento della persona, in luogo pubblico o aperto al pubblico, senza giustificato motivo. Il divieto si applica anche agli indumenti. È in ogni caso vietato l’uso predetto in occasione di manifestazioni che si svolgano in luogo pubblico o aperto al pubblico, tranne quelle di carattere sportivo che tale uso comportino, e successive modifiche, oltre che inutili leggi regionali che altro non fanno che richiamare le leggi dello Stato.

Giorno più giorno meno in alcune regioni vige l’obbligo di indossare la mascherina protettiva anche solo per uscire a conferire le immondizie, atto che rientra nel giustificato motivo, ma che di fatto rende tutti i cittadini italiani non identificabili, salvo ad un controllo delle Forze dell’ordine.

Nell’immaginario collettivo il volto celato da un fazzoletto o da un passamontagna è legato alle rapine. Che poi in città siamo ripresi da una telecamera pubblica o privata ogni cinquanta metri e che i servizi di sicurezza il più delle volte riescono a trovare i malviventi è una realtà rassicurante.

Di sicuro non varrà più la minaccia “Lei non sa chi sono io!”. Certo, con il volto coperto come faccio a saperlo!? 🙂 Certo, ce ne saranno quelle normalizzate azzurre, quelle fatte in casa e quelle griffate, come quella tricolore che forse vuole evidenziare, contro ogni logica, che il Covid_19 è un problema italiano, e, scusate la cattiveria, ci sarà qualcuno che la indosserà con i colori alla rovescia!